Quella volta che Benedetto XVI incitò i giovani a ribellarsi alla mafia

Chiesa e mafia: tra il “Convertitevi!” di Giovanni Paolo II e la scomunica (mai applicata) lanciata da Francesco c’è anche un appello di Benedetto XVI

Città del Vaticano – Definirsi cattolico e allo stesso tempo “uomo d’onore” è palesemente un ossimoro. Quello che più stupisce non è il fatto che nel corso degli anni la mafia abbia usato, o meglio, strumentalizzato la pietà popolare, i riti e le gerarchie della Chiesa cattolica fino a ribaltarle completamente per perseguire i propri scopi, bensì il ruolo dell’Istituzione ecclesiastica, rimasta in silenzio per anni. Un silenzio pesante interrotto solo negli anni ’80 del Novecento, quando la Sicilia è costantemente sulle prime pagine dei quotidiani nazionali ed esteri.

Prima dei Papi, il primo alto ministro della Chiesa a riconoscere esplicitamente l’esistenza della criminalità organizzata fu il cardinale Salvatore Pappalardo. Fecero scalpore alcune delle frasi pronunciate il 4 settembre 1982, durante l’omelia per il funerale del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, quando citò Tito Livio: dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata), considerata un duro atto d’accusa contro lo Stato nella stagione degli omicidi eccellenti.

Il 25 maggio 1992 celebrò i funerali solenni, nella chiesa di San Domenico a Palermo, di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti della scorta. Esattamente un anno dopo, nel maggio del 1993, Giovanni Paolo II, nella Valle dei Templi, pronuncia il prima grande anatema nei confronti della mafia.

Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!

Diversi anni più tardi, un altro Papa, di origini argentine, pronuncerà (finalmente) una scomunica nei confronti dei mafiosi. Francesco lo fa visitando la Calabria, un’altra terra martoriata dalle stragi di mafia, nel giorno della solennità del Corpus Domini. Il Pontefice, che prima di celebrare messa aveva fatto visita ai carcerati nella Casa Circondariale di Castrovillari, tuona nella piana di Sibari:

La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! […] Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!

Un grande applauso di gioia accoglie quelle parole, anche se, a distanza di dieci anni, la scomunica ai mafiosi non è stata ancora applicata. In Vaticano, infatti, vi è ancora una commissione ad hoc che sta studiando come mettere nero su bianco la definizione di peccato di mafia.

Meno eco mediatico ebbero però le parole che Benedetto XVI, nel 2010, pronunciò in terra di Sicilia. Incontrando i giovani i piazza Politeama, prima di far rientro a Roma, sulla scia del suo predecessore, rimarcò quel confine che esiste tra religione cristiana e mafia. E se Wojtyla nella sua invettiva tuonò contro i mafiosi, Ratzinger, con parole dolci, si rivolse ai chi, in quella terra bagnata dal sangue di tanti martiri, sia per lo Stato che per la Chiesa, ci era nato da pochi anni:

Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i nostri Vescovi hanno detto e dicono!

In quell’assolato pomeriggio del 3 ottobre, Benedetto XVI incitò i giovani a ribellarsi alla logica mafiosa, infondendo nei loro cuori la speranza di un mondo migliore, seguendo dei modelli ben precisi: “Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale, che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato don Pino Puglisi”.

E, ancora una volta, mette un confine tra la religione cattolica e quella mafiosa: “Ringrazio Dio di avervi incontrato, perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia. Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento di pace, di unità, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa forza! Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi! Alla scuola di Maria, nostra Madre, mettetevi a piena disposizione di Dio, lasciatevi plasmare dalla sua Parola e dal suo Spirito, e sarete ancora, e sempre più, sale e luce di questa vostra amata terra”.

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