Epifania, il Papa: “Dio cerca tutti, spesso prima ancora che glielo chiediamo”

Nella basilica vaticana la solenne celebrazione eucaristica con l’annuncio del giorno di Pasqua, il Papa: “La stella che guidò i Magi ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore”

Città del Vaticano – “Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, ma offre la sua compagnia e la sua guida a chiunque lo cerchi con cuore sincero. Anzi, spesso previene le nostre stesse domande, venendo a cercarci prima ancora che glielo chiediamo”. Questo il cuore dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato questa mattina nel corso della celebrazione eucaristica, da lui stesso presieduta nella basilica vaticana, in occasione della solennità dell’Epifania.

Giunto in sedia a rotelle in basilica, il Papa, prima di prendere posto alla sede e vestire i paramenti liturgici, ha saluto alcuni dei bambini presenti donando loro cioccolate e dolci. All’Altare della Confessione, dove per l’ultimo giorno è esposta la statua della Madonna della Speranza proveniente dall’omonimo Santuario di Battipaglia (voluta in San Pietro dal Pontefice per l’inizio dell’Anno Santo dedicato proprio al tema della speranza, ndr), la liturgia eucaristica è stata guidata dal cardinal Luis Antonio Gokim Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione – Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari.

Alla proclamazione del Vangelo è seguito, come prevede il rito di oggi, l’annuncio del giorno di Pasqua, che quest’anno si celebrerà domenica 20 aprile. Quindi l’omelia, che il Vescovo di Roma ha fatto ruotare attorno all’immagine della stella che ha guidato i Magi verso Gesù Bambino sottolineando tre caratteristiche della stella di cui parla l’evangelista: “è luminosa, è visibile a tutti, e indica un cammino”.

Luminosa. La stella che guidò i Magi, ha sottolineato il Papa, “ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore. Prima di tutto l’amore di Dio, che facendosi uomo si è donato a noi sacrificando la sua vita. Poi, di riflesso, quello con cui anche noi siamo chiamati a spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita”. E, “come la stella, col suo brillare, ha guidato i Magi a Betlemme, così anche noi, col nostro amore, possiamo portare a Gesù le persone che incontriamo”. E per farlo non servono “strumenti straordinari e di mezzi sofisticati, ma rendendo i nostri cuori luminosi nella fede, i nostri sguardi generosi nell’accoglienza, i nostri gesti e le nostre parole pieni di gentilezza e di umanità”. “È brutto che una persona non sia luce per gli altri”, ha poi aggiunto a braccio, prima di passare alla seconda caratteristica.

Visibile a tutti. I Magi, infatti, “non seguono le indicazioni di un codice segreto, ma un astro che vedono splendere nel firmamento. Loro lo notano; altri, come Erode e gli scribi, non si accorgono nemmeno della sua presenza. La stella però resta sempre là, accessibile a chiunque alzi lo sguardo al cielo, in cerca di un segno di speranza”. E proprio da qui arriva quello che lo stesso Pontefice definisce come “un messaggio importante: Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, ma offre la sua compagnia e la sua guida a chiunque lo cerchi con cuore sincero. Anzi, spesso previene le nostre stesse domande, venendo a cercarci prima ancora che glielo chiediamo”. Ecco svelato il motivo per cui “nel presepe raffiguriamo i Magi con caratteristiche che abbracciano tutte le età e tutte le razze – un giovane, un adulto, un anziano, con i tratti somatici dei vari popoli della terra –, per ricordarci che Dio cerca tutti, sempre”.

Su questo il Papa ha invitato tutti a riflettere mentre viviamo “in un mondo dove le persone e le nazioni, pur dotate di mezzi di comunicazione sempre più potenti, sembrano diventate meno disponibili a comprendersi, accettarsi e incontrarsi nella loro diversità! La stella ci ricorda che Dio viene nel mondo per incontrare ogni uomo e donna della terra, a qualsiasi etnia, lingua e popolo appartenga, e che a noi affida la stessa missione universale. Ci chiama, cioè, a mettere al bando qualsiasi forma di selezione, di emarginazione e di scarto delle persone, e a promuovere, in noi e negli ambienti in cui viviamo, una forte cultura dell’accoglienza, in cui alle serrature della paura e del rifiuto si preferiscano gli spazi aperti dell’incontro, dell’integrazione e della condivisione; luoghi sicuri, dove tutti possano trovare calore e riparo”.

Per questo la stella sta in cielo: non per restare lontana e irraggiungibile, ma al contrario perché la sua luce sia visibile a tutti, perché raggiunga ogni casa e superi ogni barriera, portando speranza fino agli angoli più remoti e dimenticati del pianeta. Sta in cielo per dire a chiunque, con la sua luce generosa, che Dio non si nega a nessuno e non dimentica nessuno (cfr Is 49,15).

In altre parole, “la stella ci parla del sogno di Dio: che tutta l’umanità, nella ricchezza delle sue differenze, giunga a formare una sola famiglia, e che viva concorde nella prosperità e nella pace”. E questo porta all’ultima caratteristica, ovvero quella di indicare un cammino, spunto importante nel contesto dell’Anno Santo appena iniziato, in cui uno dei gesti caratteristici è proprio il pellegrinaggio.

“La stella ci invita a compiere un viaggio interiore che, come scriveva San Giovanni Paolo II per il grande Giubileo del 2000, liberi il nostro cuore da tutto ciò che non è carità, per «incontrare pienamente il Cristo, confessando la nostra fede in Lui e ricevendo l’abbondanza della sua misericordia». Solo così, convertiti e perdonati, potremo annunciare a tutti con entusiasmo missionario «la vicinanza del Regno di Dio»”, ha concluso il Pontefice. (foto © Vatican Media) 

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