Caso Orlandi, un anno fa la riapertura delle indagini: a che punto siamo?
A un anno dalla riapertura delle indagini sulla scomparsa di Emanuela il procuratore vaticano fa sapere che “non ci si fermerà fino a quando non emergerà tutto”. Pietro Orlandi: “Cercano una verità di comodo”
Città del Vaticano – Verità: la chiede da anni a gran voce la famiglia Orlandi, l’Italia intera e anche Papa Francesco, che un anno fa, a quattro decenni dalla scomparsa di Emanuela, ha fatto riaprire le indagini su uno dei gialli più controversi del Bel Paese.
“Stiamo continuando a lavorare”, “e a differenza dell’Italia noi non abbiamo limiti di tempo, il sistema è più garantista per la persona offesa: per cui finché il caso non è chiuso continueremo a lavorarci”, assicura in un dialogo con l’Ansa, Alessando Diddi, il Promotore di Giustizia vaticano titolare del fascicolo sulla Orlandi aperto nel gennaio dello scorso anno dopo alcune istanze presentate dalla famiglia della cittadina vaticana e un sollecito del Santo Padre. Diddi ricorda anche che sulla nuova inchiesta, che nei mesi scorsi ha generato diverse polemiche, c’è la “collaborazione” della procura di Roma: “continueremo ad indagare”.
Parole che arrivano in risposta alle dichiarazioni di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, intervenuto poco prima ai microfoni di Radio Cusano Campus, annunciando anche una manifestazione a pochi passi da San Pietro per il 14 gennaio, giorno del compleanno di Emanuela: “Ancora una volta, come ogni anno, sarà presente tanta gente comune. Persone che continuano a stupirmi, soprattutto quelle che verranno da fuori Roma. La manifestazione di sabato ovviamente servirà a spingere, per accelerare i tempi per la formazione della Commissione parlamentare d’inchiesta visto che purtroppo ancora non si è mosso praticamente nulla. L’unica cosa positiva da quanto ho saputo è che il presidente della Camera Fontana ha inviato delle lettere ai capigruppo sollecitandoli ad accelerare i tempi, a inviare i nomi di chi dovrà far parte della stessa Commissione. In tal senso, so che qualche partito lo ha già fatto prima di Natale. Adesso mi auguro che faccia altrettanto il presidente del Senato La Russa”.
E sul ruolo del Pontefice aggiunge: “Papa Francesco sicuramente sa cosa è successo a mia sorella, come lo sapevano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Bergoglio sa cosa è accaduto altrimenti non mi avrebbe detto ‘Emanuela sta in cielo, Emanuela è morta’”. Poi lo incalza ad agire in prima persona: “In Vaticano non si è mosso nulla quindi se ci tiene veramente, il Pontefice alzi la voce perché il Vaticano non sta facendo quello che Papa Francesco ha chiesto. In realtà adesso secondo me la Procura vaticana sta indagando solo per trovare una verità di comodo”. Ma a che punto è l’indagine?
Nulla trapela, né dalla Santa Sede, né dalla Procura di Roma. I due enti, infatti, da diversi mesi collaborano per capire cosa sia accaduto quell’afoso 22 giugno del 1983. A maggio scorso, infatti, la Procura di Roma aveva acquisito i nuovi atti dalla magistratura vaticana. Il procedimento a piazzale Clodio era stato aperto dopo che il Csm aveva chiesto informazioni su un esposto presentato dai familiari sul caso della 15enne scomparsa. In questo contesto, venne ascoltato anche l’ex magistrato Giancarlo Capaldo. Ad aprile scorso, per la prima volta in quarant’anni, la magistratura vaticana ha invece ascoltato il fratello Pietro: un incontro durato 8 ore a cui seguì lo scontro tra la famiglia Orlandi e il Vaticano per le accuse a San Giovanni Paolo II. Frasi “inaccettabili”, come definite pubblicamente da Papa Francesco, che affacciato su piazza San Pietro per il Regina Coeli della Domenica della Divina Misericordia (festa istituita proprio da Papa Wojtyla), definì “illazioni offensive e infondate” le parole rivolte al suo predecessore.
In Italia, nel frattempo, a novembre 2023, è stata approvata la Commissione Parlamentare d’Inchiesta: composta da venti senatori e da venti deputati, la nuova Commissione ha il compito di “ricostruire e analizzare la dinamica della scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e dovrà verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti attraverso le inchieste giudiziarie, giornalistiche e condotte commissive oppure omissive che possano avere costituito ostacolo o ritardo o avere portato ad allontanarsi dalla ricostruzione veritiera dei fatti necessaria all’accertamento giurisdizionale delle responsabilità”. Non solo: “la commissione potrà promuovere azioni presso Stati esteri, finalizzate ad ottenere documenti o altri elementi di prova in loro possesso che siano utili alla ricostruzione della vicenda”. L’approvazione del Senato alla commissione arriva 8 mesi dopo quella della Camera dei Deputati.
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