13 dicembre: Santa Lucia, vergine e martire
Oggi si commemora una vergine che morì martire durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa, considerata la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini
Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto. (dal Martirologio)
Nell’introduzione al romanzo storico Lucia di René du Mesnil de Maricourt, Ampelio Crema informa che la prima e fondamentale testimonianza sull’esistenza di Lucia proviene da un’iscrizione greca scoperta a Siracusa nel giugno 1894 dal professor Paolo Orsi nella catacomba di san Giovanni: l’epigrafe, dedicata da un siracusano alla moglie Euschia alla fine del IV secolo o all’inizio del V secolo, prova l’esistenza di una forte devozione per la santa, il cui anniversario era già commemorato da una festa liturgica.
Di santa Lucia esiste a Siracusa il loculo, cioè la tomba primitiva, sulla quale fin dai tempi antichi sorse una chiesa, rifatta poi nel Seicento.
Inoltre, come ha scritto Piero Bargellini nel suo libro I Santi del giorno, “esistono iscrizioni, che testificano una remota e fervida devozione per la Martire e un culto liturgico già stabilito dai primi secoli. Infine, esiste una di quelle “Passioni” con le quali la devozione dei fedeli ha ricamato di fantasia, sopra un canovaccio certamente storico”.
Gli Atti del suo martirio, il cosiddetto Codice Papadopulo, narrano di una giovane, orfana di padre, appartenente a una ricca famiglia di Siracusa, che era stata promessa in sposa a un pagano.
La madre di Lucia, Eutichia, da anni ammalata, aveva speso ingenti somme per curarsi, ma nulla le era giovato. Fu così che Lucia ed Eutichia, unendosi a un pellegrinaggio di siracusani al sepolcro di sant’Agata nel dies natalis della vergine e martire catanese, pregarono sant’Agata affinché intercedesse per la guarigione della donna. Durante la preghiera Lucia si assopì e vide in sogno sant’Agata in gloria che le diceva: «Lucia, perché chiedi a me ciò che puoi ottenere tu per tua madre?».
Nella visione sant’Agata le preannunciava anche il suo patronato sulla città di Siracusa. Ritornata a Siracusa e constatata la guarigione di Eutichia, Lucia comunicò alla madre la sua ferma decisione di consacrarsi a Cristo. Il pretendente, insospettito e preoccupato nel vedere la desiderata sposa vendere tutto il suo patrimonio per distribuirlo ai poveri, verificato il rifiuto di Lucia, la denunciò come cristiana. Erano in vigore i decreti di persecuzione dei cristiani emanati dall’imperatore Diocleziano.
Il processo che Lucia sostenne dinanzi all’arconte Pascasio attesta la fede e anche la fierezza di questa giovane donna nel proclamarsi cristiana. Il dialogo serrato tra lei e il magistrato vede addirittura quasi ribaltarsi le posizioni, tanto da vedere Lucia quasi mettere in difficoltà l’Arconte che, per piegarla all’abiura, la sottopone e tormenti.
Lucia esce illesa da ogni tormento fino a quando, inginocchiatasi, viene decapitata. Prima di morire annuncia la destituzione di Diocleziano e la pace per la Chiesa.
È privo di ogni fondamento e assente nelle molteplici narrazioni e tradizioni, almeno fino al XV secolo, l’episodio di Lucia che si strappa gli occhi. L’emblema degli occhi sulla tazza, o sul piatto, è da ricollegarsi, semplicemente, con la devozione popolare che l’ha sempre invocata protettrice della vista a causa del suo nome Lucia (dal latino Lux, “luce”).
La sua iconografia vede spesso gli occhi accompagnati dal pugnale conficcato in gola. Il motivo di questa raffigurazione è da spiegarsi con il racconto dei cosiddetti Atti latini che descrivono la morte di Lucia per jugulatio piuttosto che per decapitazione.
Storicamente attestato, grazie anche a una testimonianza scritta lasciataci da un testimone oculare, il canonico Antonino De Michele, è quello che è passato alla storia come il miracolo della fine della carestia del 1646. La domenica 13 maggio 1646, a chiusura di un ottavario di preghiera per la cessazione della carestia, durante il quale il simulacro di Santa Lucia era stato esposto alla pubblica venerazione presso l’altare maggiore della Cattedrale, una colomba fu vista volteggiare dentro il Duomo durante la Messa celebrata dal vescovo Elia de’ Rossi.
Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunciò l’arrivo al porto di un bastimento carico di cereali. La popolazione tutta vide in quella nave la risposta data da santa Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte.
Priva di fondamento la leggenda che vuole che in quell’occasione i siracusani cucinarono di fretta i cereali per nutrirsene, facendo così nascere la tradizione della cuccìa. La cuccìa, un dolce a base di ricotta e frumento tipico della Sicilia occidentale, non è mai stato un dolce tipico siracusano. È stato introdotto a Siracusa, più come elemento folkloristico che tradizionale, negli anni Ottanta, da alcune pasticcerie siracusane.
Inoltre, secondo una leggenda priva di fondamento oggettivo, la discendenza della santa siracusana proverrebbe direttamente dalla famiglia di Archimede, così le due figure più importanti della città sarebbero legate a un unico ramo genealogico.
La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all’introduzione del calendario moderno (1582) la festa cadeva in prossimità del giorno del solstizio d’inverno (da cui il detto “santa Lucia il giorno più corto che ci sia”) ma non vi coincideva nei paesi che adottarono subito il nuovo calendario (differenza di 10 giorni).
Nei paesi nordici, che adottarono questo calendario circa duecento anni più tardi, il solstizio cadeva, invece, proprio il 13 dicembre (calendario gregoriano). È curioso notare che questa tradizione si può applicare nell’ambito del calendario gregoriano, avendo però l’accortezza di interpretare il “giorno più corto” come il giorno in cui il sole tramonta prima; comunque, l’associazione non è assoluta, in quanto nell’emisfero sud della Terra è uno dei giorni più lunghi dell’anno.
La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d’inverno, è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebravano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell’emisfero nord.
Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d’inverno come ad esempio la festa di Hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di dipavali celebrata in India.
È considerata dai devoti la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli occhi.
Il corpo della santa, prelevato in epoca antica dai Bizantini a Siracusa, è stato successivamente trafugato dai Veneziani che conquistarono Costantinopoli (l’attuale Istanbul) dove è attualmente conservato e venerato nella chiesa di San Geremia a Venezia. Le sacre spoglie della santa siracusana tornarono eccezionalmente a Siracusa per sette giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17º centenario del suo martirio.
L’arrivo e la partenza delle spoglie furono salutati da una incredibile folla di siracusani; riscontrata l’elevatissima partecipazione e devozione dei devoti, siracusani e non, da allora si è fatta strada la possibilità di un ritorno definitivo tramite alcune trattative tra l’Arcivescovo di Siracusa Giuseppe Costanzo e il Patriarca di Venezia Angelo Scola.
In Svezia Lucia è molto venerata, sia dalla chiesa cattolica, che da quella luterana. I bambini preparano biscotti e dolciumi a partire dal 12 dicembre. La mattina del 13, la figlia maggiore della famiglia si alza ancor prima dell’alba e si veste con un lungo abito bianco legato in vita da una cintura rossa; la testa è ornata da una corona di foglie e da sette candele utili per vedere chiaramente nel buio.
Le sorelle, che indossano una camicia bianca, simboleggiano le stelle. I maschi indossano cappelli di paglia e portano lunghi bastoni decorati con stelline. La bambina vestita come santa Lucia sveglia gli altri membri della famiglia e serve loro i biscotti cucinati il giorno precedente.
Nel paese scandinavo è diffusa una tradizionale canzone di santa Lucia (Luciasången) che non è altro che la celebre “santa Lucia” napoletana adattata con un testo in lingua svedese. In diverse città alcune bambine sfilano vestite come santa Lucia intonando il Luciasången di casa in casa.
Ogni anno c’è un’elezione per la Lucia di Svezia che, infine, raggiunge la città siciliana di Siracusa, durante i festeggiamenti di santa Lucia, partecipando anche alla processione dell’ottava, quando il simulacro di santa Lucia viene ricondotto in Duomo.
Altri Santi che la Chiesa commemora il 13 dicembre
Sant’Antioco, martire – Nel promontorio di Sulcis in Sardegna, sant’Antioco, martire. (dal Martirologio)
Sant’Aristone, martire – Presso l’odierna Fiumicino, sant’Aristone, martire. (dal Martirologio)
Santi Eustrazio, Aussenzio, Eugenio, Mardario e Oreste, martiri – In Armenia, santi Eustrazio, Aussenzio, Eugenio, Mardario e Oreste, martiri. (dal Martirologio)
San Giudoco, sacerdote ed eremita – Nella Neustria settentrionale, ora in Francia, san Giudoco, sacerdote ed eremita, che, figlio di Giutaele, re della Bretagna, e fratello di san Giudicaele, per non essere costretto a succedere al padre, lasciò la patria e si ritirò a vita eremitica. (dal Martirologio)
Sant’Autbero, vescovo – A Cambrai nell’Austrasia, in Francia, sant’Autbero, vescovo. (dal Martirologio)
Santa Ottilia, vergine e badessa – Nel territorio di Strasburgo nell’antica Burgundia in Francia, santa Ottilia, vergine e prima badessa del monastero di Hohenbourg fondato da suo padre, il duca Adalríco. (dal Martirologio)
Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal – Nel monastero della Visitazione a Moulins in Francia, anniversario della morte di santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, la cui memoria si celebra il 12 agosto. (dal Martirologio)
Santi Pietro Cho Hwa-so e cinque compagni, martiri – Nel territorio di Tiyen-Tiyou in Corea, santi Pietro Cho Hwa-so, padre di famiglia, e cinque compagni, martiri, che, sebbene tentati dal mandarino con promesse e torture a rinnegare la religione cristiana, resistettero fino alla decapitazione. I loro nomi sono: santi Pietro Yi Myong-so e Bartolomeo Chong Mun-ho, padri di famiglia; Pietro Son Son-Ji, padre di famiglia e catechista; Giuseppe Pietro Han Chaekwon, prima catechista; Pietro Chong Won ji, adolescente. (dal Martirologio)
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