4 settembre: Santa Rosalia, vergine
La Chiesa commemora oggi una eremita italiana: visse in una grotta sul monte Pellegrino, presso Palermo.
A Palermo, santa Rosalia, vergine, che si tramanda abbia condotto vita solitaria sul monte Pellegrino. (dal Martirologio)
Suo padre era il conte Sinibaldo, signore della Quisquina e del monte delle Rose[1], faceva discendere la sua famiglia da Carlo Magno. Sua madre, Maria Guiscardi, era a sua volta di nobili origini ed imparentata con la corte normanna.
La tradizione narra che mentre il re Guglielmo II osservava il tramonto con sua moglie, la regina Margherita, una figura gli apparve dicendogli: “Guglielmo, io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo tuo congiunto, una rosa senza spine”. Pare che fu per questo motivo che, poco tempo dopo, quando nacque la bambina, le venne assegnato il nome di Rosalia.
Quando il padre decise il suo fidanzamento con un nobile del luogo, la giovane, per sottrarsi alla scelta paterna, si presentò alla corte con le bionde trecce tagliate, e affermò la decisione di abbracciare la vita religiosa. Si rifugiò, quindi, presso il monastero delle Basiliane di Palermo. Ben presto anche quel luogo fu troppo stretto, a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo, visite che avevano lo scopo di dissuaderla dal suo intento.
Rosalia si ritirò quindi in una grotta che ella aveva visitato da fanciulla, presso Bivona sul Monte Quisquina, nei possedimenti del padre. La sua fama intanto si diffuse, e la grotta divenne luogo di pellegrinaggio.
Un giorno la grotta fu trovata vuota, e si venne a sapere che Rosalia aveva deciso di tornare a Palermo, andando a vivere in una grotta sul Monte Pellegrino, un aspro promontorio che chiude a ponente il Golfo di Palermo, a tre miglia da Palermo stessa; la donna voleva sfuggire ai pellegrini e trovare un rifugio silenzioso. Ma anche lì, ben presto, la sua fama la rese celebre ed iniziarono i pellegrinaggi. Il 4 settembre 1165 venne trovata morta dai pellegrini.
Il culto della santa è attestato da documenti a partire dal 1196, ed era sicuramente diffuso già nel XIII secolo. La tradizione afferma che Santa Rosalia, nel 1623, apparve in visione a una donna malata e, dopo averla guarita, le ordinò di andare in pellegrinaggio alla chiesetta sul Monte Pellegrino, indicandogli il luogo nel quale si trovavano i suoi resti mortali.
La beneficata eseguì l’ordine della santa solo un anno dopo. Si recò sul Monte insieme ad altre donne e, mentre si avvicinava al luogo indicato, le apparve di nuovo Rosalia, che le indicò il posto esatto dove erano sepolte le sue spoglie mortali. Scavando trovarono alcuni reperti che sembravano ossa umane, senza però nessuna scritta che in qualche modo potesse dare una qualche certezza che si trattasse del corpo di Santa Rosalia.
Per verificare l’autenticità di quelle reliquie, l’arcivescovo Giannettino Doria, nominò una commissione di periti. Poco tempo dopo, mentre due muratori stavano lavorando nella costruzione del convento domenicano di Santo Stefano di Quisquina, trovarono casualmente incisa in una grotta una iscrizione latina che recitava così: “Io Rosalia Sinibaldo, figlia del Signore della Quisquina e del Monte delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, in questa grotta ho deciso di abitare”.
L’iscrizione sembrò costituire una decisa conferma della tradizione orale secondo cui Santa Rosalia avrebbe vissuto alla Corte della Regina Margherita, sposa di Guglielmo I di Sicilia; la santa, avendo ricevuto in dono dalla sovrana il Monte Pellegrino, ad imitazione degli antichi anacoreti lo avrebbe adibito a proprio eremo. In una grotta del monte Rosalia avrebbe trascorso gli ultimi anni della sua vita, nella penitenza, nel silenzio e nella preghiera, confortata da visioni mistiche. Si narra anche di insidie del diavolo, che le compariva durante la preghiera per distrarla e impedirgli l’abbandono a Dio.
La tradizione attribuisce poi a Rosalia la salvezza di Palermo dalla peste del 1624. Mentre infuriava l’epidemia, arrivata in città attraverso il porto, la santa apparve infatti in sogno ad un cacciatore indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti, che, portati in processione in città, fermarono l’epidemia.
Rosalia divenne quindi patrona della città al posto delle sante Cristina, Oliva, Ninfa e Agata.
Il culto di Santa Rosalia è particolarmente vivo a Palermo, dove ogni anno, il 14 e il 15 luglio, si ripete il tradizionale Festino caratterizzato dalla sfilata del Carro trionfale del 14 sera e dalla processione in suo onore del giorno 15. Il 4 settembre, invece, la tradizionale acchianata (espressione Sicilia che significa “salita”) al Monte Pellegrino conduce al Santuario i devoti, che vi arrivano dopo circa un’ora di scalata a piedi.
Nella provincia di Palermo il culto è presente a Campofelice di Roccella: ve lo importò nel 1699 il principe palermitano fondatore dell’abitato attuale. In altri centri delle Madonie se ne trovano invece solo scarse tracce. A Bisacquino, feudo dell’arcivescovo di Monreale, il culto deriva da una reliquia della santa donata nel 1626 dall’arcivescovo di Palermo.
In Sicilia il culto è attestato inoltre a Bivona e a Santo Stefano Quisquina, dove secondo la tradizione la santa visse per circa 12 anni in eremitaggio, e dove fu probabilmente introdotto dai Chiaramonte, signori feudali delle due località, nella seconda metà del XIV secolo.
A Bivona le prime notizie documentate della chiesa e della confraternita di Santa Rosalia risalgono al 1494. La santa era particolarmente invocata, insieme a San Rocco, contro la peste: durante le epidemie del 1575 e del 1624 i bambini battezzati con i nomi dei due santi furono la quasi totalità dei nati, come risulta documentato nei registri di battesimo delle parrocchie.
Ancora oggi è consuetudine dei palermitani, ovunque si ritrovino, salutarsi con un festoso “Viva Palermo e Santa Rosalia!”.
Il nome di Santa Rosalia viene interpretato come “rosa e lilia” ossia “rosa e gigli”; i due fiori sono simbolo dell’unione mistica e della purezza che hanno caratterizzato la sua vita. (fonte Cathopedia)
Altri Santi che la Chiesa commemora il 4 settembre
San Mosè, profeta – Commemorazione di san Mosè, profeta, che fu scelto da Dio per liberare il popolo oppresso in Egitto e condurlo nella terra promessa; a lui si rivelò pure sul monte Sinai dicendo: «Io sono colui che sono», e diede la Legge che doveva guidare la vita del popolo eletto. Carico di giorni, morì questo servo di Dio sul monte Nebo nella terra di Moab davanti alla terra promessa. (dal Martirologio)
San Marcello, martire – A Châlon-sur-Saone nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Marcello, martire. (dal Martirologio)
San Bonifacio I, papa – A Roma nel cimitero di Massimo sulla via Salaria, deposizione di san Bonifacio I, papa, che risolse molte controversie inerenti alla disciplina ecclesiastica. (dal Martirologio)
San Caletríco, vescovo – A Chartres in Neustria, ora in Francia, san Caletríco, vescovo. (dal Martirologio)
Santa Ida, vedova – A Heresfeld nella Sassonia, in Germania, santa Ida, vedova del duca Ecberto, insigne per la carità verso i poveri e l’assiduità nella preghiera. (dal Martirologio)
San Fredaldo, vescovo e martire – A Mende in Aquitania ora in Francia, san Fredaldo, vescovo e martire. (dal Martirologio)
Santa Irmgarda – A Colonia in Lotaringia, nell’odierna Germania, santa Irmgarda, che, contessa di Süchteln, impegnò tutti i suoi beni nella costruzione di chiese. (dal Martirologio)
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