Candelora, il Papa: No a “doppie vite, la castità mostra la bellezza dell’amore che si dona”

Il Pontefice presiede in San Pietro i Vespri in occasione della Giornata per la Vita Consacrata e ammonisce: “Viviamo in un mondo spesso segnato da forme distorte di affettività per cui si sostituiscono lo sposo e la sposa di tutta la vita con il partner del momento, i figli accolti come dono con quelli pretesi come ‘diritto’ o eliminati come ‘disturbo'”

Città del Vaticano – In un mondo “spesso segnato da forme distorte di affettività, in cui il principio del ‘ciò che piace a me’ spinge a cercare nell’altro più la soddisfazione dei propri bisogni, per cui si sostituiscono lo sposo e la sposa di tutta la vita con il partner del momento, i figli accolti come dono con quelli pretesi come ‘diritto’ o eliminati come ‘disturbo'”, “che medicina per l’anima è incontrare religiose e religiosi capaci di una relazionalità matura e gioiosa” che tramite la castità mostrano “all’uomo e alla donna del ventunesimo secolo una via di guarigione dal male dell’isolamento, nell’esercizio di un modo di amare libero e liberante, che accoglie e rispetta tutti e non costringe né respinge nessuno”.

Questo il monito che Papa Francesco lancia dal pulpito della basilica di San Pietro in Vaticano, dove questo pomeriggio ha presieduto i Primi Vespri nella Festa della Presentazione del Signore in occasione della XXIX Giornata Mondiale della Vita Consacrata, che ricorre il 2 febbraio. A concelebrare col Pontefice Cardinali, Vescovi e Sacerdoti appartenenti a Ordini, Congregazioni e Istituti Religiosi. Tanti i consacrati e le consacrate che hanno assistito al rito, introdotto dalla benedizione delle candele e dall’offerta dell’incenso, in basilica.

Nell’omelia, il Vescovo di Roma, ricordando che quella che si celebra il 2 febbraio è considerata la festa della luce, riflette sui voti che tutti i religiosi e le religiose sono chiamati a osservare, ovvero povertà, castità e obbedienza, attraverso i quali ciascuno può essere “portatore di luce per le donne e gli uomini del nostro tempo”.

In primis la povertà: esercitandola, “la persona consacrata, con un uso libero e generoso di tutte le cose, si fa portatrice di benedizione”; respingendone “tutto ciò che può offuscarne la bellezza”, ovvero “l’egoismo, la cupidigia, la dipendenza, l’uso violento e a scopi di morte”, “abbraccia tutto ciò che la può esaltare: la sobrietà, la generosità, la condivisione, la solidarietà”.

Il secondo elemento “è la luce della castità”: “la sua professione, nella rinuncia all’amore coniugale e nella via della continenza, ribadisce il primato assoluto, per l’essere umano, dell’amore di Dio, accolto con cuore indiviso e sponsale, e lo indica come fonte e modello di ogni altro amore”. Ma per esercitarla al meglio, il richiamo del Santo padre, “è importante, nelle nostre comunità, prendersi cura della crescita spirituale e affettiva delle persone, nella formazione iniziale e in quella permanente, perché la castità mostri davvero la bellezza dell’amore che si dona, e non prendano piede fenomeni deleteri come l’inacidimento del cuore o l’ambiguità delle scelte, fonte di tristezza e insoddisfazione e causa, a volte, in soggetti più fragili, dello svilupparsi di vere e proprie ‘doppie vite'”. Questa, aggiunge a braccio, “è una tentazione contro la quale si lotta quotidianamente”.

L’obbedienza, il terzo dei tre voti, alla luce della Parola di Dio, mostra la “bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile, ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca fiducia”, sottolinea Francesco citando l’esortazione apostolica Vita consecrata del 1996. L’obbedienza è anche un “segno profetico per la nostra società, in cui si tende a parlare tanto ma ad ascoltare poco: in famiglia, al lavoro e specialmente sui social, dove ci si possono scambiare fiumi di parole e di immagini senza mai incontrarsi davvero, perché non ci si mette mai veramente in gioco l’uno per l’altro”. “Questo è interessante – aggiunge ancora a braccio il Pontefice -: nel dialogo quotidiano, prima che uno finisca di parlare già esce la risposta. No… Ascoltare prima di rispondere, accogliere la parola dell’altro come un tesoro, come un aiuto”.

Infine, il richiamo a un altro punto chiave della vita religiosa: il “ritorno alle origini”. “Non come un museo”, ammonisce il Santo Padre, ma a quel “primo sì” detto a Cristo e al Padre. Questo ritorno “ci ricorda che il rinnovamento, prima che con le riunioni e le ‘tavole rotonde’, pur molto utili, si fa davanti al Tabernacolo, in adorazione. Abbiamo perso questo senso. Vogliamo fare cose, siamo pratici… Ma adorare, nel silenzio”, aggiunge ancora a braccio il Papa, che conclude con un “grazie” a tutti i religiosi e le religiose: “Grazie tante a voi per la vostra testimonianza. È un lievito nella Chiesa. Grazie”. (foto © Vatican Media) 

Per iscriverti al nostro canale Telegram con solo le notizie di Papa & Vaticano, clicca su questo link
Seguici anche su Facebookclicca su questo link