Pietà popolare, il Papa: Non è superstizione, alimenta la “cittadinanza costruttiva” dei cristiani

Il Pontefice vola ad Ajaccio per chiudere i lavori del Congresso sulla pietà popolare nel Mediterraneo. Il Santo Padre: “Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa”

Ajaccio – La pietà popolare, “che non è superstizione”, e altre forme di devozione “possono alimentare questa, mi permetto di qualificarla così, ‘cittadinanza costruttiva’ dei cristiani. La pietà popolare ti dà una ‘cittadinanza costruttiva’!”. A dirlo è Papa Francesco, che questa mattina è decollato dall’aeroporto di Fiumicino per raggiungere Ajaccio, meta del suo 47mo Viaggio Apostolico. Un viaggio molto breve, appena 12 ore totali compresi volo di andata e ritorno, per concludere i lavori del Congresso sulla pietà popolare nel Mediterraneo, che ha visto la partecipazione di numerosi studiosi e Vescovi provenienti dalla Francia e da altri Paesi.

Primo Pontefice a visitare la Corsica, Papa Francesco, appena atterrato nella città che diede i natali a Napoleone Bonaparte, si è fermato davanti al Battistero paleocristiano risalente all’inizio del VI secolo, situato nel quartiere di Saint-Jean. Il Battistero è stato scoperto nel 2005 durante alcuni scavi di un’équipe dell’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives), prima della costruzione di un parcheggio e di un edificio. Associato alla prima Cattedrale di Ajaccio, è costituito da una grande vasca a forma di croce (2,68 mx 1,39 m, profondità 1,34 m) e da una vasca cilindrica più piccola (larga 80 cm di diametro), forse destinata al lavaggio dei piedi dei catecumeni, prima del battesimo stesso, secondo l’Istituto. Il Papa ha pregato in silenzio davanti al Battistero. Poi un giovane ha recitato il Credo. Il Pontefice, dalla papamobile, ha quindi asperso i presenti con l’acqua benedetta.

Ha quindi raggiunto, tra due ali di folla, il Palais des Congrès et d’Exposition. Accolto da un applauso festoso, il Vescovo di Roma, nel suo intervento, ha ricordato come le terre bagnate dal Mediterraneo” siano entrate “nella storia” per essere state “la culla di molte civiltà che hanno raggiunto un notevole sviluppo”. Il Papa ha ricordato quella greco-romana e quella giudeo-cristiana, due culture “che attestano la rilevanza culturale, religiosa, storica di questo grande ‘lago’ in mezzo a tre continenti, di questo mare unico al mondo che è il Mediterraneo”.

Proprio nel Mediterraneo, che bagna il vicino Oriente, “ha avuto origine una esperienza religiosa del tutto particolare, legata al Dio di Israele, che si rivela all’umanità e inizia un incessante dialogo con il suo popolo, culminando nella presenza singolare di Gesù”. A più di duemila anni dall’Incarnazione del Figlio di Dio, “tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute. In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della presenza e della sua Parola”.

Tuttavia, ha sottolineato il Papa, “bisogna essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica. Questo è uno sbaglio!”. Per il Pontefice, infatti, è necessario “riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti: i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla”, e, allo stesso tempo, “i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità”.

È proprio in questa cornice, ha fatto notare il Vescovo di Roma, “che possiamo cogliere la bellezza e l’importanza della pietà popolare”. Un tempo chiamata religiosità, fu Paolo VI a “cambiarne il nome”, nell’Evangelii nuntiandi, da “religiosità” a “pietà” popolare.

La pietà popolare, ha rimarcato il Pontefice, “esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale. In questo senso, le sue pratiche danno corpo alla relazione con il Signore e ai contenuti della fede”.

Ma, ha avvertito il Papa, “dobbiamo stare attenti perché la pietà popolare non venga usata, strumentalizzata da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico, alimentando i particolarismi, le contrapposizioni, gli atteggiamenti escludenti. Tutto questo non risponde allo spirito cristiano della pietà popolare e chiama in causa tutti, in modo speciale i Pastori, a vigilare, discernere e promuovere una continua attenzione sulle forme popolari della vita religiosa”.

E “quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa”.

La fede, infatti, “non rimane un fatto privato”. Al contrario, ha aggiunto a braccio il Papa, “dobbiamo stare attenti a questo sviluppo, direi, eretico della privatizzazione della fede”. Ecco perché “la pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa – mi permetto di qualificarla così – ‘cittadinanza costruttiva’ dei cristiani”.

Da qui “deriva la necessità che si sviluppi un concetto di laicità non statico e ingessato, ma evolutivo, dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio”. Papa Francesco ha quindi citato Benedetto XVI, che nell’esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, al numero 29 definisce così il concetto di sana laicità: “Significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire quest’ultima con gli apporti della religione, mantenendo tra loro una necessaria distanza, una chiara distinzione e la necessaria collaborazione tra le due. […] Una tale laicità sana garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose. Per questo la sana laicità (unità-distinzione) è necessaria, anzi indispensabile a entrambe”.

La pietà popolare, “che non è superstizione”, fa quindi “emergere i valori della fede e, allo stesso tempo, esprime il volto, la storia e la cultura dei popoli. In questo intreccio, senza confusioni, trova forma il dialogo costante tra il mondo religioso e quello laico, tra la Chiesa e le istituzioni civili e politiche”, ha concluso il Pontefice. (foto © Vatican Media) 

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