Papa Francesco: Le ceneri, da “polveri tossiche” a promessa di vita eterna

All’Aventino la tradizionale e suggestiva Statio che dà il via alla Quaresima. Il Papa è assente ma invia dal Gemelli la sua omelia: “Le ceneri ci ricordano la speranza a cui siamo chiamati perché Gesù, il Figlio di Dio, si è impastato con la polvere della terra, sollevandola fino al cielo”

Roma – Polveri tossiche che riportano alla memoria “la nostra fragilità” e, allo stesso tempo, donano a ciascuno “la speranza” della vita eterna. Questo va a significare il simbolo delle ceneri, sparse sul capo dei credenti nel giorno in cui ha inizio la Quaresima. A dirlo, o meglio, a scriverlo è Papa Francesco che, impossibilitato a presiedere i riti penitenziali delle Statio all’Aventino, dal Policlinico Gemelli, dove è ricoverato da venti giorni per una polmonite, invia la sua omelia. A leggerla è il Cardinale Penitenziere Maggiore, Angelo De Donatis.

Il Pontefice ha scelto lui come suo sostituto per guidare la solenne processione che, ogni anno, si snoda per le antiche ville e chiese sorte lungo i secoli sul colle situato più a sud fra i sette su cui venne fondata Roma. Litanie di santi e salmi accompagnano il corteo che prende il via dalla basilica di Sant’Anselmo: monaci, religiosi, vescovi e cardinali di Curia fanno, a piedi, fanno rotta verso la basilica di Santa Sabina, scrigno di tesori d’arte antica.

E nonostante l’annunciata assenza del Papa, in tanti si sono addossati lungo le transenne per partecipare alla processione. Anche la basilica, seppur limitata negli spazi, appare gremita. Non è la prima volta che Papa Bergoglio è costretto a rinunciare a questa celebrazione in questo suggestivo luogo. Accadde già nel 2022, quando, a causa di un’acuta gonalgia, il medico aveva prescritto al Pontefice un periodo di maggiore riposo per la gamba. Quell’anno, però a presiedere i riti fu il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.

Nell’omelia, preparata per la celebrazione che inaugura il tempo di digiuno e astinenza, il Vescovo di Roma riflette sul doppio simbolo delle sacre ceneri. Il nostro cammino quaresimale verso la Pasqua, si snoda infatti “tra la memoria della nostra fragilità e la speranza che, alla fine della strada, ad attenderci ci sarà il Risorto”.

L’esperienza della fragilità la sperimentiamo ogni giorno “nelle nostre stanchezze, nelle debolezze con cui dobbiamo fare i conti, nelle paure, nei fallimenti, nell’esperienza della malattia, nella povertà, nella sofferenza che a volte piomba improvvisa su di noi e sulle nostre famiglie”. Non solo: “ci accorgiamo di essere fragili quando ci scopriamo esposti, nella vita sociale e politica del nostro tempo, alle ‘polveri sottili’ che inquinano il mondo: la contrapposizione ideologica, la logica della prevaricazione, il ritorno di vecchie ideologie identitarie che teorizzano l’esclusione degli altri, lo sfruttamento delle risorse della terra, la violenza in tutte le sue forme e la guerra tra i popoli”.

il Papa le definisce “polveri tossiche” “che offuscano l’aria del nostro pianeta” e “impediscono la convivenza pacifica”, richiamando anche “il dramma della morte, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi”. Ma a nulla servono “le maschere che indossiamo e gli artifizi spesso creati ad arte per distrarci”, la cenere ci ricorda “che siamo polvere”. Ma “questo ci fa bene” perché “ci ridimensiona, spunta le asprezze dei nostri narcisismi, ci riporta alla realtà, ci rende più umili e disponibili gli uni verso gli altri: nessuno di noi è Dio, siamo tutti in cammino”.

La Quaresima, però, “è anche un invito a ravvivare in noi la speranza”, quella a cui “siamo chiamati perché Gesù, il Figlio di Dio, si è impastato con la polvere della terra, sollevandola fino al cielo. Questa è la speranza che ravviva la cenere che siamo”. Senza di essa “siamo destinati a subire passivamente la fragilità della nostra condizione umana.

Cita quindi Benedetto XVI, che durante un’Udienza generale del febbraio 2010 disse: “L’uomo è polvere e in polvere ritornerà, ma è polvere preziosa agli occhi di Dio, perché Dio ha creato l’uomo destinandolo all’immortalità”. “Con questa speranza nel cuore, mettiamoci in cammino. E lasciamoci riconciliare con Dio”, conclude Francesco. (foto © Vatican Media) 

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