Il testamento di Giovanni Paolo II ai giovani

Mi pare quasi fuori luogo commentare un discorso così pieno di sguardi, complicità, gioia ed amore come quello pronunciato da Giovanni Paolo II nella GMG del 2000. Volendone comprendere il profondo significato, bisogna però immergersi nel momento storico che la Chiesa si stava preparando ad affrontare in quegli anni.

Siamo nel 2000, momento in cui bisognava mostrare in che modo la Chiesa intendesse entrare nel nuovo millennio. Seguendo le direttive del Concilio Vaticano II, essa si proponeva di divenire “lievito dell’odierna società ed efficace segno di speranza per gli uomini del nostro tempo”. Ma chi è il lievito della società se non i giovani stessi?

Durante la veglia di preghiera della GMG, Giovanni Paolo II volle infatti rendere partecipi tutti i giovani accorsi delle battaglie morali che si andavano a delineare nel nuovo millennio. Gli presentò senza barriere il più grande pericolo per la fratellanza umana, ovvero la divisione: «Ecco cari giovani è difficile credere in un mondo così nel 2000, si è divisi: non è il caso di nasconderlo». Ma queste parole non sono per demoralizzare i giovani, bensì per rendere loro chiara la principale problematica del loro e del nostro tempo.

Ancora oggi viviamo in un mondo diviso in cui l’inimicizia si è espansa a più livelli: dalla politica nazionale e internazionale alle realtà di quartiere e di paese. Manca una spinta che parta dal profondo e ci aiuti ad amare realmente il nostro prossimo ed essere veramente complici nella felicità.

L’ottica cristiana nelle opere

Sotto lo spirito della Lumen Gentium, Giovanni Paolo II riafferma la diretta partecipazione dei fedeli alla comunione di vita e di missione della Chiesa. Questa partecipazione era prima soggetta ad una grande discriminazione. Infatti, nell’epoca preconciliare la Chiesa era spaccata in due: i laici venivano ritenuti cri­stiani “di seconda” nei confronti dei membri della gerarchia (e anche dei reli­giosi), tanto che spesso non venivano considerati capaci di raggiungere la “per­fezione evangelica” ma solo di praticare i comandamenti.

Il Pontefice si rivolge con un cuore complice ai due milioni di giovani accorsi da ogni parte del mondo in quella sera di agosto e li invita ad agire. Un’azione che non sia priva di significato, un’azione che non sia mossa dalla sola filantropia o dal solo ambientalismo, un’azione nella quale non ci ritroviamo ad aiutare semplicemente degli uomini o delle piante, bensì dei fratelli e la bellezza del Creato. Queste opere acquisiscono un nuovo significato nel cristianesimo. Non sono più mero materialismo, ma divengono atti di amore mossi dagli insegnamenti e dall’amore di Cristo.

Per comprendere questa affermazione bisogna provarla. Giovanni Paolo II espone così il rapporto che un cristiano ha con Cristo stesso: «È Gesù che cercate quando sognate la felicità, è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate, è Lui la bellezza che tanto vi attrae, è Lui che vi spinge a deporre le maschere temendo le falsità della vita, è Lui che evidenzia nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare». Una volta provati questi sentimenti di amore, si potrà comprendere nel profondo anche la differenza tra opere materiali e opere cristiane.

La potenza dell’azione giovanile

È il rapporto con Cristo che spinge l’uomo a sacrificare il proprio tempo per dedicarlo agli altri. Questo dedicare sé stessi agli altri è amore. Un amore che spinge ad agire per il nostro prossimo e a non rassegnarci alle ipocrisie ed alle sofferenze del mondo. Un amore che non è astratto o statico, bensì concreto e mosso dalla volontà! È la volontà che deve essere spronata e rinnovata tramite continui stimoli e riflessioni.

Con questo spirito stimolatore il Papa ha rivolto ai giovani del 2000 queste chiare parole di azione: «Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro; voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno; vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti». E di nuovo: «Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione, difenderete la pace pagando anche di persona se necessario».

Delle posizioni morali che ogni giorno dovremmo ricordare a noi stessi e agli altri. Queste parole non sono pensate per rimanere nero su bianco qui o altrove, ma devono essere ruminate per così portarle sempre con noi nel cuore e nella mente. Senza una costante meditazione sui temi morali che spesso ci vengono proposti è difficile passare dalla teoria alla pratica. Come un militare si esercita per prepararsi ad ogni possibile scenario e rendere delle azioni di fondamentale importanza automatiche, così anche noi dobbiamo allenarci ogni giorno per calare nella pratica gli insegnamenti cristiani che ben conosciamo.

La missione dei giovani

Quelle che propone il Papa sono delle vere e proprie missioni riassumibili in una sola: la tutela della vita e di una vita degna di questo nome. Una vita che non sia un “vivacchiare” ma un VIVERE!

Per vivere appieno il nostro tempo bisogna essere consapevoli del momento storico in cui ci ritroviamo, delle ideologie che lo permeano e delle scelte che siamo chiamati a compiere. Siamo chiamati ad agire sotto lo spirito dell’intelligo di Sant’Agostino: non dobbiamo difendere delle posizioni a spada tratta, ma capirle a fondo per poterle realmente supportare.

Questo richiede impegno e costanza, una costanza che forse non è possibile mantenere da soli. È il supporto dei nostri coetanei e di Cristo stesso che ci aiuta in questi continui atti di amore e discernimento. In particolare è quando si comprende l’incomprensibilità e l’immanenza di Dio che diviene possibile avere una retta via da seguire. «Dicendo sì a Cristo voi dite sì ad ogni vostro più nobile ideale, io prego perché Egli regni nei vostri cuori e l’umanità del nuovo secolo e del nuovo millennio; non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirLo ogni giorno e in ogni situazione».


Risulterebbe superfluo aggiungere altro ad un così chiaro ed efficace appello rivolto, non ai potenti o ai regnanti, ma agli uomini e ai loro cuori. Dobbiamo ancora comprendere questo messaggio e, ancor di più, applicarlo. Dobbiamo costruire questo nuovo millennio e renderlo migliore! Sta a noi giovani agire, sta alla gioventù farsi portatrice dei messaggi che i più hanno smesso di ascoltare.

E a chi giovane non è più, il Papa ricorda che «c’è un proverbio in polacco: “Kto z kim przestaje, takim się staje”. Vuol dire: se tu vivi con i giovani, tu dovrai diventare anche giovane». È un monito che pure noi giovani dobbiamo tenere bene a mente per il futuro!

Vorrei concludere questa riflessione con un’ultima citazione di Giovanni Paolo II che, però, non è presa dal discorso della GMG del 2000. Un messaggio attuale ieri come oggi, da trasmettere anche alle future generazioni: i “giovani sono i primi protagonisti del terzo millennio […] sono loro che tracceranno il destino di questa nuova tappa dell’umanità”. Ricordiamocelo e agiamo di conseguenza.

Per aspera ad astra.