4 luglio: Santa Elisabetta del Portogallo
La Chiesa ricorda oggi la regina del Portogallo, patrona degli ammalati e degli enologi
Santa Elisabetta, che, regina del Portogallo, fu esemplare nell’opera di pacificazione tra i re e nella carità verso i poveri; rimasta vedova del re Dionigi, abbracciò la regola tra le monache del Terz’Ordine di Santa Chiara nel cenobio di Estremoz in Portogallo da lei stessa fondato, nel quale, mentre era intenta a far riconciliare suo figlio con il genero, fece poi ritorno al Signore (dal Martirologio)
Oggi, 4 luglio, la Chiesa cattolica celebra Santa Elisabetta del Portogallo, considerata la patrona degli ammalati e degli enologi. Bartolomeo di Neocastro, nella sua Historia Sicula la menziona assieme ai fratelli (Alfonsus, Elisabeth regina Portugalli…Rex Iacobus, Dominus Fridericus, domina Violanta et dominus Petrus) come figli di Pietro III il Grande (Petro regi Aragonum) e della moglie Costanza.
Isabella andò in sposa nel 1282, al re Dionigi del Portogallo, figlio terzogenito (secondo maschio) del re del Portogallo e dell’Algarve, Alfonso III il Restauratore e della principessa castigliana Beatrice, figlia illegittima del re di Castiglia, Alfonso X il Saggio e di Maior Guillen de Guzman: il 2 febbraio, a Barcellona, per procura e il 24 giugno, in persona, a Trancoso. Isabella è citata anche nel Chronicon Conimbricensi come regina del Portogallo (Dñæ Elizabeth Reginæ Portugaliæ).
Gli ultimi anni di regno del marito Dionigi furono amari sia per la malattia che per il comportamento dell’erede al trono, il futuro Alfonso IV, che vedendo l’affetto che legava il vecchio re ai suoi figli illegittimi, specialmente ad Alfonso Sanchez (1289-1326), e pensando che tramassero per diseredarlo, si ribellò, minacciando di fare guerra al padre; non si arrivò allo scontro aperto solo per l’intervento di Isabella, la regina santa, che, nell’ottobre del 1323 si frappose tra i due eserciti già schierati in ordine di battaglia, ad Alvalade, alla periferia di Lisbona (pare che l’intervento venne considerato miracoloso: al passaggio della regina infatti, una barriera luminosa divise i due eserciti). Dionigi l’accusò di essersi schierata col figlio e la bandì da corte, relegandola in una fortezza.
Morto il marito nel 1325 donò la corona al Santuario di Compostela, dove fece pellegrinaggio; lasciò quasi tutti i suoi averi ai poveri e ai conventi; entrò poi dopo essersi fatta francescana del terzo ordine, nel monastero delle clarisse a Coimbra, monastero da lei stessa fatto erigere. Uscì da questo una sola volta nell’inutile tentativo di pacificare i dissidi tra suo figlio Alfonso IV e il di lui genero, Alfonso XI di Castiglia. Morì a Estremoz nel 1336 e fu tumulata a Coimbra.
Isabella sopportò con cristiana pazienza il difficile carattere del marito, le sue prepotenze e le sue infedeltà. Ebbero due figli: la principessa Costanza ed il figlio Alfonso. Oltre le difficoltà caratteriali del sovrano marito, dovette successivamente affrontare anche il comportamento ribelle del figlio Alfonso. La tradizione descrive come ella fu spesso esempio di carità cristiana, rivolgendo particolare attenzione ai malati di Lisbona, e prodigandosi per pacificare le contese.
La sua carità cristiana la spinse ad occuparsi con dedizione anche dei figli illegittimi del marito; assistette quest’ultimo gravemente malato fino alla sua morte; tanto fece, che l’affettuosa dedizione della moglie pare ne favorì la conversione in extremis al cattolicesimo. La descrizione delle sue opere venne assunta come prova dell’efficacia della sua testimonianza cristiana e condotta di vita..
Il suo corpo fu riportato al monastero di Coimbra nel 1612 e, durante l’esumazione lo si trovò incorrotto; fu chiesta quindi la canonizzazione. Già nei primi tempi dopo la morte c’erano pellegrinaggi di fedeli alla sua tomba e circolavano voci su miracoli avvenuti per sua intercessione. Finché, nel 1625, papa Urbano VIII celebrò la solenne canonizzazione in Roma.
È commemorata il 4 luglio, nella messa tridentina l’8 luglio, ma localmente anche in altre date. Un elemento che la caratterizza è il rosario e l’abito da terziaria francescana. Dopo la costituzione nel 1819 della diocesi di San Cristóbal de La Laguna (Isole Canarie), Santa Isabella è co-patrona della stessa e la cattedrale diocesana per bolla di Papa Pio VII.
Altri Santi che la Chiesa commemora il 4 luglio
San Giocondiano, martire – In Africa, san Giocondiano, martire. (dal Martirologio)
San Lauriano, martire – Nel villaggio di Vatan presso Bourges in Aquitania, in Francia, san Lauriano, martire.(dal Martirologio)
San Fiorenzo, vescovo – A Cahors in Aquitania, san Fiorenzo, vescovo, che san Paolino da Nola celebra come umile di cuore, forte nella grazia e mite nella parola. (dal Martirologio)
San Valentino, sacerdote ed eremita – Presso Langres ancora in Aquitania, san Valentino, sacerdote ed eremita. (dal Martirologio)
Santa Berta, badessa – Blangy nel territorio di Arras in Francia, santa Berta, badessa, che, entrata insieme alle figlie Geltrude e Deotila nel monastero da lei fondato, dopo alcuni anni si ritirò come reclusa in una cella. (dal Martirologio)
Sant’Andrea di Creta, vescovo – A Eresso nell’isola di Lesbo, transito di sant’Andrea di Creta, vescovo di Górtina, che con preghiere, inni e cantici di raffinata fattura cantò le lodi di Dio ed esaltò la Vergine Madre di Dio immacolata e assunta in cielo. (dal Martirologio)
Sant’Ulderico, vescovo – Ad Augsburg nella Baviera, in Germania, sant’Ulderico, vescovo, che fu insigne per il mirabile spirito di penitenza, la generosità e la vigilanza e morì nonagenario dopo cinquant’anni di episcopato. (dal Martirologio)
Sant’Antonio Daniel, sacerdote – Presso gli Uroni in territorio canadese, sant’Antonio Daniel, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, terminata la celebrazione della Messa, fermo sulla porta della chiesa a tutela dei neofiti dall’assalto di pagani ostili, fu trafitto dalle loro frecce e infine dato al rogo. La sua memoria si celebra insieme a quella dei suoi compagni il 19 ottobre. (dal Martirologio)
San Cesidio Giacomantonio, sacerdote – Nella città di Hengyang nella provincia dello Hunan in Cina, san Cesidio Giacomantonio, sacerdote dell’Ordine dei Minori e martire, che nella persecuzione scatenata dalla setta dei Boxer, mentre tentava di proteggere il Santissimo Sacramento dalla folla dei loro seguaci, lapidato e avvolto in un telo imbevuto di benzina, morì arso vivo. (dal Martirologio)
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