4 ottobre: San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia

Oggi la Chiesa ricorda il “giullare di Dio”, al secolo Giovanni di Pietro Bernardone, fondatore dell’Ordine francescano

Festa di san Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti, itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e volle morire sulla nuda terra. (dal Martirologio)

Nacque nel 1181 o 1182 da Pietro Bernardone dei Moriconi e dalla nobile Pica Bourlemont, in una famiglia della ricca borghesia emergente della città di Assisi.

Sua madre gli mise il nome dell’apostolo Giovanni, ma il padre decise di chiamare il figlio Francesco, in onore di quella terra di Francia che aveva dato alla famiglia ricchezza e benessere.

La sua casa, situata al centro della città, era provvista di un fondaco utilizzato come negozio e magazzino per lo stoccaggio e l’esposizione di quelle stoffe che il mercante si procurava con i suoi frequenti viaggi in Provenza (Francia). Pietro vendeva la sua pregiata merce in tutto il territorio del Ducato di Spoleto, che comprendeva, all’epoca, anche la città di Assisi.

Francesco venne battezzato nella chiesa costruita in onore del patrono della città, il martire Rufino; nel 1036 era diventata la cattedrale.

La vita giovanile di Francesco non si dovette discostare molto da quella dei suoi coetanei. Si preparava a seguire le orme paterne nel commercio e, come giovane cittadino, era attento e partecipe delle vicende del suo borgo.

Dopo aver frequentato, nella chiesa di San Giorgio (attuale basilica di Santa Chiara), la scuola tenuta dai canonici della Cattedrale, a partire dai 14 anni si dedicò a pieno titolo al commercio. Vestiva panni preziosi ed esibiva gioielli raffinati, ed era perciò il partito più ambito per le fanciulle di Assisi.

Vedendo le schiere di mendicanti che passavano davanti alla sua casa, senza osare entrare nel fondaco, iniziò a percepire il contrasto tra la ricchezza della sua famiglia e l’indigenza di tanta gente della sua città.

Nel 1054 scoppiò una prima guerra tra Assisi a Perugia; tra le due città esisteva una rivalità irriducibile: Perugia era papale, mentre Assisi, insieme a Foligno e Todi, era imperiale. Del 1202 è la battaglia di Collestrada, vicino a Perugia; Francesco vi partecipò come i suoi coetanei.

A seguito della vittoria dei perugini Francesco venne catturato e rimase prigioniero nelle carceri di Perugia per un anno. La prigionia fu per lui un’esperienza fondamentale, che lo indusse a un totale ripensamento della sua vita. Fu in questo periodo che iniziò a maturare in lui l’esigenza insopprimibile di scoprire quel valore che riterrà poi decisivo nella vita di ogni uomo: la pace donata da Cristo.

La guerra terminò nel 1203 e Francesco ottenne la libertà grazie a un trattato sui prigionieri di guerra che, in caso di malattia, ne imponeva la liberazione dietro il pagamento di un riscatto: incombenza a cui provvide il padre, Pietro di Bernardone.

Francesco, tornato a casa, recuperò gradatamente la salute. Trascorrendo molto tempo tra i possedimenti del padre in luoghi bellissimi e appartati, si risvegliò in lui uno sguardo contemplativo sulla natura, vista come opera mirabile di Dio.

Il desiderio di giustizia lo portò l’anno seguente (1204-1205) a tentare la strada della crociata. Si trattava di raggiungere, a Lecce, la raffinata corte di Gualtieri di Brienne, per poi muovere con gli altri cavalieri alla volta di Gerusalemme. Era il sogno di ogni uomo: vestire una splendida armatura, uscire dalla noiosa provincia e partire all’avventura sotto le insegne della fede cristiana d’Occidente. Avvenne però che a Spoleto Francesco si riammalò e, persuaso da una rivelazione notturna, ritornò subito a casa.

Ormai Francesco non è più lo stesso di prima: rifugge la compagnia; preferisce la solitudine; si accompagna di frequente a mendicanti e straccioni.

A Roma, dove viene mandato dal padre a vendere una partita di merce, non solo distribuisce il denaro ricavato ai poveri, ma scambia le sue vesti con quelle di un mendicante e si mette a chiedere l’elemosina davanti alla porta di San Pietro.

Nel 1205, poi, nella chiesina di San Damiano ode il crocifisso che gli dice: «Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela»

Intendendo quelle parole come una richiesta di un restauro fisico della piccola chiesetta, fece incetta di stoffe nel negozio del padre e andò a Foligno a venderle; vendette anche il cavallo, tornò a casa a piedi e offrì il denaro ricavato al sacerdote di San Damiano. Ciò rese furente il padre e in città tutti pensarono che avesse perso la testa o che fosse preda di qualche influenza maligna. Tutta la città fu solidale con il padre, che vedeva dissolte le speranze riposte nel figlio.

Pietro di Bernardone cercò, all’inizio, di segregare il figlio per nasconderlo alla gente. Poi, vista la sua impotenza di fronte all’irriducibile “testardaggine” di Francesco, decise di denunciarlo ai Consoli, non tanto per il danno economico subito, quanto piuttosto con la segreta speranza che il giovane cambiasse atteggiamento. La colpa di Francesco prevedeva una pena molto dura: il bando dalla città. Il giovane, però, si appellò al Vescovo, in forza di una bolla di Innocenzo III, nella quale si affermava che nessun religioso poteva essere giudicato senza il consenso del suo superiore. Francesco si era affidato ormai alle cure del sacerdote di San Damiano e si considera perciò uomo di Chiesa e come tale giudicabile solo dalle autorità ecclesiali.

Tutta la città di Assisi si radunò per quel giudizio, svoltosi un giorno di gennaio o febbraio 1206. Il processo si svolse all’aperto, sulla piazza di Santa Maria Maggiore, davanti al palazzo del Vescovo. Tutta Assisi fu presente al giudizio.

Il figlio, non appena il padre finì di parlare «non sopportò indugi o esitazioni, non aspettò né fece parole; ma immediatamente, depose tutti i vestiti e li restituì al padre […] e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: “Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza”». Il vescovo Guido ricoprì pudicamente Francesco e, con quest’atto di manifesta protezione, riconobbe l’autenticità della sua vocazione e lo pose sotto la protezione della Chiesa. Francesco iniziò una nuova vita, secondo lo stile degli eremiti.

Agli inizi del 1207 partì per Gubbio. Era inverno e probabilmente c’era molta neve. Man mano che si allontanava dal territorio di Assisi, il Santo si espose all’attacco delle bande di briganti: si trattava di gruppi di mercenari, privi di scrupoli, spesso al soldo del miglior pagante.

Poco prima di Caprignone, o poco dopo Valfabbrica gli venne sbarrata la strada. Alla domanda su chi fosse, Francesco rispose: “Sono l’araldo del Gran Re; vi interessa questo?”. I briganti lo percossero e lo gettarono in una fossa piena di neve, dicendo: “Stattene lì, zotico araldo di Dio!”. Ma Francesco, appena i briganti furono spariti, balzò fuori dalla fossa e, tutto contento, riprese a cantare a gran voce, tessendo le lodi del Creatore di tutte le cose.

Un monastero accolse Francesco dopo l’aggressione, ed egli fu inviato in cucina a fare lo sguattero, ma da lì Francesco ripartì quasi subito e si incamminò verso Gubbio. Il giovane aveva da sempre qui diversi amici, e uno di essi, Federico Spadalonga, lo accolse benevolmente e lo rivestì.

Sempre a Gubbio, poi, Francesco “amante di ogni forma di umiltà, si trasferì presso i lebbrosi, restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura”; si trattava del lebbrosario di San Lazzaro. Nel suo Testamento, Francesco disse chiaramente che la vera svolta verso la piena conversione ebbe inizio per lui quando si accostò a quelle persone.

Durante i primi tempi, in ogni caso, Francesco non ebbe una fissa dimora. Tale situazione continuò fino al 1213, quando il beato Villano, vescovo di Gubbio e benedettino dell’abbazia di San Pietro, concesse a Francesco, già circondato dai suoi frati, di stabilire una loro sede nell’antica chiesa di Santa Maria della Vittoria, che la tradizione indica come il luogo in cui Francesco ammansì il lupo.

Passati alcuni mesi dell’anno 1207 e placatosi lo scandalo sollevato dalla rinuncia dei beni paterni, Francesco ritorna ad Assisi. Per un certo periodo se ne sta solo, impegnato a riparare alcune chiese in rovina come San Pietro (al tempo, fuori le mura), la Porziuncola a Santa Maria degli Angeli e San Damiano. L’alacrità e l’impegno che mette nel lavorare convince col tempo alcune persone che vanno ad aiutarlo; riferendosi a San Damiano diceva: «Qui sorgerà un monastero di signore e per la fama della loro santa vita, sarà glorificato in tutta la chiesa il nostro Padre Celeste». Le parole del Santo si riveleranno profetiche perché di lì a poco, nel 1211 (o 1212) Chiara, dopo aver vestito a Santa Maria degli Angeli lo stesso abito religioso di Francesco, troverà qui stabile dimora, fondando, a sua volta, un Ordine femminile.

Per Francesco San Damiano ha un valore particolare. Tra le sue mura trova sempre pace e consolazione. Nel 1225, dopo aver ricevuto le stigmate sul monte della Verna (luogo su cui sorgerà l’omonimo Santuario), vi soggiorna alcuni giorni per riposarsi. Secondo la tradizione, è qui che il Frate improvvisa le prime strofe del Cantico delle Creature.

I primi anni della conversione sono caratterizzati dalla preghiera, dal servizio ai lebbrosi, dal lavoro manuale e dall’elemosina. Ma nel 1208, dopo aver ascoltato la parola del Vangelo nella chiesa di San Nicolò ad Assisi, Francesco sente fermamente di dover portare la Parola di Dio per le strade del mondo. Inizia così la sua predicazione, dapprima nei dintorni di Assisi, poi sempre più lontano. Ben presto altre persone si aggregano a lui e, con le prime adesioni, si forma il primo nucleo della comunità di frati. Uno di essi è Bernardo di Quintavalle, suo amico d’infanzia.

Per un breve periodo, nel 1209 Francesco e i suoi si installano nel tugurio di Rivotorto, sulla strada verso Foligno, che i frati hanno scelto perché vicino a un ospedale di lebbrosi. Ma il posto scelto è umido e malsano e sarà presto abbandonato. Francesco, con i suoi primi compagni (frate Leone, frate Masseo, frate Elia Bombarone, frate Ginepro e nel 1214 i primi frati “dotti”, tra cui Tommaso da Celano, uno dei principali biografi del Santo e forse Giovanni da Pian di Carpine), si stabilisce vicino alla piccola badia di Santa Maria degli Angeli, sulla pianura del Tescio in località Porziuncola. Abbandonata in mezzo al bosco di cerri, viene concessa a Francesco e ai suoi frati dall’Abate di San Benedetto del Subasio, intorno al 1209. Da qui partiranno le prime missioni apostoliche verso i quattro angoli della terra.

Nel 1210 a Roma Francesco, proponendo a papa Innocenzo III il suo Propositum del 1210 o Prima Regola, ne riceve l’approvazione per il suo “Ordo fratum minorum”.

Alla Porziuncola Francesco scrive nel 1221 la Regola non bollata del 1221. La meno rigorosa Regola bollata, viene scritta con il cardinale Ugolino d’Ostia (il futuro papa Gregorio IX) e approvata da papa Onorio III nel 1223. Sempre alla Porziuncola si tengono i primi Capitoli Generali detti anche capitoli delle stuoie, vi si celebra l’indulgenza del 1216 concessa a Francesco, in una visione, dallo stesso Cristo.

Con il passare del tempo, la fama di Francesco cresce enormemente e cresce in maniera esponenziale anche la schiera dei frati (già 7000 nel 1215). Nel 1217 Francesco presiede il capitolo generale di Assisi, che organizza la grande espansione dell’ordine in Italia e invia missioni in Germania, Francia e Spagna. La pacifica rivoluzione che il nuovo Ordine sta compiendo comincia a essere palese a tutti. Iniziano però anche i primi problemi: Francesco ha paura che, ingrandendosi senza controllo, la fraternità minoritica devii dai propositi iniziali.

Per dare l’esempio e per potersi dedicare completamente alla sua missione, nel 1220, tornato da un viaggio in Egitto e in Palestina, rinuncia al governo dell’Ordine in favore dell’amico e seguace Pietro Cattani. È in questo periodo che nascono i Capitoli Generali: sorgono con l’esigenza di impostare la vita comunitaria, organizzare l’attività di preghiera, rinsaldare l’unità interna ed esterna e decidere nuove missioni.

Ed è la Porziuncola la sede in cui si ospitano tutti i capitoli più importanti. Il concetto di pellegrino e uomo del mondo, comunque, rimane per Francesco uno dei capisaldi del proprio ideale di vita. Con il risultato che la vulgi pietas e la devozione dei discepoli collegano idealmente alla tradizione biblica e al Vangelo ogni passaggio e ogni atto del Santo in relazione ai luoghi del suo peregrinare quale annunciatore di Cristo. A Greccio (sulla strada che da Stroncone prosegue verso il reatino), nel Natale del 1223 Francesco rievoca la nascita di Gesù Cristo e dove è nata la tradizione del Presepe.

Oltre alla vita attiva, Francesco sente continuamente l’esigenza di ritirarsi in posti solitari per ritemprarsi e pregare. Ad esempio, l’Eremo delle Carceri di Assisi, sulle pendici del monte Subasio, offre al frate quel necessario silenzio e quella pace che gli consentono un più intimo colloquio con il Cristo.

San Francesco d’Assisi fondò tre ordini riconosciuti dalla Chiesa, esistenti tutt’oggi, aventi costituzioni proprie.

Il primo ordine è quello dei frati minori, che seguono la regola approvata dal papa Onorio III, ossia la Regola bollata (1223), che a sua volta si divide in tre rami: Frati Minori Conventuali, Frati Minori Osservanti e Frati Minori Cappuccini, hanno ciascuno la loro propria organizzazione e struttura legale, ma hanno in comune San Francesco come loro Padre e Fondatore.

Il secondo ordine è quello delle Clarisse fondato da santa Chiara d’Assisi con la Regola di San Francesco, monache di clausura, che attualmente, come i frati, sono presenti in tutto il mondo.

Il Terzo Ordine nacque per i laici, o meglio per i secolari, cioè coloro che pur non entrando in convento, vivono nelle loro famiglie la spiritualità francescana. Viene chiamato Ordine Francescano Secolare conosciuto anche come O.F.S..

Oltre al Terz’Ordine Secolare, vi è anche il T.O.R., il Terz’Ordine Regolare (frati, monache e suore). Interpretando le intenzioni di S. Francesco, e adattando il suo ideale alle mutevoli realtà dei tempi, a partire dal Duecento, la Chiesa, per mezzo dei vicari di Cristo, ha continuamente emesso documenti papali: papa Onorio III; papa Gregorio IX; papa Innocenzo IV; papa Alessandro IV; papa Urbano IV; papa Clemente IV; papa Martino IV; papa Onorio IV; papa Niccolò IV (1289); papa Celestino IV; papa Bonifacio VIII (1295); papa Leone XIII (1883); papa Paolo VI (1978). L’ultima regola dell’O.F.S. fu approvata da papa Paolo VI.

Vi è anche la Gioventù Francescana (GIFRA) che non è un gruppo, ma una fraternità di giovani che condividono e vivono il Vangelo e il loro essere francescani nel mondo di oggi, sul posto di lavoro o di studio.

Alla preghiera e alla meditazione la Regola francescana aggiunge lo spirito missionario. Quasi in simbiosi con i precetti evangelici, assumendo una condotta completamente divergente rispetto al comune intendimento, a Francesco interessano soprattutto i ceti sociali più deboli, va verso quel prossimo che dalla moderna società viene rifiutato, cioè verso il povero, il malato, il perdente, l’ultimo: Francesco vuole essere il minore tra i minori. Si sostiene inoltre che egli applichi ai compagni l’appellativo minores, dato universalmente ai popolani, perché lui stesso vuole incarnare l’ideale di uomo del popolo. E Assisi e Santa Maria degli Angeli sono il cuore pulsante da cui parte e ritorna l’attività missionaria di questo nuovo ordine dei “minori”, come d’ora in avanti verranno chiamati tutti coloro che seguiranno il fondatore. Francesco dà l’esempio, mostrando un’ansia frenetica e una febbrile sollecitudine nella diffusione del messaggio evangelico. In prima persona vive un incessante vagare per raggiungere con la Parola molti luoghi, portandosi fino ai confini dell’Europa.

A differenza di altri sermoni, le sue sono prediche semplici per gente semplice. Ma quando Francesco parla, rapisce la folla. Le sue parole hanno una presa incredibile. A Cannara, ad esempio, gli abitanti rimangono affascinati, a tal punto che susciterà una specie di conversione di massa: tutti infatti intendono seguirlo. È in questa circostanza che Francesco pensa alla creazione del Terz’Ordine.

Uno degli episodi più famosi dei Fioretti (rielaborazione trecentesca della vita e dell’insegnamento del Poverello, dell’ambiente dei cosiddetti Francescani Spirituali), la predica agli uccelli, avviene proprio in questi luoghi.

Più che la cronaca di un avvenimento, viene descritto un passo di vera poesia: «E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su quali era quasi infinita moltitudine d’uccelli. E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch’erano in terra; e subitamente quelli ch’erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compiè di predicare (…) Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti e poi secondo la croce c’aveva fatta loro santo Francesco si divisoro in quattro parti (…) e ciascuna schiera n’andava cantando maravigliosi canti».

Francesco volle tornare a morire alla Porziuncola. Lì, nel 1226, lo colse la morte, sdraiato sulla nuda terra. Lascia un “Testamento”, che vorrebbe fosse sempre legato alla “Regola”, in cui esorta l’ordine a non allontanarsi dallo spirito originario.

Viene canonizzato il 16 luglio 1228 da papa Gregorio IX nella Chiesa di San Giorgio ad Assisi. Il 18 giugno 1939, Papa Pio XII ha proclamato san Francesco patrono principale d’Italia, insieme a santa Caterina da Siena. Alla fine del XX secolo l’immagine di San Francesco ha assunto un ruolo che va al di là della semplice devozione: Assisi, città della pace, simboleggia il messaggio della fratellanza tra i popoli.

Oltre alle “Regole” citate (cui va aggiunta quella per le Clarisse di Chiara d’Assisi) e al “Testamento”, scrisse il Cantico delle Creature o Laudes Creaturarum in volgare e le Adminitiones e le Epistolae in latino.

Altri Santi che la Chiesa commemora il 4 ottobre

San Petronio, vescovo – A Bologna, san Petronio, vescovo, che, rinunciando dall’autorità di questo mondo, ascese al ministero sacerdotale e dispensò nei suoi scritti e con il suo esempio insegnamenti riguardo ai doveri dei vescovi. (dal Martirologio)

San Quintino, martire – Nel territorio di Tours in Francia, san Quintino, martire. (dal Martirologio)

Santa Aurea, badessa – A Parigi sempre in Francia, santa Aurea, badessa, che sant’Eligio mise a capo di un monastero da lui stesso fondato in questa città sotto la regola di san Colombano, nel quale aveva raccolto trecento vergini. (dal Martirologio)

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