20 agosto: San Bernardo di Chiaravalle, abate e dottore della Chiesa

La Chiesa oggi ricorda un monaco francese, fondatore di molte abbazie

Memoria di san Bernardo, abate e dottore della Chiesa, che entrato insieme a trenta compagni nel nuovo monastero di Cîteaux e divenuto poi fondatore e primo abate del monastero di Chiaravalle, diresse sapientemente con la vita, la dottrina e l’esempio i monaci sulla via dei precetti di Dio; percorse l’Europa per ristabilirvi la pace e l’unità e illuminò tutta la Chiesa con i suoi scritti e le sue ardenti esortazioni, finché nel territorio di Langres in Francia riposò nel Signore. (dal Martirologio)

Terzo di sette fratelli, nacque da Tescelino il Sauro, vassallo di Oddone I di Borgogna e da Aletta, figlia di Bernardo di Montbard, anch’egli vassallo del duca di Borgogna. Studiò solo grammatica e retorica (non tutte le sette arti liberali, dunque) nella scuola dei canonici di Nôtre Dame di Saint-Vorles, presso Châtillon-sur-Seine, dove la famiglia aveva dei possedimenti.

Ritornato nel castello paterno di Fontaines, nel 1111, insieme ai cinque fratelli e ad altri parenti e amici, si ritirò nella casa di Châtillon per condurvi una vita di ritiro e di preghiera finché, l’anno seguente, con una trentina di compagni si fece monaco nel monastero cistercense di Cîteaux, fondato quindici anni prima da Roberto di Molesmes e allora retto da Stefano Harding.

Nel 1115, insieme con dodici compagni, tra i quali erano quattro fratelli, uno zio e un cugino, si trasferì nella proprietà di un parente che aveva donato ai monaci un vasto terreno nella regione della Champagne sulle rive del fiume Aube, nella diocesi di Langres, perché vi fosse costruito un nuovo monastero cistercense: essi chiamarono quella valle Clairvaux, Chiara valle.

Ottenuta l’approvazione del vescovo Guglielmo di Champeaux e ricevute numerose donazioni, l’Abbazia di Clairvaux divenne in breve tempo un centro di richiamo oltre che di irradiazione: già dal 1118 monaci di Clairvaux partirono per fondare altrove nuovi monasteri, come a Trois-Fontaines, a Fontenay, a Foigny, a Autun, a Laon; alla morte di Bernardo le abbazie cistercensi erano 343, di cui 66 fondate o riformate da lui stesso.

Per tutta la sua vita Bernardo fu strenuo difensore dell’ortodossia, della lotta contro le eresie e dell’autorità assoluta della Chiesa. Nel concilio di Sens del 1140, si scagliò contro le dottrine di Pietro Abelardo, che furono condannate; lottò inoltre contro Gilberto Porretano e Arnaldo da Brescia. La seconda crociata del 1147 fu opera della sua predicazione.

Bernardo è fondamentalmente propenso non alla speculazione intellettuale, ma alle questioni pratiche, di vita vissuta e alle riflessioni morali. Secondo Bernardo l’unico modo per giungere alla verità consiste nella pratica della contemplazione e della preghiera e non nell’astratto ragionamento.

Nel Sermo 36 super cantica, Bernardo illustra la natura e i limiti del sapere affermando che lo studio, in termini di fede, è giustificato solo se eleva verso Dio, mentre se è condotto: per il puro desiderio di sapere; per insuperbirsi; per risolvere problemi di ogni genere realizzando dei profitti; esso viene etichettato, a dipendenza di come vine esercitato, come turpe curiosità, turpe vanità, turpe mercimonio.

La più alta conquista umana è, per Bernardo, il volo dell’anima verso la contemplazione: l’unica via attraverso la quale sia possibile conoscere Dio. Attraverso l’assidua meditazione dei misteri del Cristo è possibile giungere alla conoscenza e all’amore nei confronti del crocifisso. Solo la contemplazione mistica è in grado di dare la pace e la gioia del pieno possesso.

Per giungere a questo risultato è però necessaria una limitazione dell’intelletto che, se si spinge troppo oltre e invade i confini della fede, compie una vera e propria profanazione del sacro. Come esempi da non imitare, di curiosità e vanità, Bernardo presenta Aristotele e Platone, ritenuti i due massimi esponenti dell’umana sapienza. Occorre evitare di studiare le curiose sottigliezze del primo e le vane arguzie del secondo. Dice il santo ai suoi monaci che i nostri maestri dovrebbero essere Pietro e Paolo, che ci insegnano invece a vivere.

In occasione della presentazione a Innocenzo II dell’accusa contro Abelardo, Bernardo prende di mira gli ‘Academici, additandoli come pensatori che vagano qua e là, curiosi e vani, tra opinioni ed errori, che devono accontentarsi di rimanere nell’incertezza e non possono mai giungere a verità certe.

Nel 1119 alcuni cavalieri, sotto la guida di Ugo di Payns, feudatario della Champagne e parente di Bernardo, fondarono un nuovo ordine monastico-militare, l’Ordine dei Cavalieri del Tempio, con sede in Gerusalemme, nella spianata ove sorgeva il Tempio ebraico; lo scopo dell’Ordine, posto sotto l’autorità del patriarca di Gerusalemme, era di vigilare sulle strade percorse dai pellegrini cristiani. L’Ordine ottenne nel concilio di Troyes del 1128 l’approvazione di papa Onorio II e sembra che la sua regola sia stata ispirata da Bernardo, il quale scrisse, verso il 1135, l’Elogio della nuova cavalleria (De laude novae militiae ad Milites Templi).

L’interesse di Bernardo per le vicende politiche del suo tempo si manifestò anche in occasione dei conflitti che opposero il conte della Champagne, Tibaldo II, da lui sostenuto, al re di Francia Luigi VII e in occasione della repressione, nel 1140, del neonato Comune di Reims, operata dal suo pupillo cistercense, il vescovo Sansone di Mauvoisin.

Grande fu la risonanza del conflitto che oppose Bernardo al filosofo Pietro Abelardo.

Nel 1140 Guglielmo di Saint-Thierry, cistercense del convento di Signy, scriveva al vescovo di Chartres, Goffredo di Lèves e a Bernardo, denunciando che due opere di Abelardo, il Liber sententiarum e la Theologia scholarium, contenevano, a suo giudizio, affermazioni teologicamente erronee, elencandole in un proprio scritto, la Discussione contro Pietro Abelardo.

Bernardo, “senza però leggere direttamente i testi incriminati (alcuni dei quali, di fatto, non erano di Abelardo)”, scrisse a papa Innocenzo II la Lettera 190, sostenendo che Abelardo concepiva la fede come una semplice opinione; davanti agli studenti parigini pronunciò il sermone de La conversione, attaccando Abelardo e invitandoli ad abbandonare le sue lezioni.

Abelardo reagì chiedendo all’arcivescovo di Sens di organizzare un pubblico confronto con Bernardo, da tenersi il 3 giugno 1140, ma questi, temendo l’abilità dialettica del suo contraddittore, il giorno prima presentò 19 affermazioni chiaramente eretiche, attribuendole ad Abelardo (seppur “non sempre con scrupolosa aderenza ai testi e al loro significato”), chiamando i vescovi presenti a condannarle e invitando il giorno dopo lo stesso Abelardo a pronunciarsi in proposito. Al rifiuto di Abelardo, che abbandonò il concilio, seguì la condanna dei vescovi, ribadita il 16 luglio successivo dal papa.

Nel 1144 il monaco Evervino di Steinfeld lo informò di un’eresia, di tipo pauperistico, diffusa in quel di Colonia, alla quale rispose con i Sermoni 63, 64, 65 e 66; l’anno successivo accolse l’invito del cardinale di Ostia, Alberico, a combattere un’eresia diffusa nella regione di Tolosa dal monaco Enrico di Losanna, seguace di Pietro di Bruys, critico nei confronti delle gerarchie ecclesiali e propositore di una vita improntata alla povertà e alla penitenza; in questa occasione, Bernardo ritenne necessario recarsi, insieme con il suo segretario Goffredo d’Auxerre a Tolosa. Ottenuta, dopo molti contrasti, una professione di fede, tornò a Chiaravalle e indirizzò una lettera agli abitanti di Tolosa – la Lettera 242 – nella quale esprimeva la sua convinzione che quelle dottrine fossero state definitivamente confutate.

Richiesto ancora di pronunciarsi sulle tesi trinitarie del vescovo di Poitiers e maestro di teologia a Parigi, Gilberto Porretano, nel 1148, nuovamente Bernardo tentò di far approvare da vescovi da lui riuniti a parte, una preventiva condanna che il sinodo da tenere il giorno successivo a Reims avrebbe dovuto semplicemente ratificare; questa volta, tuttavia, i vescovi non appoggiarono la sua iniziativa, tanto che Bernardo dovette cercare appoggio da papa Eugenio III. La difesa di Gilberto – che affermò di non aver mai sostenuto le tesi a lui contestate, frutto, a suo dire, di interpretazioni erronee dei suoi studenti – fece cadere ogni accusa.

Il 15 febbraio 1145, a Roma, nel convento di san Cesario, sul Palatino, il conclave eleggeva nuovo papa Eugenio III, abate del monastero dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane; il nuovo papa, Bernardo Paganelli, conosceva bene Bernardo, per averlo incontrato nel concilio di Pisa del 1135 e per aver fatto la professione monastica come cistercense proprio a Chiaravalle nel 1138. Bernardo, felicitandosi per l’elezione, gli ricordava curiosamente che si diceva «che non siete voi a essere papa, ma io e ovunque, chi ha qualche problema si rivolge a me» e che era stato proprio lui, Bernardo, ad «averlo generato per mezzo del Vangelo».

Eugenio III incaricò Bernardo di predicare a favore della nuova crociata che si stava preparando e che avrebbe dovuto essere composta soprattutto da francesi, ma Bernardo riuscì a coinvolgere anche i tedeschi. La crociata fu un completo fallimento che Bernardo giustificò, nel suo trattato La considerazione, con i peccati dei crociati, che Dio aveva messo alla prova.

Lo stesso trattato, finito di comporre nel 1152, si occupava anche dei compiti del papato e Bernardo lo mandò a papa Eugenio che si dibatteva con le difficoltà procurategli dall’opposizione dei repubblicani romani, guidati da Arnaldo da Brescia.

Le condizioni di salute di Bernardo cominciano a peggiore alla fine del 1152: ebbe ancora la forza di intraprendere un viaggio fino a Metz, in Lorena, per mettere fine ai disordini che travagliavano quella città. Tornato a Chiaravalle, apprese la notizia della morte di papa Eugenio, avvenuta l’8 luglio 1153 e morì il mese dopo.

Rivestito con un abito appartenuto al vescovo San Malachia, del quale aveva appena finito di scrivere una biografia, viene sepolto davanti all’altare della sua abbazia. (fonte Cathopedia)

Altri Santi che la Chiesa commemora il 20 agosto

San Samuele, profeta – Commemorazione di san Samuele, profeta, che, chiamato da Dio fin da piccolo e divenuto poi giudice in Israele, unse, per ordine del Signore, Saul re sul suo popolo; e dopo che Dio ebbe ripudiato costui per la sua infedeltà, diede l’unzione regale anche a Davide, dalla cui stirpe sarebbe nato Cristo. (dal Martirologio)

San Massimo, monaco – Presso Chinon nel territorio di Tours nella regione dell’Aquitania in Francia, san Massimo, discepolo di san Martino, che, dapprima monaco sulla Île-Barbe a Lione, fondò poi sul fiume Vienne un monastero, nel quale morì ormai carico di giorni. (dal Martirologio)

San Filiberto, abate – Nell’isola di Noirmoutier sempre in Aquitania, san Filiberto, abate, che, educato alla corte del re Dagoberto e divenuto monaco quando era ancora adolescente, fondò e resse dapprima il cenobio di Jumièges e poi quello di Noirmoutier. (dal Martirologio)

Santi martiri Leovigildo e Cristoforo, monaci – A Córdova nell’Andalusia in Spagna, santi martiri Leovigildo e Cristoforo, monaci, che, durante la persecuzione dei Mori, professarono spontaneamente la fede in Cristo davanti al giudice e furono per questo decapitati, ottenendo la palma del martirio. (dal Martirologio)

Santa Maria de Mattias, vergine – A Roma, santa Maria de Mattias, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore dell’Adorazione del Preziosissimo Sangue di Cristo. (dal Martirologio)

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