Scomunica ai mafiosi addio: il Vaticano se ne lava le mani

Il Dicastero “declassa” la Commissione e scarica tutto alla Cei. Ma i vescovi italiani ne sono all’oscuro

Città del Vaticano – “Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Sono passati dieci anni da quando Papa Francesco, sotto il sole della piana di Sibari, in un’afosa domenica di giugno, pose fine a quell’ossimoro che da decenni aleggiava in molte città del Sud Italia: mafiosi che si professano cristiani cattolici. Parole che non restarono tali: il Pontefice si attivò per dare vita a un Commissione speciale in Vaticano per studiare il fenomeno e mettere nero su bianco una definizione univoca del peccato di mafia.

Una scomunica latae sententiae, infatti, per essere effettiva, deve apparire nel Codice di Diritto Canonico. Ad oggi, nell’ultima edizione, datata 2022, la parola mafia non appare. È proprio per colmare questo vuoto che un gruppo di esperti era stato chiamato dal Papa a lavorare sull’argomento. Sono le regole della Chiesa.

Ma a dieci anni dal monito di Sibari, ecco un’amara sorpresa: la Commissione, di fatto, in Vaticano, non esiste più. Il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, presso cui era stata istituita dallo stesso Bergoglio, ha declassato la questione relegandola a un “problema solo italiano”. Per tanto, dovrà pensarci la Conferenza Episcopale Italiana. Continua a leggere…

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