Candelora. Il Papa: “Mai archiviare la speranza, Dio ci parla ogni giorno in modo inaspettato”

Nella basilica di San Pietro il suggestivo rito con le candele celebrato dal Pontefice assieme a frati e suore nella Giornata della Vita Consacrata. Francesco: “Non fa bene masticare l’amarezza, perché in una famiglia religiosa le persone con l’aceto nel cuore appesantiscono l’aria”

Città del Vaticano – “L’attesa di Dio è importante per il nostro cammino di fede. Ogni giorno il Signore ci visita, ci parla, si svela in modo inaspettato. Perciò Egli stesso ci esorta a restare svegli, a vigilare, a perseverare nell’attesa. La cosa peggiore che può capitarci, infatti, è scivolare nel “sonno dello spirito”: addormentare il cuore, anestetizzare l’anima, archiviare la speranza negli angoli oscuri delle delusioni e delle rassegnazioni”.

Migliaia di candele illuminano la basilica di San Pietro nella festa della Presentazione del Signore: da ogni parte del mondo consacrati e consacrate sono accorsi nel tempio vaticano per partecipare alla suggestiva Messa della Candelora, rito che coincide con la celebrazione della Giornata Mondiale della Vita Consacrata, giunta quest’anno alla 28ma edizione. Il Papa presiede la cerimonia, benedice i ceri e tiene, come di consueto, l’omelia.

Nella sua riflessione, il Santo Padre invita a guardare ai due anziani protagonisti dell’episodio che caratterizza il brano evangelico odierno, ovvero Simeone e Anna: “Ci fa bene guardare a questi due anziani pazienti nell’attesa, vigilanti nello spirito e perseveranti nella preghiera. Il loro cuore è rimasto sveglio, come una fiaccola sempre accesa”. E, rivolgendosi ai consacrati, mette in guardia dal “sonno dello spirito”: “Lungo il cammino della vita hanno sperimentato fatiche e delusioni, ma non si sono arresi al disfattismo. Tenendo desta l’attesa del Signore, diventano capaci di accoglierlo nella novità della sua venuta”.

“La cosa peggiore che può capitarci è scivolare nel ‘sonno dello spirito’: addormentare il cuore, anestetizzare l’anima, archiviare la speranza negli angoli oscuri delle delusioni e delle rassegnazioni”, ammonisce. Poi ammette: “A volte – dobbiamo riconoscerlo – abbiamo smarrito questa capacità di attendere. Ciò dipende da diversi ostacoli”. Bergoglio ne sottolinearne due: la trascuratezza della vita interiore e l’adeguamento allo stile del mondo.

Il primo, spiega. “è quello che succede quando la stanchezza prevale sullo stupore, quando l’abitudine prende il posto dell’entusiasmo, quando perdiamo la perseveranza nel cammino spirituale, quando le esperienze negative. Non fa bene masticare l’amarezza, appesantiscono l’aria”.

Il secondo, invece, “finisce per prendere il posto del Vangelo”. In una società “che spesso corre a gran velocità, che cerca di esorcizzare le paure e le angosce della vita nei templi pagani del consumismo o nello svago a tutti i costi, attendere non è facile”. Poi tuona: “Facciamo attenzione, allora, perché lo spirito del mondo non entri nelle nostre comunità religiose, nella vita ecclesiale e nel cammino di ciascuno di noi, altrimenti non porteremo frutto. La vita cristiana e la missione apostolica hanno bisogno che l’attesa, maturata nella preghiera e nella fedeltà quotidiana, ci liberi dal mito dell’efficienza, dall’ossessione del rendimento e, soprattutto, dalla pretesa di rinchiudere Dio nelle nostre categorie, perché Egli viene sempre in modo imprevedibile, in tempi che non sono nostri e in modi che non sono quelli che ci aspettiamo”.

Infine, un monito per tutti i consacrati: “Coltiviamo nella preghiera l’attesa del Signore e impariamo la buona ‘passività dello Spirito’: così saremo capaci di aprirci alla novità di Dio”. Una novità che “si presenta come un bambino e noi, con tutte le nostre abitudini, paure, timori, invidie, preoccupazioni, lo abbracceremo, lo accoglieremo, gli faremo spazio? Questa novità entrerà davvero nella nostra vita o piuttosto tenteremo di mettere insieme vecchio e nuovo, cercando di lasciarci disturbare il meno possibile dalla presenza della novità di Dio?”.

“Queste domande – conclude il Papa – sono per noi, per le nostre comunità, per la Chiesa. Lasciamoci inquietare, lasciamoci muovere dallo Spirito, come Simeone e Anna. Se come loro vivremo l’attesa nella
custodia della vita interiore e nella coerenza con lo stile del Vangelo, abbracceremo Gesù, luce e speranza della vita”.

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