Epifania, il Papa e la lezione dei Magi: “Occhi al cielo e piedi in cammino sulla terra”

Dal pulpito di San Pietro il Pontefice invita all’unità dopo le polemiche contro gli ultimi documenti sulle benedizioni alle coppie gay: “Nella Chiesa, invece che dividerci in base alle nostre idee, siamo chiamati a rimettere Dio e non le nostre idee o i nostri progetti. Ripartiamo da Dio”. E tuona: “No alle ideologie ecclesiastiche”

Città del Vaticano – Sguardo sempre rivolto al cielo ma piedi in cammino sulla terra. È questa la lezione dei Magi secondo Papa Francesco, che nel giorno dell’Epifania presiede, come da tradizione, la Santa Messa in una basilica vaticana addobbata a festa e gremita da 6mila persone. Il Pontefice, entrando in San Pietro, ha salutato le monache benedettine provenienti dall’Argentina che da alcuni giorni abitano nel monastero Mater Ecclesiae.

Come accade da qualche tempo, il Santo Padre, complici i dolori al ginocchio, non sale all’Altare per la consacrazione. Ma tiene comunque l’omelia. Una riflessione, quella odierna, incentrata su tre insegnamenti dei sapienti che dall’Oriente, seguendo la stella, arrivarono da Gesù bambino.

Occhi puntati al cielo…

Il Papa fa notare come i Magi, che non erano dei re (nel testo biblico non appare mai la definizione di re in riferimento ai Magi) “sono abitati dalla nostalgia dell’infinito. Non vivono guardando la punta dei loro piedi, ripiegati su sé stessi, prigionieri di un orizzonte terreno, trascinandosi nella rassegnazione o nella lamentela”. Al contrario, “alzano il capo, per attendere una luce che illumini il senso della loro vita”. E “vedono spuntare una stella, più luminosa di tutte, che li attrae e li mette in cammino”.

Questa, sottolinea Bergoglio, “è la chiave che dischiude il significato vero della nostra esistenza: se
viviamo rinchiusi nel ristretto perimetro delle cose terrene, se siamo affamati di beni e consolazioni mondane invece che cercatori di luce e di amore, la nostra vita si spegne”.

I Magi, dunque, “ci insegnano a guardare in alto” , ad avere “gli occhi puntati al cielo”. Quindi, rispondendo alle polemiche scaturito in seguito agli ultimi documenti sulle benedizioni alle coppie gay, tuona: “Abbiamo bisogno di aver lo sguardo rivolto verso l’alto anche per imparare a vedere la realtà dall’alto. Ne abbiamo bisogno nel cammino della fede, perché non si riduca a un insieme di pratiche religiose o a un abito esteriore”, “ne abbiamo bisogno nella Chiesa, dove, invece che dividerci in base alle nostre idee”.

Quindi, a braccio, ammonisce severamente: “Ne abbiamo bisogno per abbandonare le ideologie ecclesiastiche, per trovare il senso della Santa Madre Chiesa, l’habitus ecclesiale. Ideologie ecclesiastiche, no; vocazione ecclesiale, sì. Il Signore, e non le nostre idee o i nostri progetti, dev’essere al centro. Ripartiamo da Dio, cerchiamo in Lui il coraggio di non fermarci davanti alle difficoltà, la forza di superare gli ostacoli, la gioia di vivere nella comunione e nella concordia”.

… Ma piedi in cammino sulla terra

I Magi, spiega Francesco, “si mettono in viaggio”, seguendo un “astro che brilla nel cielo”, una stella che “li rimanda a percorrere le strade della terra”. Ma “alzando il capo verso l’alto sono sospinti a scendere in basso”. Ovvero, “cercando Dio sono inviati a trovarlo nell’uomo, in un Bambino che giace in una mangiatoia, perché Dio che è l’infinitamente grande si è svelato in questo piccolo, infinitamente piccolo”.

“Il Dio che viene a visitarci – aggiunge – non lo troviamo restando fermi in qualche bella teoria religiosa, ma solo mettendoci in cammino, cercando i segni della sua presenza nelle realtà di ogni giorno e, soprattutto, incontrando e toccando la carne dei fratelli”.

“I Magi – rimarca il Santo Padre – cercano Dio e trovano un Bambino in carne e ossa. Questo è importante: incontrare Dio in carne e ossa, nei volti che ogni giorno ci passano accanto, specialmente quelli dei più poveri”. E questo perché “l’incontro con Dio ci apre a una speranza più grande, che ci fa cambiare stile di vita e ci fa trasformare il mondo”. Francesco cita quindi un’omelia di Benedetto XVI pronunciata nel 2008 proprio in questo giorno: “Se manca la vera speranza, si cerca la felicità nell’ebbrezza, nel superfluo, negli eccessi, e si rovina se stessi e il mondo. […] Per questo c’è bisogno di uomini che nutrano una grande speranza e possiedano perciò molto coraggio. Il coraggio dei Magi, che intrapresero un lungo viaggio seguendo una stella, e che seppero inginocchiarsi davanti a un Bambino e offrirgli i loro doni preziosi”.

Cuore prostrato in adorazione

Ma c’è anche un terzo insegnamento che arriva oggi dai Magi: “il cuore prostrato in adorazione. Guardano la stella nel cielo, ma non si rifugiano in una devozione staccata dalla terra; si mettono in viaggio, ma non vagano come turisti senza meta. Essi arrivarono a Betlemme e, quando videro il Bambino, ‘si prostrarono e lo adorarono’ (Mt 2,11)”.

Ecco il mistero e la gioia del Natale: “Un re che è venuto a servirci, un Dio che si è fatto uomo. Dinanzi a questo mistero, siamo chiamati a piegare il cuore e le ginocchia per adorare: adorare il Dio che viene nella piccolezza, che abita la normalità delle nostre case, che muore per amore”. Infine, striglia i credenti: “Fratelli e sorelle, abbiamo perso l’abitudine di adorare, abbiamo perso questa capacità che ci dà l’adorazione. Riscopriamo il gusto della preghiera di adorazione. Riconosciamo Gesù come nostro Dio, come nostro Signore, e adoriamo. Oggi i Magi ci invitano ad adorare. Manca l’adorazione oggi tra noi”.

Terminato il rito, il Papa passa a salutare i fedeli presenti. All’uscita della basilica, per la gioia dei più piccoli, sono stati distribuiti dolci e cioccolatini ai più piccoli. (foto © Vatican Media)

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