Il Papa: “Essere saggi significa meno tempo al telefono per guardare negli occhi gli altri”
Il Pontefice all’Angelus: “La saggezza della vita sta nel curare quello che non si vede, ma è più importante, vuol dire saper fare spazio al silenzio, per essere capaci di ascoltare noi e gli altri”
Città del Vaticano – Che cos’è la saggezza per un cristiano? Papa Francesco prova a rispondere a questa domanda durante la tradizionale preghiera domenicale dell’Angelus. Affacciato su una piazza San Pietro riempita da circa 20mila fedeli, il Pontefice commenta la parabola della dieci vergini chiamate a uscire incontro allo sposo (cfr Mt 25,1-13): un brano, fa notare il Santo Padre, che “ci offre una storia che riguarda il senso della vita di ciascuno” perché per un credente “vivere è questo: una grande preparazione per il giorno in cui saremo chiamati a uscire incontro a Gesù”. Nella parabola però, di quelle dieci vergini, cinque sono sagge e cinque stolte.
La differenza, spiega Francesco, non sta “nella buona volontà”, o “nella puntualità con cui si arriva all’incontro”, del resto “tutte erano lì” ma è la preparazione. “Dice il testo: le sagge «insieme alle loro lampade, presero anche l’olio» (v. 4); le stolte invece no. Ecco la differenza: l’olio. E qual è una delle caratteristiche dell’olio? Che non si vede: sta dentro le lampade, non è appariscente, ma senza di esso le lampade non danno luce”.
“Guardiamo a noi – il monito del Papa – e vediamo che la nostra vita corre lo stesso rischio: tante volte si è molto attenti alle apparenze, l’importante è curare bene la propria immagine, fare bella figura davanti agli altri. Ma Gesù dice che la saggezza della vita sta altrove: nel curare quello che non si vede, ma è più importante, curare il cuore. La custodia della vita interiore. Vuol dire sapersi fermare per ascoltare il proprio cuore, per vigilare sui propri pensieri e sentimenti. Quante volte noi non sappiamo cosa è successo dentro il nostro cuore in quella giornata. Cosa passa dentro ognuno di noi? La saggezza vuol dire saper fare spazio al silenzio, per essere capaci di ascoltare noi e gli altri. Vuol dire saper rinunciare a un po’ di tempo passato davanti allo schermo del telefono per guardare la luce negli occhi degli altri, nel proprio cuore, nello sguardo di Dio su di noi. Vuol dire, non lasciarsi intrappolare dall’attivismo, ma dedicare tempo al Signore, all’ascolto della sua Parola”.
La vita interiore non si improvvisa, non è questione di un attimo, di una volta ogni tanto, di una volta per tutte; va preparata dedicando un po’ di tempo ogni giorno, con costanza, come si fa per ogni cosa importante.
Da qui l’appello, a tutti i credenti, a un nuovo esame di coscienza: “Allora possiamo chiederci: io che cosa sto preparando in questo momento della vita? Dentro di me, che cosa sto preparando? Forse sto cercando di mettere da parte qualche risparmio, sto pensando a una casa o a un’automobile nuova, a dei progetti concreti… Sono cose buone, non sono cose brutte. Ma sto pensando anche a dedicare del tempo alla cura del cuore, alla preghiera, al servizio degli altri, al Signore che è la meta della vita? Come va insomma l’olio della mia anima? Ognuno di noi si domandi questo: come va l’olio della mia anima? Lo alimento, lo conservo bene?”.
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