Il Papa: “Sogno una comunicazione disarmata, capace di parlare al cuore”

Nel messaggio diffuso in occasione della 59ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il Pontefice chiede a giornalisti e operatori dei media di adoperarsi per una comunicazione “che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare”

Città del Vaticano – “Sogno una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma sia in grado di dare ragioni per sperare”, sogno “una comunicazione che sia capace di parlare al cuore, di suscitare non reazioni passionali di chiusura e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia”, “capace di puntare sulla bellezza e sulla speranza anche nelle situazioni apparentemente più disperate”, una comunicazione che sappia “generare impegno, empatia, interesse per gli altri. Una comunicazione che ci aiuti a riconoscere la dignità di ogni essere umano”.

Questo è quanto scrive Papa Francesco nel messaggio per la 59ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che la Chiesa cattolica celebra ogni anno nel giorno dell’Ascensione (nel 2025 domenica 1 giugno) e diffuso oggi, festa di San Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa, patrono dei giornalisti.

E proprio ai giornalisti il Pontefice, prendendo spunto dal tema del Giubileo, chiede di condividere “con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori”. Questa parafrasi di un versetto del capitolo 3 della prima lettera di Pietro dà anche il nome al documento, un documento che si apre con un’altra richiesta, già avanzata da tempo dallo stesso Bergoglio, ovvero quello di “disarmare” la comunicazione: “Troppo spesso oggi la comunicazione – scrive il Santo Padre – non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire”.

Per questo è necessario “purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica”.

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Ma per il Papa “c’è anche un altro fenomeno preoccupante: quello che potremmo definire della ‘dispersione programmata dell’attenzione’ attraverso i sistemi digitali, che, profilandoci secondo le logiche del mercato, modificano la nostra percezione della realtà. Succede così che assistiamo, spesso impotenti, a una sorta di atomizzazione degli interessi, e questo finisce per minare le basi del nostro essere comunità, la capacità di lavorare insieme per un bene comune, di ascoltarci, di comprendere le ragioni dell’altro”.

In quest’ottica, oggi ci troviamo a “individuare un ‘nemico’ contro cui scagliarsi verbalmente sia indispensabile per affermare sé stessi. E quando l’altro diventa ‘nemico’, quando si oscurano il suo volto e la sua dignità per schernirlo e deriderlo, viene meno anche la possibilità di generare speranza”.

Da qui l’invito a “scoprire e raccontare le tante storie di bene nascoste fra le pieghe della cronaca; a imitare i cercatori d’oro, che setacciano instancabilmente la sabbia alla ricerca della minuscola pepita. È bello trovare questi semi di speranza e farli conoscere. Aiuta il mondo ad essere un po’ meno sordo al grido degli ultimi, un po’ meno indifferente, un po’ meno chiuso. Sappiate sempre scovare le scintille di bene che ci permettono di sperare. Questa comunicazione può aiutare a tessere la comunione, a farci sentire meno soli, a riscoprire l’importanza del camminare insieme”.

Infine, ai chi opera nell’ambito della comunicazione, Papa Francesco lascia alcune tracce di riflessione, come “seminare sempre speranza, anche quando è difficile, anche quando costa, anche quando sembra non portare frutto”, o “cercare di praticare una comunicazione che sappia risanare le ferite della nostra umanità”, dando “spazio alla fiducia del cuore che, come un fiore esile ma resistente, non soccombe alle intemperie della vita ma sboccia e cresce nei luoghi più impensati: nella speranza delle madri che ogni giorno pregano per rivedere i propri figli tornare dalle trincee di un conflitto; nella speranza dei padri che migrano tra mille rischi e peripezie in cerca di un futuro migliore; nella speranza dei bambini che riescono a giocare, sorridere e credere nella vita anche fra le macerie delle guerre e nelle strade povere delle favelas”. (foto © Vatican Media) 

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