Giubileo, il Papa: “Il servizio armato va esercitato solo per legittima difesa, mai per imporre il dominio”

In piazza San Pietro la messa a chiusura del Giubileo delle Forze Armate e di Polizia, ma il Pontefice interrompe l’omelia: “Ho difficoltà a respirare”. Il testo lo continua a leggere il cerimoniere.

Città del Vaticano – “Gesù non è preoccupato di eseguire un compito, una tabella di marcia nella sua missione; al contrario, al primo posto mette sempre l’incontro con gli altri, la relazione, la preoccupazione per quelle fatiche e quei fallimenti che spesso appesantiscono il cuore e tolgono la speranza”.

A dirlo è Papa Francesco che questa mattina, in piazza San Pietro, ha presieduto una solenne concelebrazione eucaristica a conclusione degli eventi del Giubileo dedicato agli uomini e alle donne delle Forze Armate e di Polizia.

Il Pontefice non legge però tutto il testo dell’omelia: “Mi scuso e chiedo al Maestro delle Celebrazioni Liturgiche di continuare la lettura, per difficoltà nel respiro”. Giovedì scorso, infatti, la Sala Stampa della Santa Sede, in una nota, aveva fatto sapere che il Vescovo di Roma era “affetto da bronchite” e per questo le udienze di questo fine settimana appena trascorso si sono svolte negli spazi di Casa Santa Marta.

A leggere il testo è stato quindi l’arcivescovo Ravelli. Tre le parole attorno alle quali ruotava l’omelia, o meglio, tre azioni che compie Gesù nella pagina odierna del Vangelo, che narra della chiamata dei primi Apostoli: vide, salì e sedette.

Vide: Cristo “punta quello sguardo pieno di compassione negli occhi di quelle persone, cogliendo la frustrazione, la sensazione di avere il cuore vuoto”. Poi salì: “non si limita a osservare le cose che non vanno, come spesso facciamo noi finendo per chiuderci nel lamento e nell’amarezza; prende l’iniziativa, si ferma con lui in quel momento difficile e decide di salire sulla barca della vita” di quei pescatori”.

Infine, sedette “per insegnare, cioè per annunciare la buona notizia, per narrare la bellezza di Dio dentro le fatiche della vita umana, per far sentire che c’è ancora una speranza anche quando tutto sembra perduto. E allora accade il miracolo: quando il Signore sale sulla barca della nostra vita per portarci la buona notizia dell’amore di Dio che sempre ci accompagna e ci sostiene, allora la vita ricomincia, la speranza rinasce, l’entusiasmo perduto ritorna e possiamo gettare nuovamente la rete in mare”.

Infine, il grazie, a tutti i militari che quotidianamente svolgono il proprio servizio a tutela della sicurezza e della giustizia: “Vi siamo grati per quanto operate, a volte rischiando personalmente”.

Al termine della celebrazione, nella breve allocazione prima dell’Angelus, Papa Francesco ha rilanciato un appello per la pace, citando quanto scritto nella costituzione conciliare Gaudium et Spes, aggiungendo: “Questo servizio armato va esercitato solo per legittima difesa, mai per imporre il dominio su altre nazioni, sempre osservando le convenzioni internazionali in materia di conflitti e, prima ancora, nel sacro rispetto della vita e del creato”.

Da qui l’appello vero e proprio: “Preghiamo per la pace, nella martoriata Ucraina, in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu, in Sudan. Tacciano ovunque le armi e si ascolti il grido dei popoli, che chiedono pace!”. (foto © Vatican Media) 

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