14 febbraio, San Valentino: origini e storia del patrono (e della festa) degli innamorati
Sfatiamo miti e leggende: la vera storia del santo vescovo protettore degli innamorati, le cui spoglie riposano a Terni
Cioccolatini, fiori, cuoricini… Il 14 febbraio si celebra l’amore, o meglio, gli innamorati e il loro patrono, ovvero San Valentino di Terni, vescovo e martire cristiano. Venerato dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e anche anglicana, Valentino è considerato anche il protettore degli epilettici.
La più antica notizia di Valentino di Terni è in Martyrologium Hieronymianum, un documento ufficiale della Chiesa databile tra il V e il VI secolo d.C., dove compare il suo nome e data di morte. Nell’VIII secolo viene poi scritta la Passio Sancti Valentini, che narra alcuni particolari relativi martirio, dalla tortura alla decapitazione notturna, fino alla sepoltura a Terni.
Chi era San Valentino?
Nato a Interamna Nahars (oggi Terni) da una famiglia patrizia nel 176, fu convertito al cristianesimo e consacrato vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni. Diverse le leggende che ruotano attorno alla figura di questa figura.
Tra le più celebri c’è quella della dote donata a una giovane che, altrimenti, non avrebbe potuto convolare a nozze. Un’altra leggenda è legata alle rose: si dice che lasciava giocare i bambini nel cortile della sua abitazione e, al momento del rientro a casa, donava loro delle rose da donare ai genitori, così da alimentare l’amore tra i coniugi.
Certamente il vescovo era molto popolare e godeva di grande consenso. Si dice anche che abbia compiuto diversi miracoli. Si racconta che ridiede la vista a una ragazza pagana e da allora lei e la sua famiglia abbracciarono la fede cristiana.
Invitato dall’imperatore Claudio II il Gotico a sospendere le celebrazioni religiose e ad abiurare la propria fede, Valentino rifiutò di farlo, tentando anzi di convertire l’imperatore al cristianesimo. Claudio lo graziò e lo affidò a una famiglia di patrizi.
Valentino, forte della sua fede, continuò a celebrare i riti cristiani, celebrando anche il matrimonio tra il legionario romano Sabino e la cristiana Serapia. Questo, secondo alcune fonti dell’epoca, sarebbe stato il motivo della sua esecuzione capitale. Il rito fu comunque celebrato in fretta poiché la giovane era ammalata e infatti morì subito dopo il matrimonio. Anche il legionario morì immediatamente dopo, a causa del troppo dolore per la prematura scomparsa del suo amore.
Appresa la notizia delle nozze, l’imperatore Aureliano (succeduto a Claudio II) lo fece arrestare e ne decretò la morte. L’impero continuava nelle sue persecuzioni contro i cristiani e, poiché la popolarità di Valentino era molto alta, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori città per timore che la popolazione potesse insorgere per difenderlo.
E fu proprio lungo la via Flaminia che Valentino fu flagellato e decapitato il 14 febbraio 273, a 97 anni, per mano del soldato romano Furius Placidus. La festa di San Valentino fu istituita nel 496 da papa Gelasio I, andando a sostituirsi alla precedente festa pagana dei lupercalia, presumibilmente anche con lo scopo di cristianizzare la festività romana.
Alla sua diffusione, soprattutto in Francia e in Inghilterra, contribuirono i Benedettini, attraverso i loro numerosi monasteri, essendo stati affidatari della basilica di San Valentino a Terni dalla fine della seconda metà del VII secolo.
Dai lupercalia alle valentine
Nei giorni intorno alla metà di febbraio, nell’Antica Roma era usanza celebrare i lupercalia, feste di radice arcaica legate al ciclo di morte e rinascita della natura, alla sovversione delle regole e alla distruzione dell’ordine per permettere al mondo e alla società di purificarsi e rinascere.
Queste feste erano accompagnate da vari rituali, mascherate, cortei, e giornate in cui i servi prendevano il posto dei padroni e viceversa, con l’intento di innescare un processo appunto di rinascita rimettendo in atto il caos primigenio. Parte di queste manifestazioni ritualistiche è sopravvissuta fino a oggi, mediata dalla morale cristiana, in quello che oggi conosciamo col nome di Carnevale.
Alcune pratiche prevedevano che le donne di Roma si sottoponessero, in mezzo alle strade, ai colpi vibrati da gruppi di giovani uomini nudi, armati di fascine di rami strette da spaghi. Attraverso le frustate di questi uomini, “regrediti” alla condizione ancestrale e divina della sessualità libera, impersonata dal dio agreste Fauno-Luperco, le donne ricevevano una benedizione che ne propiziava la fertilità.
Questi riti furono definite deplorevoli già nel tardo Impero Romano, e furono definitivamente bandite dai papi cristiani. Sembra che fu proprio Papa Gelasio I a istituire, sul ceppo reciso dei Lupercali, la festività dedicata all’amore, in questo caso romantico e privo di riferimenti espliciti alla sessualità, ma, nel solco della tradizione biblica, comunque fertile e fruttuoso, finalizzato alla riproduzione, associandola idealmente alla protezione del santo Valentino.
Sebbene la figura del Santo sia nota anche per il messaggio d’amore, il collegamento con gli innamorati è quasi certamente posteriore, e la questione della sua origine è controversa. Secondo alcuni ci sarebbe lo zampino di Geoffrey Chaucer, che nel “Parlamento degli Uccelli” associa la ricorrenza al fidanzamento di Riccardo II d’Inghilterra con Anna di Boemia.
Tuttavia, studiosi come Henry Kelly e altri hanno messo in dubbio questa interpretazione. Il fidanzamento di Riccardo II infatti sarebbe da collocare al 3 maggio, giorno dedicato sì a San Valentino ma di Genova e non il martire di Terni.
Pur rimanendo incerta l’evoluzione storica della ricorrenza, ci sono alcuni riferimenti storici, i quali fanno ritenere che la giornata di San Valentino fosse dedicata agli innamorati già dopo l’anno mille. Fra questi, c’è la fondazione a Parigi, il 14 febbraio 1400, dell’”Alto Tribunale dell’Amore”, un’istituzione ispirata ai princìpi dell’amor cortese. Il tribunale aveva lo scopo di decidere su controversie legate ai contratti d’amore, ai tradimenti e alla violenza contro le donne. I giudici venivano selezionati in base alla loro familiarità con la poesia d’amore.
Anche i termini “valentina” e “valentino” sono di origine rinascimentale. La più antica lettera in nostro possesso risale al XV secolo e fu scritta da Carlo d’Orléans, all’epoca detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Agincourt (1415) a sua moglie Bonne di Armagnac, alla quale scrive: Je suis desja d’amour tanné, ma tres doulce Valentinée… ovvero: Sono già malato d’amore, mia dolcissima valentina.
Anche Shakespeare ha contribuito a consolidare il legame tra San Valentino e gli innamorato: nell’Amleto, durante la scena della pazzia di Ofelia (scena V dell’atto IV), la fanciulla canta vaneggiando: “Domani è San Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina”.
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