Papa Wojtyla e quell’Europa che “o sarà cristiana o non sarà”

Vent’anni fa moriva Giovanni Paolo II, il Papa “venuto da molto lontano” che riprendendo le parole di Schuman si batté affinché quella del terzo millennio fosse un’Europa cristiana

Città del Vaticano – L’Europa del terzo millennio “o sarà cristiana o non sarà”. A vent’anni dalla morte di Giovanni Paolo II, queste parole pesano come un macigno sulla situazione politica e sociale, ma anche economica, del Vecchio Continente costretto a fronteggiare guerre che si combattono non solo con le armi.

“L’Europa o sarà cristiana o non sarà”. Papa Wojtyla, oggi Santo, non inventò nulla. Queste parole, per prime, furono pronunciate da Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea. Nella sua idea di unità, il collante delle nazioni europee non poteva (e non doveva) essere solo di tipo economico, bensì culturale. Una cultura che non può prescindere dai valori del cristianesimo, non inteso nel senso religioso ma dal punto di vista dei valori, quelli di unità, solidarietà e armonia che ben sono rappresentati sulla bandiera che svetta sulle facciate dei palazzi.

Si tratta di un rettangolo blu con 12 stelle dorate disposte in cerchio. Ideata nel 1955 e adottata nel 1986, le stelle raffigurate sul vessillo dell’Europa rappresentano proprio quei valori: il cerchio, assieme al numero delle stelle, invariabile, simboleggia l’unità. Heitz, artista alsaziano tra gli autori della bandiera, ebbe l’ispirazione dalla corona di dodici stelle della Vergine Maria, così descritta nell’Apocalisse di Giovanni: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

Oggi, come vent’anni fa, le “Chiese in Europa”, scrive Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, sono “spesso tentate da un offuscamento della speranza. Il tempo che stiamo vivendo, infatti, con le sfide che gli sono proprie, appare come una stagione di smarrimento. Tanti uomini e donne sembrano disorientati, incerti, senza speranza e non pochi cristiani condividono questi stati d’animo. Numerosi sono i segnali preoccupanti che, all’inizio del terzo millennio, agitano l’orizzonte del Continente europeo”.

Nello stesso documento Papa Wojtyla ricorda che “lo smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo per cui molti europei danno l’impressione di vivere […] come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all’Europa escludendone la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo”.

“A questo smarrimento della memoria cristiana”, continua a scrivere il Papa polacco in quel documento che oggi sembra essere una profezia realizzata, “si accompagna una sorta di paura nell’affrontare il futuro. L’immagine del domani coltivata risulta spesso sbiadita e incerta. Del futuro si ha più paura che desiderio. Ne sono segni preoccupanti, tra gli altri, il vuoto interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del significato della vita. Tra le espressioni e i frutti di questa angoscia esistenziale vanno annoverati, in particolare, la drammatica diminuzione della natalità, il calo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, la fatica, se non il rifiuto, di operare scelte definitive di vita anche nel matrimonio”.

Oggi come vent’anni fa cosa può offrire la Chiesa all’Europa? Per Wojtyla si tratta di qualcosa che “nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude, dono che sta all’origine dell’unità spirituale e culturale dei popoli europei, e che ancora oggi e per il futuro può costituire un contributo essenziale del loro sviluppo e della loro integrazione”.

“Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici”, il monito che più volte Giovanni Paolo II ripete nel corso dei suoi discorsi alle autorità europee, ricordando che l’eredità cristiana dell’Europa “non appartiene soltanto al passato”, al contrario “è un progetto per l’avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente europeo”.

“[Europa] Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo conferma la constatazione che l’ispirazione cristiana può trasformare l’aggregazione politica, culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente ispirarsi”. Parole che oggi risultano essere perle ai porci.

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