Roma, viaggio nei luoghi della Passione: Santa Prassede 5/5
Il nostro itinerario quaresimale tra arte e fede nelle basiliche romane si conclude all’Esquilino, dove sotto una magnifica volta decorata da mosaici è custodita una preziosa reliquia collegata alla Passione di Cristo
Roma – Si conclude sul colle Esquilino, il più alto dei famosi sette su cui sorge l’Urbe, il nostro itinerario quaresimale tra arte e fede alla ricerca delle reliquie collegate alla Passione di Cristo (leggi qui). Partiti dal Laterano (leggi qui), ci siamo poi incamminati verso Santa Croce in Gerusalemme (leggi qui). Quindi abbiamo fatto rotta verso il Colosseo per un off-topic (leggi qui) prima di raggiungere San Pietro in Vaticano (leggi qui).
Ora torniamo verso il centro: a pochi passi dalla maestosa basilica di Santa Maria Maggiore, nascosta dai palazzi, sorge la basilica di Santa Prassede, ai più nota per ospitare la Cappella di San Zenone, ad oggi considerato il più importante monumento bizantino conservato a Roma. Voluto da Pasquale I come tomba monumentale della madre Teodora, per la sua realizzazione l’ispirazione arrivò dai mausolei classici. Da qui si accede a una piccola cappella che ospita la colonna alla quale fu legato Gesù per essere flagellato.
La basilica
Situata nel rione Esquilino, fu costruita nel IX secolo da Pasquale I e restaurata varie volte nel corso dei secoli, con alterazioni del suo carattere primitivo. Superati il protiro di accesso, su via di San Martino ai Monti, e l’androne a gradinate, si arriva in un atrio scoperto che precede la facciata e che conserva resti del colonnato della basilica paleocristiana. La facciata presenta, invece, tre finestre centinate in alto e, ai lati, le colonne dell’antico nartece.
L’interno era originariamente diviso in tre navate da sedici colonne di granito, reggenti direttamente la trabeazione. Quattro di queste furono successivamente incorporate in pilastri di rinforzo, su cui sono impostate tre grandi arcate trasversali, decorati da affreschi con “Storie della Passione”, figure di “Apostoli” dei primi del XVII secolo. Al centro del pavimento, un disco di porfido copre un pozzo, ove, secondo la tradizione, Santa Prassede raccoglieva i resti ed il sangue dei martiri.
La cappella dei mosaici
Tra i tesori della basilica il posto d’onore spetta al sacello di San Zenone, una “cappella” situata lungo la navata di destra completamente ricoperta di mosaici bizantini. Più che di una cappella, però, sarebbe corretto parlare di un oratorio, fatto costruire da Papa Pasquale I come tomba per la madre su modello degli antichi mausolei, come ricorda la sua pianta a croce greca. Fu dedicato al martire romano san Zenone, di cui si conosce ben poco, se non il fatto che le sue spoglie riposano in questa cappella, trasportate al tempo di Pasquale I dalle catacombe di Pretestato.
L’oratorio attira l’occhio del pellegrino fin da subito grazie alle decorazioni che abbelliscono il portale d’ingresso: in alto troneggia un’urna cineraria circondato da due “archi” di mosaici con i volti di Cristo e della Vergine Maria, circondati il primo dagli Apostoli e la seconda da due santi e vergini. Concludono in alto sui lati Mosè ed Elia. Nei riquadri sull’imposta del finto arco figurano alcuni mosaici moderni raffiguranti Papa Pasquale I e il suo successore, Eugenio II.
All’interno è il color oro a farla da padrone. Alzando lo sguardo verso il cielo sembra di essere davvero al cospetto del paradiso: ai quattro angoli dell’ambiente sono poste quattro colonne con capitelli dorati, che non hanno altra funzione se non quella di piedistallo ideale ai quattro angeli presenti nella volta, i quali a loro volta reggono un cosiddetto clipeo, ovvero un tondo al cui interno è raffigurato il Cristo pantocratore.
Sulla parete dell’altare, in una nicchia, è raffigurata la Vergine Maria con il Bambino recante un cartiglio con la scritta Ego sum lux. Ai lati le figure delle due sorelle Prassede e Pudenziana. Nella parte sottostante vi è l’unico altare del sacello. Esso è composto da un’edicola lignea del XVII secolo, inquadrata dentro un tempietto composto da due colonne di alabastro con capitelli ionici che sorreggono un architrave. Nella parte superiore della parete d’altare troneggiano le figure intere di Maria, madre di Gesù, e di san Giovanni Battista, in adorazione di Cristo, qui rappresentato dalla luce che entra dalla finestra. Tutto attorno l’arco è decorato con figure di vegetali, fiori ed animali. Nella nicchia successiva vi è la raffigurazione l’episodio evangelico della Trasfigurazione, con le figure di Cristo, Mosè, Elia, e gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo.
Voltandoci alle nostre spalle, sulla parete di controfacciata troviamo un trono gemmato, con una croce dorata sul cuscino, e i santi apostoli Pietro e Paolo.
La decorazione della parete di sinistra possiamo dividerla in tre parti: nella parte superiore le figure intere delle sante Agnese, Pudenziana e Prassede, che, con le mani velate, presentano la corona del martirio. A ridosso dell’arco vi è la rappresentazione della liberazione dagli inferi di Adamo ed Eva per opera di Gesù; la decorazione della nicchia sottostante è suddivisa a sua volta in due parti: nella parte superiore è rappresentato l’Agnello-Cristo su un monte con due cervi che si dissetano ai quattro fiumi che ne sgorgano, mentre nella parte inferiore i busti di Maria Vergine, le sante Prassede e Pudenziana, e Teodora, madre di papa Pasquale (con il nimbo quadrato, segno che era vivente al momento dell’esecuzione del mosaico).
Nella parete di destra troviamo invece le figure intere dell’evangelista Giovanni, con in mano il libro del vangelo, e degli apostoli Andrea e Giacomo. Nella lunetta sottostante, i busti di Cristo benedicente e di due santi, di identificazione incerta (forse san Valentino e san Zenone).
La colonna della flagellazione
Dal sacello si accede a una piccola stanzetta dove si conserva una colonna alta circa 63 cm e con un diametro che varia da 13 a 20 cm, che si ritiene sia stata la colonna alla quale Gesù abbia subito la flagellazione prima di essere condotto sul monte Calvario per essere crocifisso. Questa colonna fu portata a Roma da Gerusalemme dal cardinale Giovanni Colonna nel 1223, durante la V Crociata. La colonna è inserita all’interno di un’edicola-reliquiario in bronzo, eseguito nel 1898 su disegno di Duilio Cambellotti. La reliquia è visibile anche dalla navata di destra grazie a una grata aperta nel muro.
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