28 novembre: San Giacomo della Marca, sacerdote

Oggi la Chiesa ricorda un predicatore italiano dell’Ordine dei Frati Minori

A Napoli, deposizione di san Giacomo della Marca, sacerdote dell’Ordine dei Minori, insigne per la predicazione e per l’austerità di vita. (dal Martirologio)

Figlio di Antonio Gangali e Antonia Rossi, che avevano già diciassette figli, i poveri genitori lo fecero battezzare con il nome di Domenico.

Rimase presto orfano del padre e fu affidato ad uno zio curato a Offida, che gli insegnò a leggere e a scrivere. A tredici anni fu mandato a scuola ad Ascoli dove apprese quella che allora era la cultura di base composta da: grammatica, retorica, dialettica, geometria, aritmetica, musica e astronomia.

Si laureò in Diritto a Perugia intorno al 1412 e lo troviamo poi a Bibbiena, in Toscana, come giudice e poi come notaio nella segreteria comunale di Firenze. Entrato in amicizia con i francescani del luogo e meditando intorno ai misteri redentivi che suscitava in lui la visione del Monte Verna, lasciò l’avvocatura ed entrò nell’Ordine dei Frati Minori nel luglio del 1416.

Fu allievo, con Giovanni da Capestrano, di Bernardino da Siena. Durante la Quaresima del 1420 fu ordinato presbitero e il 13 giugno tenne la sua prima omelia in onore di sant’Antonio da Padova. Fu talmente incisivo, e la sua predica talmente coinvolgente, che i superiori lo indirizzarono subito verso questo impegnativo e difficile compito.

Giacomo si attenne, nella sua predicazione, al modo di predicare dei francescani del suo tempo. La loro era una predicazione popolare, accessibile a tutte le classi sociali, con un linguaggio vivo, ricco di esempi, a volte arguta. Le prediche non si tenevano solo in chiesa, ma anche nelle piazze.

Durante le omelie venivano toccati i temi fondamentali della fede, soprattutto i grandi temi dell’incarnazione di Cristo e della morale evangelica. Le predicazioni avvenivano soprat­tutto nei tempi dell’Avvento, della Quaresima e a Maggio. Natural­mente le predicazioni minori si organizzavano secondo le richieste e le necessità locali e con durate diverse. I sermoni duravano da 1 a 3 ore e si tenevano normalmente al mattino presto o all’ora del vespro.

San Bernardino da Siena fu il modello della predicazio­ne francescana dell’Osservanza, modello di fede e fervore apostolico, di fine arguzia e bellezza letteraria, di stile oratorio. Lo stesso san Gia­como affermerà che molto egli doveva a Bernardino: «Ricordo che egli m’insegnava a predicare e il modo di emettere la voce, regolare i gesti e anche a fare le esclamazioni a tempo e a luogo debiti».

Molto fecondi per la predicazione risultarono a fra Giacomo i pri­mi anni del suo sacerdozio, quando il maggior tempo che aveva a di­sposizione gli permise di stendere per iscritto molte delle sue predi­che, giunte così fino a noi. Abbiamo così i cosiddetti Sermoni domenicali, una raccolta di circa un centinaio di prediche, tenute in ogni domenica dell’anno sui testi della Sacra Scrittura usati nella messa.

L’intera vita di fra Giacomo della Marca fu spesa nella predicazione. Dal giugno del 1420 alla fine del 1431 predicò in Italia nelle città di Ussita, Visso, Montemona­co, Macerata, Jesi, Cupramontana, Camerino, Tolentino, Fabriano, Ancona, Recanati, Fano. Dal gennaio del 1432 all’aprile del 1434 svolge apostolato della predicazione in Dalmazia, Slavonia e Bosnia.

Dal maggio del 1434 alla primavera del 1435 fu di nuovo in Italia, nelle Marche predicò la quaresima ad Urbino. Dalla primavera del 1435 al settembre del 1439 fu in Dal­mazia, Slavonia, Bosnia, Boemia e Ungheria. Dal novembre del 1439 al dicembre del 1452 predicò in Italia, nelle Marche ad Osimo, Fermo, Fabriano, Treia, Urbino, Camerino, Cingoli, Ascoli.

All’inizio del 1453 fu di nuovo in Dalmazia, ma fu richiamato d’urgenza in Italia, dove rimase fino al 1457 e dove tenne prediche a San Severino, Matelica, Fermo, Sant’Elpidio, Ascoli, Fano, Fabriano, Ancona. Dal maggio del 1457 di nuovo in Dalmazia, Bosnia, Ungheria, Boemia e forse anche in Polonia, fino alla fine del 1458. Tornato in Italia vi rimase fino alla morte nel 1476, la sua predicazio­ne dirada sempre più, ma è sempre presente. Visitò Ascoli e la sua Monteprandone, dove dimorò sempre più a lungo e per l’ultima volta nel 1472.

Grazie al suo intervento in veste di pacificatore, le città di Fermo e Ascoli, eterne nemiche, stipularono una storica pace nel 1446 e poi nel 1463. A suggello di ciò nello stemma delle due città è rappresentato lo stemma dell’altra ex nemica.

Abile predicatore, il suo ordine lo impiegò nel contrasto dell’eresia bogomil in Bosnia e delle dottrine degli ussiti in Austria e Boemia; fondò alcuni conventi nell’Europa centrale. Fu il primo a promuovere l’istituzione del Monti di Pietà per combattere la piaga dell’usura. Prese parte al Concilio di Firenze per la riunione della Chiesa latina a quelle orientali.

Pur immerso in tante fatiche, si prodigò a costruire basiliche, conventi, biblioteche, pozzi e cisterne pubbliche; diede Statuti Civili – lui frate – ad undici città mentre attendeva a fondare nuove confraternite – figurando come un precursore dell’associazionismo cattolico – trova anche il tempo per scrivere 18 libri, mostrandosi così di ingegno universale.

Morì a Napoli il 28 novembre 1476. Il suo corpo venne sepolto nella chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli. Nel 2004 il corpo è stato traslato nella Chiesa del Convento di Santa Maria delle Grazie, da lui fondato nel 1449, a Monteprandone, attualmente sede del Museo del Santuario di San Giacomo della Marca.

Altri Santi che la Chiesa commemora il 28 novembre

Sant’Irenarco, martire – A Sivas nell’antica Armenia, sant’Irenarco, martire, che, addetto alle torture, si tramanda si sia convertito a Cristo dinanzi alla fermezza di fede delle donne cristiane e sia stato poi ucciso con un colpo di scure sotto l’imperatore Diocleziano e il governatore Massimo. (dal Martirologio)

Santi martiri Papiniano di Vita e Mansueto di Urusi, vescovi – In Africa settentrionale nell’odierno territorio libico e tunisino, commemorazione dei santi martiri Papiniano di Vita e Mansueto di Urusi, vescovi, che, durante la persecuzione vandalica, portarono a compimento il loro glorioso combattimento bruciati in tutto il corpo con lamine di ferro incandescenti per aver difeso la fede cattolica contro il re ariano Genserico. In quel tempo, anche i santi vescovi Urbano di Djerba, Crescente di Bizacio, Habetdéus di Teudala, Eustrazio di Sufes, Cresconio di Tripoli, Vice di Sabrata, Felice di Sousse, e infine, sotto Unnerico figlio di Genserico, i vescovi Ortolano di Bennefa e Florenziano di Mdila, condannati all’esilio, terminarono il corso della loro vita come confessori della fede. (dal Martirologio)

Santo Stefano il Giovane, monaco e martire – A Costantinopoli, santo Stefano il Giovane, monaco e martire, che, sotto l’imperatore Costantino Coprónimo, sottoposto a vari supplizi per aver difeso il culto delle sacre immagini, confermò con l’effusione del suo sangue la verità cattolica. (dal Martirologio)

Santa Teodora, badessa – Vicino a Rossano in Calabria, santa Teodora, badessa, discepola di san Nilo il Giovane e maestra di vita monastica. (dal Martirologio)

Sant’Andrea Tran Van Trong, martire – Nel territorio di Khám Duong nell’An Nam, ora Viet Nam, sant’Andrea Tran Van Trong, martire, che, dopo aver patito il carcere e atroci torture per essersi rifiutato di recare oltraggio alla croce, fu decapitato sotto l’imperatore Minh Mang. (dal Martirologio)

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