Da Timor-Leste la lezione del Papa sulla “politica della mano tesa”

Entra subito nel vivo la terza e penultima tappa del Viaggio Apostolico in Asia e Oceania: a Dili il Papa elogia le politiche del governo su educazione e famiglia, poi bacchetta le nazioni in guerra: “L’unità è superiore al conflitto, sempre”

Dili – Una lezione sullla “politica della mano tesa” arriva da Papa Francesco che oggi è atterrato in Timor-Leste per la terza e penultima tappa del lungo Viaggio Apostolico in Asia e Oceania. Dopo aver lasciato la Papua Nuova Guinea (leggi qui), il Pontefice ha raggiunto in aereo Dili, capitale del piccolo stato del sudest asiatico, a maggioranza cattolica.

Migliaia di persone si sono affollate lungo le strade, salendo su tetti, balconi, cancelli e pali della luce, per salutare il passaggio dell’auto bianca a bordo del quale viaggiava il Pontefice. Un benvenuto più che caloroso da parte degli abitanti, continuato anche nel tragitto pomeridiano percorso da Bergoglio per raggiungere il Palazzo Presidenziale per il primo dei quattro discorsi pubblici (gli unici di questo lungo viaggio in lingua spagnola, ndr) previsti in questa nazione.

Alla Cerimonia di benvenuto nel Palazzo è seguita la visita di cortesia al Presidente della Repubblica, José Manuel Ramos-Horta. Dopo la Guardia d’Onore, l’esecuzione degli inni e l’Onore alle Bandiere, la presentazione delle rispettive Delegazioni. Presenti, tra gli altri, 29 bambini in abito tradizionale, tre dei quali donano al Papa dei fiori e la sciarpa tradizionale, il tais. Quindi il faccia a faccia tra il Santo Padre e il Capo di Stato mentre i Membri della Segreteria di Stato e le Autorità religiose incontravano il Primo Ministro.

Non è mancata la firma del Libro d’Onore: “Ringrazio il Signore che mi ha portato a Timor Leste e incoraggio il suo popolo a vivere la gioia della fede in armonia e dialogo con la cultura. La cosa migliore e più bella che Timor Leste ha da offrire è il suo popolo. Vi benedico dal profondo del mio cuore”, scrive Francesco che poi per la consueta foto ufficiale. Nel Salão China del Palazzo Presidenziale si svolge l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico.

Un discorso di elogio della nazione, non solo per le politiche attuate a favore delle famiglie o dell’istruzione (basti pensare che, nel ventesimo anniversario dell’indipendenza del Paese Timor-Leste ha recepito come documento nazionale la Dichiarazione sulla Fratellanza umana e inclusa nei programmi scolastici “e ciò è fondamentale”, le parole del Papa), ma anche perché la storia dell’indipendenza di questo Stato può far scuola alle nazioni dell’Occidente e non solo che oggi vivono situazioni di conflitto.

“Qui Asia e Oceania si sfiorano e, in un certo senso, incontrano l’Europa, lontana geograficamente, eppure vicina per il ruolo che essa ha avuto a queste latitudini negli ultimi cinque secoli – non mi riferisco ai pirati olandesi! –. Dal Portogallo, infatti, nel XVI secolo giunsero i primi missionari domenicani che portarono il Cattolicesimo e la lingua portoghese; e quest’ultima insieme alla lingua tetum sono oggi i due idiomi ufficiali dello Stato”, esordisce Francesco.

“Il Cristianesimo – ricorda -, nato in Asia, è arrivato a queste estreme propaggini del continente tramite missionari europei, testimoniando la propria vocazione universale e la capacità di armonizzarsi con le più diverse culture, le quali, incontrandosi con il Vangelo, trovano una nuova sintesi più alta e profonda”.

E a braccio aggiunge: “Il cristianesimo si incultura, assume le culture e i diversi riti orientali, dei diversi popoli. Infatti una delle dimensioni importanti del cristianesimo è l’inculturazione della fede. Ed esso, a sua volta, evangelizza le cultura. Non è una fede ideologica, è una fede radicata nella cultura”.

Questa terra, fa notare, “ha attraversato nel recente passato una fase dolorosa. Ha conosciuto le convulsioni e le violenze, che spesso si registrano quando un popolo si affaccia alla piena indipendenza e la sua ricerca di autonomia viene negata o contrastata”.

Dall’indipendenza dichiarata a quella definitivamente restaurata, Timor-Leste, ricorda il Papa, “ha vissuto gli anni della sua passione e della sua più grande prova. Ha sofferto. Il Paese ha saputo però risorgere, ritrovando un cammino di pace e di apertura a una nuova fase, che vuol essere di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita, di valorizzazione a tutti i livelli dello splendore incontaminato di questo territorio e delle sue risorse naturali e umane”.

“Rendiamo grazie a Dio perché – aggiunge -, nell’attraversare un periodo tanto drammatico della vostra storia, voi non avete perso la speranza, e per il fatto che, dopo giorni oscuri e difficili, è finalmente sorta un’alba di pace e di libertà”.

Nel conseguimento di queste importanti mete è stato di grande aiuto il vostro radicamento nella fede. Io direi che voi siete un popolo che ha sofferto, ma saggio nella sofferenza.

Poi l’elogio: “Desidero in particolare ricordare e lodare il vostro impegno assiduo per giungere a una piena riconciliazione con i fratelli dell’Indonesia, atteggiamento che ha trovato la sua fonte prima e più pura negli insegnamenti del Vangelo. Avete mantenuto salda la speranza anche nell’afflizione e, grazie all’indole del vostro popolo e alla vostra fede, avete trasformato il dolore in gioia!”.

“Voglia il Cielo – l’appello del Santo Padre – che pure in altre situazioni di conflitto, in diverse parti del mondo, prevalga il desiderio della pace. Infatti l’unità è superiore al conflitto, sempre; la pace dell’unità è superiore al conflitto. E per questo si richiede anche una certa purificazione della memoria, per guarire le ferite, combattere l’odio con la riconciliazione, lo scontro con la collaborazione”.

È bello parlare della “politica della mano tesa”, è molto saggia, non è sciocca, no, perché quando la mano tesa si vede tradita, sa lottare, sa portare avanti le cose.

Il pensiero del Pontefice va poi alle questioni attuali: “Penso al fenomeno dell’emigrazione, che è sempre indice di una insufficiente o inadeguata valorizzazione delle risorse; come pure della difficoltà di offrire a tutti un lavoro che produca un equo profitto e garantisca alle famiglie un reddito corrispondente alle loro esigenze di base”. A braccio aggiunge: “E non sempre è un fenomeno esterno. Ad esempio, in Italia c’è l’emigrazione del sud verso il nord e abbiamo tutta una regione del sud che si sta spopolando”.

Ma non c’è solo la problematica dei migranti, spesso conseguenza della “povertà presente in tante zone rurali, e alla conseguente necessità di un’azione corale di ampio respiro che coinvolga molteplici forze e distinte responsabilità, civili, religiose e sociali, per porvi rimedio e per offrire valide alternative all’emigrazione”.

Non manca un riferimento alle considerate delle piaghe sociali, “come l’eccessivo uso di alcolici tra i giovani. Per favore – il monito di Bergoglio -, abbiate cura di questo! Date ideali ai giovani, perché escano da queste trappole! E anche il fenomeno del costituirsi in bande, le quali, forti della loro conoscenza delle arti marziali, invece di usarla al servizio degli indifesi, la usano come occasione per mettere in mostra l’effimero e dannoso potere della violenza”.

“E non dimentichiamo tanti bambini e adolescenti offesi nella loro dignità – questo fenomeno sta emergendo in tutto il mondo –: tutti siamo chiamati ad agire con responsabilità per prevenire ogni tipo di abuso e garantire una crescita serena ai nostri ragazzi”, aggiunge.

Qual è la soluzione a questi problemi? “Come pure per una gestione ottimale delle risorse naturali del Paese, in primo luogo delle riserve petrolifere e del gas, che potrebbero offrire inedite possibilità di sviluppo, è indispensabile – afferma il Santo Padre -preparare adeguatamente, con una formazione appropriata, coloro che saranno chiamati ad essere la classe dirigente del Paese in un non lontano futuro”.

Da qui l’invito a seguire la dottrina sociale della Chiesa che “non è un’ideologia, è basata sulla fraternità. È una dottrina che deve favorire, che favorisce lo sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri”.

Poi nuovamente l’elogio della nazione: “Siete un popolo giovane, non per la vostra cultura e per l’insediamento su questa terra, che sono invece molto antichi, ma per il fatto che circa il 65% della popolazione di Timor-Leste è al di sotto dei 30 anni di età. Penso a due Paesi europei, dove l’età media è di 46 e 48 anni. E da voi, il 65% ha meno di 30 anni; possiamo pensare che l’età media sarà intorno ai 30 anni, un po’ meno. Questa è una ricchezza”.

“Questo dato ci dice che il primo ambito su cui investire è per voi l’educazione. Andate avanti. Investite sull’educazione, sull’educazione nella famiglia e nella scuola. Un’educazione che metta al centro i bambini e i ragazzi e promuova la loro dignità”, aggiunge Bergoglio.

“L’entusiasmo, la freschezza, la proiezione verso l’avvenire, il coraggio, l’intraprendenza, tipici dei giovani, uniti all’esperienza e alla saggezza degli anziani, formano una miscela provvidenziale di conoscenze e di slanci generosi verso il domani. Insieme, questo entusiasmo giovanile e questa saggezza sono una grande risorsa e non permettono la passività né, tantomeno, il pessimismo”, conclude il Papa che, terminato l’incontro, fa rientro alla Nunziatura.

Domani, mentre in Italia saranno le 2.30 di notte, il Pontefice incontrerà i Vescovi e il clero, poi nel pomeriggio (le 9.30 ore di Roma) presiederà la Santa Messa. (foto © Vatican Media)

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