Papa Francesco e Roma: una carezza lunga 12 anni

Il 13 marzo di dodici anni fa l’elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio, un Papa arrivato “dalla fine del mondo” che ha sempre tenuto un occhio di riguardo per la città eterna

Città del Vaticano – “La comunità diocesana di Roma ha il suo Vescovo […] E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi […] che questo cammino sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella!”.

Il Pontefice che i Cardinali sono “andati a prendere quasi alla fine del mondo” si presentò così in quella serata di metà marzo di dodici anni fa, al termine di un Conclave brevissimo, durato appena 24 ore. Il suono a festa di tutte le campane della basilica vaticana diede il “la” a un lungo concerto che unì centro e periferia. Un concerto particolare che la città eterna aveva ascoltato solo tredici giorni prima, quando tutti i campanili di Roma suonarono a distesa nell’accompagnare il volo in elicottero di Benedetto XVI che il 28 febbraio di quell’anno scelse come data di fine del suo pontificato.

Una città che non appena seppe della fumata bianca si riversò in strada, riempiendo in poco tempo il grande abbraccio del colonnato del Bernini, senza curarsi della pioggia copiosa che continuava a scendere. L’accoglienza che i romani riservarono al 266mo capo della Chiesa Cattolica fu più che calorosa. Lui stesso, dalla loggia delle benedizioni, diede risalto al titolo di Vescovo di Roma, sottolineando fin da subito l’attenzione che avrebbe riservato all’Urbe.

Un’attenzione manifestata fin dal primo giorno di pontificato, con la visita alla basilica di Santa Maria Maggiore (la prima di una lunga serie) o il pagamento dell’albergo dove aveva risieduto durante i giorni di Sede Vacante.

Subito dopo aver preso possesso della sua Cathedra, quella del Laterano, la chiesa che è “madre e capo” di tutte le chiese del mondo, Francesco cambiò le prospettive, dando più attenzione alle periferie, mettendo l’accento su quelle esistenziali e non solo su quelle geografiche. Non solo perché abbandonate e bisognose di assistenza ma perché dalla periferia il centro si vede meglio. E per la Chiesa il centro è Cristo.

“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, dice Gesù nel Vangelo. E allora ecco che le celebrazioni con riti particolari si spostarono dalle antiche basiliche del centro alle parrocchie moderne vicine al Raccordo. E anche fuori dal Raccordo. Il rito della lavanda dei piedi del Giovedì Santo Papa Francesco lo ha celebrato nelle carceri di Roma ma anche di Civitavecchia. La processione del Corpus Domini la si è percorsa tra le strade di Ostia o di Casalbertone.

Il Laterano rimane però centrale nella firma dei documenti del magistero. A differenza del passato, Papa Bergoglio ha deciso di firmare i documenti che riguardano l’universalità della Chiesa con la dicitura “al Laterano” e quelli peculiari alla Santa Sede e allo Stato della Città del Vaticano, per l’appunto, “al Vaticano”.

Oltre alle liturgie, è cambiata l’attenzione verso chi le periferie le abita. Tante le immagini e i discorsi, spesso pronunciati a braccio, rimasti scolpiti nella memoria di questa città durante la visita alle parrocchie di periferia. Due esempi su tutti: l’immagine del Papa con un agnello sulle spalle durante la visita alla parrocchia di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori alla Giustiniana avvenuta il 6 gennaio 2014 e l’abbraccio col piccolo Emanuele che in lacrime, durante la visita alla parrocchia di San Paolo della Croce a Corviale, chiese al Pontefice se il padre morto ateo fosse in paradiso.

E ancora, l’attenzione verso le prostitute o i trans di Torvaianica, che spesso ha incontrato durante le Udienze generali del mercoledì, o i clochard che, ancora oggi, continuano a cercare rifugio sotto il colonnato di San Pietro. Per loro sono state approntate docce, barbiere e un ambulatorio. Sono stati allestiti anche degli spazi al chiuso in alcuni palazzi di proprietà della Santa Sede, messi a disposizione come ricovero ma sono pochi quelli che accettano un aiuto.

I gesti, da ultimo quello di donare un milione per tentare di mettere un freno all’emergenza abitativa che attanaglia da anni l’Urbe, sono sempre stati accompagnati dalle parole. Parole rivolte soprattutto alle autorità civili, durante le omelie del Te Deum di fine anno, strigliando, la maggior parte delle volte, chi amministra la città perché, come ha detto Francesco due anni fa, “occorre che alla ‘grande bellezza’ corrispondano il semplice decoro e la normale funzionalità nei luoghi e nelle situazioni della vita ordinaria, feriale. Una città più vivibile per i suoi cittadini è anche più accogliente per tutti”.

Recentemente il Pontefice ha ridisegnato la struttura della Diocesi di Roma, riorganizzandola anche geograficamente (abolendo il settore del centro). E ora che Bergoglio taglia il traguardo dei dodici anni di pontificato dal letto del Policlinico Gemelli, buona parte dei romani sta ricambiando quella stessa carezza pregando incessantemente per il proprio Vescovo. Una preghiera che da un mese va avanti senza sosta e alla quale ci uniamo anche noi con l’auspicio che presto Francesco possa tornare ad accarezzarci con i suoi gesti.

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