Terra Santa, il Papa: “Israele e Palestina, due Stati vicini. Non smettiamo di sognare la pace”
Il Pontefice prega per la pace in Terra Santa nei Giardini Vaticani accanto all’ulivo piantato dieci anni fa da Abbas e Shimon Peres. Francesco invoca nuovamente la soluzione di due popoli due stati e tuona: “urgente che dalle macerie di Gaza si levi finalmente la decisione di fermare le armi e, perciò, chiedo che ci sia un cessate-il-fuoco
Città del Vaticano – “Non smettiamo di sognare la pace, che ci regala la gioia inattesa di sentirci parte di un’unica famiglia umana”. A otto mesi dalla riaccensione della guerra tra Israele e Palestina, e a dieci anni esatti dall’incontro, voluto da Bergoglio, tra il compianto presidente d’Israele, Shimon Peres, e Mahmoud Abbas, presidente dello Stato di Palestina, alla presenza del Patriarca Bartolomeo I e una rappresentanza di cristiani, ebrei e musulmani della Terra Santa.
La cerimonia allora si concluse con la piantumazione di un albero di ulivo. Oggi il Pontefice è tornato a pregare per la pace proprio accanto a quell’albero, oramai alto e rigoglioso, alla presenza del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, tra cui gli ambasciatori di Israele e Palestina, ventitré cardinali e due rappresentanze della comunità islamica ed ebraica della Capitale, guidate rispettivamente da Abdallah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia, e il rabbino Alberto Funaro, responsabile del Tempio Maggiore di Roma. Presenti, tra gli altri, anche gli ambasciatori di Ucraina e Russia.
Il tutto dura pochi minuti: Francesco arriva in golf car nello spiazzo verde. Prende posto sulla poltrona bianca, sistemata accanto all’ulivo. Sullo sfondo si staglia il cupolone. Il Papa ricorda l’evento di dieci anni fa, e nel breve discorso che pronuncia spiega quanto sia importante oggi farne memoria: “Da mesi ormai assistiamo a una crescente scia di ostilità e vediamo morire sotto i nostri occhi tanti innocenti”.
La guerra, ribadisce il Santo Padre citando la Fratelli tutti, ogni “guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità”. Oggi non possiamo illuderci “che la guerra possa risolvere i problemi e portare alla pace”, al contrario, ammonisce, “dobbiamo essere critici e vigilanti verso un’ideologia oggi purtroppo dominante, secondo cui il conflitto, la violenza e le fratture fanno parte del funzionamento normale di una società”.
In un tempo segnato da tragici conflitti, rimarca Bergoglio, “c’è bisogno di un rinnovato impegno per edificare un mondo pacifico”. “A tutti, credenti e persone di buona volontà, vorrei dire: non smettiamo di sognare la pace e di costruire relazioni di pace!”, ammonisce.
Due Stati uno accanto all’altro
Con lo sguardo rivolto alla Terra Santa, martoriata dagli orrori del conflitto, Papa Francesco rivela di pensare quotidianamente “a tutti coloro che soffrono, in Israele e Palestina: ai cristiani, agli ebrei e ai musulmani”. Ora, tuona il Pontefice, “è urgente che dalle macerie di Gaza si levi finalmente la decisione di fermare le armi e, perciò, chiedo che ci sia un cessate-il-fuoco”. Non solo: Bergoglio torna a chiedere anche che “gli ostaggi israeliani siano liberati il prima possibile” e che “la popolazione palestinese sia protetta e riceva tutti gli aiuti umanitari necessari”.
Nel cuore del Santo Padre c’è spazio anche per “i tanti sfollati a causa dei combattimenti, e chiedo che presto le loro case vengano ricostruite perché possano ritornarvi in pace”. Una pace che potrebbe arrivare con la soluzione dei due popoli due Stati, nuovamente invocata questa sera dal Pontefice: “Tutti dobbiamo lavorare e impegnarci affinché si raggiunga una pace duratura, dove lo Stato di Palestina e lo Stato d’Israele possano vivere l’uno accanto all’altro, abbattendo i muri dell’inimicizia e dell’odio; tutti dobbiamo avere a cuore Gerusalemme, affinché diventi la città dell’incontro fraterno tra cristiani, ebrei e musulmani, tutelata da uno statuto speciale garantito a livello internazionale”.
La pace: un dono da chiedere a Dio
La pace, di cui non solo la Terra Santa ha bisogno, è però un dono da chiedere “a Dio” perché la pace, sottolinea il Pontefice, “non si fa soltanto sugli accordi di carta o sui tavoli dei compromessi umani e politici. Essa nasce da cuori trasformati, sorge quando ciascuno di noi viene raggiunto e toccato dall’amore di Dio”.
Non ci può essere pace se prima non lasciamo che Dio stesso disarmi il nostro cuore, per renderlo ospitale, compassionevole e misericordioso.
Questa sera, prosegue il Pontefice, “vogliamo ancora innalzare a Dio la nostra supplica per la pace, come dieci anni fa. Vogliamo chiedere al Signore di far crescere ancora l’ulivo che quel giorno abbiamo piantato: è già diventato forte e rigoglioso, perché è stato riparato dai venti ed è stato annaffiato con cura. Allo stesso modo, dobbiamo chiedere a Dio che la pace possa germogliare nel cuore di ogni uomo, in ogni popolo e Nazione, in ogni lembo di terra, al riparo dai venti di guerra e innaffiato da coloro che ogni giorno si impegnano a vivere nella fraternità”.
“Non smettiamo di sognare la pace – ripete ancora Francesco -, che ci regala la gioia inattesa di sentirci parte di un’unica famiglia umana”. Una gioia, prosegue, “vista qualche giorno fa a Verona, sul volto di quei due papà, un israeliano e un palestinese, che si sono abbracciati davanti a tutti. Di questo hanno bisogno Israele e Palestina: di un abbraccio di pace! (leggi qui)”.
“Chiediamo allora al Signore che i Capi delle Nazioni e le parti in conflitto possano ritrovare la via della concordia e dell’unità. Che tutti si riconoscano fratelli”, l’invocazione finale del Papa, che conclude il suo intervento recitando la stessa preghiera che dieci anni fa compose per quello storico evento:
Signore, Dio di pace, ascolta la nostra supplica! Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace.
Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra!
Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen.
Terminato il momento di preghiera, il Papa fa avvicinare a sé il Funaro e Redouane, assieme agli ambasciatori di Israele e Palestina presso la Santa Sede: insieme, quasi a imitare quanto avvenuto due lustri fa, innaffiano l’ulivo piantato nel 2014. In sedia a rotelle, accompagnato dal nuovo maggiordomo (leggi qui), Francesco saluta uno ad uno tutti i presenti. Poi, in golf car, rientra a Santa Marta.
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