14 agosto: San Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, sacerdote e martire

La Chiesa ricorda oggi il frate francescano che si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia destinato al bunker della fame nel campo di concentramento di Auschwitz

Memoria di san Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, fondatore della Milizia di Maria Immacolata, fu deportato in diversi luoghi di prigionia e, giunto infine nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, si consegnò ai carnefici al posto di un compagno di prigionia, offrendo il suo ministero come olocausto di carità e modello di fedeltà a Dio e agli uomini. (dal Martirologio)

Nato con il nome di Raimondo in una povera famiglia in una zona polacca sotto il controllo della Russia, dal 1907 frequentò la scuola media dei francescani a Leopoli. Il 4 settembre 1910 vestì l´abito francescano. Nel 1912 cominciò a studiare filosofia a Cracovia e nello stesso anno si trasferì a Roma per continuare gli studi.

Nel 1914 professò i voti perpetui e il 22 novembre 1915 conseguì la laurea in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana.

Favorito da un carattere molto socievole, Raimondo Kolbe riusciva molto facilmente a creare rapporti di amicizia con la maggioranza dei suoi compagni di seminario, in particolare si potrebbe segnalare quella con Bronislao Stryczny e con Ladislao Dubaniowski. Stryczny fu internato come lui nei campi di sterminio nazista, ma sopravvisse miracolosamente al campo di concentramento nazista di Dachau e finì i suoi giorni il 14 agosto 1941.

Nel cammino vocazionale, lui e il fratello ebbero qualche ripensamento, ma nell’incertezza intervenne anche la loro mamma. In una delle sue visite accadde qualcosa di misterioso. Nessuno sa quello che disse Maria Dabrowska Kolbe, fatto sta che i ragazzi tornarono sui loro passi: Raimondo iniziò il noviziato e gli fu dato il nome di Massimiliano, senza avere il minimo rimpianto.

Durante l’anno scolastico 1910-1911, i superiori assegnarono a padre Bronislao, più anziano e con esperienza, il compito di occuparsi del suo compagno di stanza Massimiliano, durante l’ultimo attacco di scrupoli, manifestatosi in maniera improvvisa e violenta. A lui fu detto di aprirsi completamente ai consigli di Padre Bronislao, del quale faceva bene a seguire ogni minimo consiglio. La cura ebbe il successo sperato.

Il 15 settembre 1911 Massimiliano e gli altri novizi emisero i voti temporanei come francescani conventuali. I suoi superiori apprezzarono le doti intellettuali del giovane Kolbe che fu inviato a Roma per perfezionarsi negli studi. Nei primi tre anni trascorsi alla Pontificia Università Gregoriana, si dedicò alle scienze e alla matematica, compresa la trigonometria, la fisica e la chimica, poi allo studio della filosofia e della teologia, grazie alle quali conseguì due lauree, una nella sede dell’università stessa e l’altra al Collegio Internazionale Francescano.

Negli studi universitari mostrava un acume davvero eccezionale: Uno dei suoi insegnanti Padre Domenico Stella.

Un altro professore, Padre Leone Cicchino, lo chiamava sorridendo, “un vero impiastro, uno che, più vai avanti, più ti assedia con un’ infinità di domande”. Poi tornando serio, Cicchino aggiungeva: “era il giovane più dotato tra quelli con cui sono stato in contatto durante quel periodo. Aveva un raro talento naturale.”

I suoi compagni studenti non si soffermano sulla sua intelligenza e questo perché Kolbe la usava con discrezione, con delicatezza e non gli fu mai attribuito il titolo di “sgobbone”.

Le lettere di Kolbe e i commenti degli osservatori lo mostrano in continua crescita spirituale, in quell’amore di Dio che suscita nel cristiano il desiderio di protendersi a tutta l’umanità, di far conoscere e di far amare Dio, Padre buono per tutti gli uomini. Provava in tutti i modi ad avvicinare coloro che si professavano atei o che organizzavano qualcosa contro la Chiesa.

Esistevano pericoli politici causati da un nazionalismo rampante e dal comunismo, pericoli sociali dati da una continua industrializzazione, dal materialismo e dallo sviluppo dei mass-media, a cominciare dalla radio e dai film. Incominciò a studiare tutto, dal comunismo all’industria dello spettacolo e, veder quali aspetti positivi presentano, per poi costruire su queste basi.

Nel bel mezzo dei suoi studi spirituali e intellettuali, Massimiliano contrasse la tubercolosi. Mentre stava giocando a calcio in un’assolata giornata di estate, come lui stesso ricorda in seguito, tutto a un tratto sentì qualcosa salire alla bocca. Era sangue. Il dottore gli ordinò di mettersi a letto e Massimiliano disse tra sé: sembra proprio la fine; ma non lo era, anche se di tanto in tanto avrebbe sofferto di serie ricadute per il resto della vita.

Pian piano aveva capito che doveva combattere per Dio, sotto la guida di Maria, non una battaglia vera e proprio, ma una battaglia spirituale. Per chissà quale ragione, fu proprio quando fisicamente era in queste condizioni che, con il permesso del suo Rettore, Massimiliano iniziò a reclutare membri per una Milizia Spirituale. Per la maggior parte amici molto stretti.

Il 22 luglio 1919 ricevette la sua seconda laurea, in teologia: aveva 25 anni. Il giorno successivo partì per la Polonia. Da uomo di cultura, Massimiliano Kolbe si è posto l’eterno interrogativo sull’essere supremo. Egli prima di dare una risposta su Dio cerca di dare una risposta sull’uomo.

Durante tutta la sua vita di religioso Massimiliano si spese principalmente per promuovere la venerazione di Maria, madre di Gesù. Cosciente dell’impegno soprattutto teologico e intellettuale che il suo Ordine religioso aveva speso nei secoli per promuovere il riconoscimento dell’Immacolata Concezione di Maria, nel 1917 con altri suoi confratelli fondò la “Milizia dell’Immacolata”, per dare continuità anche sul fronte esistenziale e pastorale al legame dei Frati Minori Conventuali con Maria Immacolata.

L’obiettivo dell’associazione era la diffusione nel mondo della devozione a Maria, utilizzando anche i mezzi permessi dalla tecnologia, quali la stampa e successivamente anche la radio.

In questo senso va vista la pubblicazione della rivista “Il Cavaliere dell’Immacolata”, stampato dagli stessi frati francescani e arrivato a una tiratura di più di 120.000 copie alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Negli anni venti fondò in Polonia, non lontano da Varsavia, un convento chiamato Niepokalanow, cioè “Città di Maria” (letteralmente: “Proprietà dell’Immacolata”). Sottolineando l’importanza della devozione a Maria, Kolbe amava ripetere che “Chi ha Maria per madre, ha Cristo per fratello”.

Pur con un fisico indebolito dalla tubercolosi, nel 1930 partì come missionario alla volta del Giappone dove rimase fino al 1935. Qui fondò a Nagasaki un’altra Città di Maria, una Mugenzai no Sono (“Giardino dell’Immacolata”) e la rivista, in lingua giapponese, «Mugenzai no seibo no kishi» («Il Cavaliere dell’Immacolata»).

Nel convento di Niepokalanow, in Polonia, alla vigilia del conflitto mondiale c’erano quasi 1.000 tra frati professi, novizi e seminaristi. Il convento cattolico più grande del mondo: era quasi una città autonoma. Nei primi anni della guerra offrì riparo a numerosi rifugiati polacchi, compresi molti ebrei.

Nel mese di maggio 1941 fu arrestato dalle SS e portato nel campo di prigionia di Auschwitz, immatricolato con il numero 16670.

Alla fine del mese di luglio dello stesso anno un uomo del block di Kolbe era riuscito a fuggire dal campo: per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame.

Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio fu concesso. I campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e le azioni “generose” non erano accolte volentieri.

Dopo due settimane senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi il 14 agosto 1941 con una iniezione di acido fenico e il loro corpo fu poi cremato.

Dopo la sua morte la madre riportò un episodio che Massimiliano le aveva raccontato quando aveva circa 10 anni: disse che gli era apparsa la Vergine Maria con due mazzi di fiori, uno rosso e uno bianco, chiedendogli quale volesse. Il bambino disse che li voleva tutti e due. Alla mattina, svegliandosi, li trovò entrambi sul suo cuscino. Il mazzo bianco rappresentava una vita pura al servizio di Dio, quello rosso il sangue che avrebbe sparso con il martirio. Vedendo la sua vita a posteriori si può dire che ha avuto gli aspetti caratterizzati dai due mazzi di fiori.

Francesco Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995.

Kolbe fu beatificato il 17 ottobre 1971 da Paolo VI e canonizzato il 10 ottobre 1982 da Giovanni Paolo II, suo conterraneo. Il giorno della canonizzazione, papa Wojtyla nell’omelia lo definì “santo martire, patrono speciale per i nostri difficili tempi, patrono del nostro difficile secolo” e “martire della carità”. A questa cerimonia era presente anche Francesco Gajowniczek.

Altri Santi che la Chiesa commemora il 14 agosto

Sant’Ursicino, martire – Nell’Illirico, nell’odierna Croazia, sant’Ursicino, martire. (dal Martirologio)

San Marcello, vescovo e martire – Ad Apamea in Siria, san Marcello, vescovo e martire, ucciso dalla furia dei pagani per aver abbattuto un tempio dedicato a Giove. (dal Martirologio)

Sant’Eusebio – A Roma, sant’Eusebio, fondatore della basilica del suo titolo sul colle Esquilino. (dal Martirologio)

San Fachanano, vescovo e abate – A Ross in Irlanda, san Fachanano, vescovo e abate, che fondò in questo luogo un monastero, celebre per l’insegnamento delle scienze sacre e umane. (dal Martirologio)

Sant’Arnolfo, vescovo – Ad Altenburg nelle Fiandre, ora in Germania, transito di sant’Arnolfo, vescovo di Soissons, che da soldato si fece monaco e, eletto poi vescovo, si adoperò per la pace e la concordia, morendo, infine, nel monastero da lui stesso fondato. (dal Martirologio)

Santi martiri Domenico Ibáñez de Erquicia e Francesco Shoyemon – A Nagasaki in Giappone, santi martiri Domenico Ibáñez de Erquicia, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, e Francesco Shoyemon, novizio nel medesimo Ordine e catechista, uccisi in odio al nome di Cristo sotto il comandante supremo Tokugawa Yemitsu. (dal Martirologio)

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