2 novembre, il Papa tra le tombe dei soldati: “Con la guerra si distrugge senza averne coscienza”

Al Rome War Cemetery, nel cuore di Testaccio, Papa Francesco celebra la messa in suffragio di tutti i defunti e tuona: “Le guerre sono sempre una sconfitta. Sì, uno vince sull’altro, ma dietro c’è sempre la sconfitta del prezzo pagato”

Roma – Le nuvole e la pioggia lasciano il posto a un pallido sole che bacia timido pietre e marmi del Rome War Cemetery di Testaccio. Qui riposano 426 soldati del Commonwealth. Giovani vite spezzate dalla follia della guerra. Papa Francesco sceglie questo luogo per celebrare, nel giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda i defunti, la messa in suffragio di chi ci ha preceduto.

Al centro del giardino, costellato di tombe, troneggia una grande croce di pietra bianca. Su di essa una spada di ferro rovesciata. Come già accaduto in passato, il Papa, al suo arrivo, si ferma tra le tombe. Su alcune depone un fiore. Su altre si sofferma in silenzio.

Vestiti i parametri sacri, davanti a 200 persone, presiede il rito sacro. Le nuvole, che inizialmente si erano allontanate, tornano minacciose e la pioggia inizia a scendere copiosa. Ma le gocce non fermano la celebrazione, tantomeno il grido di dolore che il Papa lancia durante l’omelia.

La pioggia scende copiosa mentre il Pontefice invita i presenti a riflettere su due pensieri: memoria e speranza.

“Memoria – spiega – di coloro che ci hanno preceduto, che hanno trascorso la loro vita, che hanno concluso questa vita; memoria di tanta gente che ci ha fatto del bene: in famiglia, tra gli amici… E memoria anche di coloro che non sono riusciti a fare tanto bene, ma sono stati ricevuti nella misericordia di Dio”.

E poi speranza, perché, sottolinea, “quella di oggi è una memoria per guardare avanti. Noi camminiamo verso un incontro, con il Signore e con tutti. E dobbiamo chiedere al Signore questa grazia della speranza: la speranza che mai delude mai; la speranza, che è la virtù di tutti i giorni che ci porta avanti, ci aiuta a risolvere dei problemi”.

Una virtù teologale, la speranza, che Francesco ribatezza “la virtù teologale ‘della cucina’, perché è alla mano e ci viene sempre in aiuto. La speranza che non delude”.

Poi, col pensiero rivolto a quanto sta accadendo ai nostri genitori, è con la mente verso quei giovani soldati che giacciono nelle tombe dinanzi a lui, il Papa si sofferma proprio sulle scritte che scolpite sulle tombe: “Entrando guardavo l’età di questi caduti. La maggioranza è tra i 20 e i 30 anni. Vite stroncate, vite senza futuro. E ho pensato ai genitori, alle mamme che ricevevano quella lettera: ‘Signora, ho l’onore di dirle che lei ha un figlio eroe’ . ‘Sì, eroe, ma me l’hanno tolto!’. Tante lacrime in quelle vite stroncate”. Parole che Francesco aveva già pronunciato in passato, sempre un 2 novembre e sempre in un cimitero militare, quello di Nettuno.

“Non potevo non pensare – tuona poi – alle guerre di oggi. Anche oggi succede lo stesso: tante persone giovani e non più giovani… Nelle guerre del mondo, anche in quelle più vicine a noi, in Europa e al di fuori: quanti morti! Si distrugge la vita senza averne coscienza”.

Infine, un appello: “Pensando ai morti, custodendo la memoria dei morti e custodendo la speranza, chiediamo al Signore la pace, perché la gente non si uccida più nelle guerre. Tanti innocenti morti, tanti soldati che vi lasciano la vita. Ma questo, perché? Le guerre sono sempre una sconfitta, sempre. Non c’è vittoria totale, no. Sì, uno vince sull’altro, ma dietro c’è sempre la sconfitta del prezzo pagato. Preghiamo il Signore per i nostri defunti: che il Signore li riceva tutti. E preghiamo anche perché il Signore abbia pietà di noi e ci dia speranza”. (foto © Vatican Media)

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