“Continuate ad essere faro di civiltà”: dal Campidoglio l’abbraccio del Papa ai romani

Nel Palazzo Senatorio l’incontro tra il Pontefice e l’Amministrazione comunale in vista del Giubileo, Francesco: “Ogni problema di Roma è il ‘rovescio’ della sua grandezza e, da fattore di crisi, può diventare opportunità di sviluppo: civile, sociale, economico, culturale”

Roma – Universalità. Si potrebbe riassumere con questa unica parola la visita di Papa Francesco in Campidoglio, la seconda del suo pontificato. Giunto in anticipo di mezzora rispetto al programma ufficiale, il copione del cerimoniale è lo stesso di cinque anni fa, quando, sempre sotto la pioggia, venne accolto dai trombettieri di Vitorchiano ai piedi della lupa capitolina, copia fedele dell’originale custodita negli adiacenti musei, posta accanto alla scalinata delle Lance.

A fare gli onori di casa il sindaco Gualtieri. A differenza di cinque anni fa, quando la fascia tricolore era indossata dalla Raggi, il Pontefice si affaccia sì sui Fori Imperiali, ma non dal balconcino dello studio privato del Sindaco, bensì dagli archi del Tabularium, situati nella parte “bassa” del Palazzo Senatorio.

Al colloquio privato col primo cittadino, segue la firma del Pontefice sul libro d’oro del Comune di Roma. Iconiche le parole che Bergoglio sceglie di scrivere sotto le volte decorate della Sala delle Bandiere: “Et sublato patre montem petivi, con questa decisione è nata Roma, nata da lontano, nata in cammino. A Roma, al Sig. Sindaco, ai suoi lavoratori, la mia gratitudine. Il vostro Vescovo Francesco”.

E nell’Aula Giulio Cesare, luogo d’eccellenza per l’incontro tra i cittadini e le autorità locali, il Santo Padre rievoca proprio le origini epiche e divine di Roma, città che lui stesso definisce universale. Un concetto che ben si lega con quello espresso cinque anni fa nel medesimo luogo, quando Francesco definì la Capitale “città di ponti”. La Roma antica, “a causa dello sviluppo giuridico e delle capacità organizzative, e della costruzione lungo i secoli di istituzioni solide e durature, divenne un faro a cui molti popoli si rivolgevano per godere di stabilità e sicurezza”. Un faro rimasto acceso durante i suoi quasi 2800 anni di vita: dalla Roma dei Cesari fino a quella post-unità d’Italia, passando per quella dei Papi.

E proprio su quegli anni Francesco riconosce che alcuni dei suoi predecessori, nello “svolgere un ruolo di supplenza dei poteri civili nel progressivo disfacimento del mondo antico”, (dice a braccio) “alcune volte” hanno avuto “comportamenti non felici”.

Dal passato, lo sguardo del Papa si sofferma sul “presente”, ricordando i grandi eventi che, soprattutto dalla seconda metà del ‘900 contribuiscono a rendere Roma una città universale: dal Concilio Vaticano II alle Olimpiadi, dalla firma del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, fino alla scelta di ospitare a pochi passi dal Circo Massimo la Fao. Ma il pensiero di Bergoglio è soprattutto per il Giubileo, un evento religioso che però, come sottolineato dal Pontefice, “non può non coinvolgere anche la città sotto il profilo delle attenzioni e delle opere necessarie ad accogliere i tanti pellegrini che la visiteranno, aggiungendosi ai turisti”.

Secondo il Dicastero per la Nuova Evangelizzazione, incaricato dell’organizzazione dell’Anno Santo, dovrebbero essere circa 32 milioni i pellegrini che raggiungeranno Roma il prossimo anno. Una cifra importante che, come sottolinea Francesco “potrà avere una ricaduta positiva sul volto stesso della città, migliorandone il decoro e rendendo più efficienti i servizi pubblici, non solamente nel centro ma favorendo l’avvicinamento tra centro e periferie”.

Il Papa ringrazia quindi le autorità, non solo quelle del Comune di Roma, ma anche il Governo italiano “per la sua piena disponibilità a collaborare con le Autorità ecclesiastiche per la buona riuscita del Giubileo”. Una cooperazione, fa notare Francesco a braccio, “fatta di rapporti umani. Spesso si pensa che i rapporti tra le autorità siano solo economici, ma sono umani, i soldi sono secondari”. Parole che suscitano l’applauso dell’Aula Giulio Cesare.

L’enorme afflusso nell’Urbe di pellegrini, turisti e migranti, fa notare il Santo Padre, “con tutto ciò che significa in termini di organizzazione, potrebbe essere visto come un aggravio, un peso che frena e intralcia lo scorrere normale delle cose”. Ma in realtà, “tutto questo è Roma. Ogni suo problema è il ‘rovescio’ della sua grandezza e, da fattore di crisi, può diventare opportunità di sviluppo: civile, sociale, economico, culturale”. Tornano alla mente le parole che proprio Francesco rivolse al sindaco Gualtieri al Te Deum di fine anno, quando lo rimproverò dicendogli che Roma “è una città i cui servizi devono funzionare sempre, non solo per i grandi eventi” (leggi qui). Da qui l’invito alla città tutta “ad essere, anche nel nostro tempo, faro di civiltà e promotrice di pace”.

Dopo lo scambio dei doni (Gualtieri lascia al Santo Padre una medaglia d’argento a ricordo della visita, e un documento di istituzione di alcune iniziative di carattere sociale mentre Francesco regala al Comune un mosaico raffigurante l’Arco di Tito, al Sindaco un trittico di medaglie, e agli Assessori e ai Consiglieri, che saluta singolarmente, medaglie e la Bolla di indizione del Giubileo), il Papa e il primo cittadino si affacciano dalla Loggia del Palazzo Senatorio, addobbata con fiori bianchi e gialli. Accalcati a ridosso della statua di Marco Aurelio soprattutto i dipendenti delle municipalizzate: “Buongiorno, saluto tutti voi, Ama, Protezione civile, Gendarmi, la gente. Grazie tante per l’accoglienza”, le parole che il Papa pronuncia a braccio tra gli appalusi. “Mi permetto di fare una preghiera per Roma, la nostra città”, e intona l’Ave Maria. Benedice la folla e, prima di fare rientro in Vaticano, saluta così i presenti: “Grazie per il vostro lavoro e per quello che fate per la città, grazie. e non dimenticate di pregare per me, a favore, no contro. Arrivederci al Giubileo”.

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