Il Papa a Venezia abbraccia le detenute della Giudecca: “Il perdono è per tutti”
Inizia dal carcere femminile, dove sorge il padiglione della Santa Sede per la Biennale, la visita lampo del Pontefice nel capoluogo veneto. Francesco: “Il carcere è una realtà dura ma può anche diventare un luogo di rinascita”
Venezia – “Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!”. Inizia molto presto, nel carcere femminile della Giudecca, la visita lampo di Papa Francesco alla città di Venezia, dove è in corso la Biennale. Anche la Santa Sede partecipa all’evento, e lo fa – su suggerimento del Pontefice – attirando l’attenzione sugli scartati dalla società come sono le detenute. Infatti, è proprio in questo carcere che è stato allestito il padiglione del Vaticano. Non è dunque casuale che la prima tappa della visita papale sia proprio l’isola della Giudecca.
Francesco atterra con l’elicottero in laguna alle 7.55. Ad accoglierlo nel carcere femminile, tra gli altri, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia. Entra in sedia a rotelle nel piccolo cortile della prigione, accolto da applausi e urla di gioia: “Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore”, esordisce il Santo Padre, precisando: “Vorrei, perciò, che vivessimo questo momento non tanto come una ‘visita ufficiale’, quanto come un incontro in cui, per grazia di Dio, ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno. Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile – forse chi uscirà più ricco sarò io –, e il bene che ci scambieremo sarà prezioso”.
Ad ascoltarlo ci sono 42 italiane e 36 straniere di 14 nazionalità differenti, assieme a diverse poliziotte. “È il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici, ogni persona porta delle cicatrici”, dice loro il Pontefice, sottolineando: “E Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno. Ognuno di noi ha la propria singolarità, ha un dono e questo è per offrirlo, per condividerlo”.
Il Vescovo di Roma è consapevole delle difficoltà che si possono incontrare in carcere, “una realtà dura”. E ne denuncia apertamente i grandi problemi, “come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza”. Dietro quelle sbarre c’è “tanta sofferenza”, ma il carcere “può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è ‘messa in isolamento’, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità”. E tuona: “Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!”.
Paradossalmente, “la permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri, come simboleggia l’evento artistico che state ospitando e al cui progetto contribuite attivamente; può diventare come un cantiere di ricostruzione, in cui guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto, e poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione”.
Da qui un appello alle autorità civili: “Fondamentale è che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, di crescita spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento. Per favore, non ‘isolare la dignità’ ma dare nuove possibilità!”. Ribadisce poi quanto detto in passato visitando altri detenuti: “Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”.
Non chiudere la finestra, per favore, sempre guardare l’orizzonte, sempre guardare il futuro, con la speranza. A me piace pensare la speranza come un’ancora, sai, che è ancorata nel futuro, e noi abbiamo nelle mani la corda e andiamo avanti con la corda ancorata nel futuro.
Nel salutare le detenute le ringrazia e assicura loro “la mia preghiera. E voi, pregate per me, ma a favore non contro!”. Prima di lasciare il carcere, il Papa dona alle detenute come dono un’immagine della Vergine: “Guardate, è un po’ la tenerezza della mamma, e questa tenerezza Maria l’ha con tutti noi, con tutti noi, è la madre della tenerezza”.
Il tempo incalza, e il programma è ricco di eventi. Bergoglio scherza: “E adesso mi cacciano via! Grazie, grazie tante, vi ricorderò! E avanti e coraggio, non mollare, coraggio e avanti!”. Prima di celebrare messa in piazza San Marco, Francesco incontra gli artisti che partecipano alla Biennale e i giovani di Venezia. (foto © Vatican Media)
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