La riforma giudiziaria dello Stato senza Costituzione

In Israele, migliaia di persone manifestano da settimane contro la proposta del governo di Netanyahu di riformare il sistema giudiziario del Paese. Oggi stesso la riforma è stata sospesa fino alla sessione estiva del Parlamento israeliano, così da permettere ulteriori confronti tra governo e opposizioni. La proposta prevede di togliere poteri alla Corte suprema per affidarli al governo. Questo ha suscitato l’indignazione dei manifestanti che vedono nella riforma un pericolo per la democrazia israeliana, poiché essa eliminerebbe ogni contrappeso al potere del governo in carica. Il governo e i suoi sostenitori, invece, sostengono che la riforma sia un necessario ribilanciamento dei poteri dello stato, a seguito di un eccessivo potere giudiziario negli ultimi decenni.

Proteste in Israele contro la riforma giudiziaria. @TheGuardian

Per 12 settimane, ogni sabato, centinaia di migliaia di persone scendono in piazza in tutto il Paese sotto il nome di “Movimento Ombrello di Resistenza contro la Dittatura in Israele”. L’ultimo raduno, quello di sabato 25 marzo, ha visto circa 300.000 persone a Tel Aviv (città più laica di Israele e lontana dal conservazionismo di Gerusalemme), 65.000 persone a Haifa, 22.000 a Gerusalemme e 20.000 a Beersheva, per un totale di oltre 120 proteste. Inoltre, nella giornata del 26 marzo, l’Ordine dei Medici ha annunciato la chiusura del sistema sanitario israeliano per protesta contro la riforma e, in concomitanza, anche il più grande sindacato dei lavoratori in Israele, l’Histadrut, ha indetto uno sciopero generale contro il piano giudiziario.

La riforma è stata presentata dal Ministro della Giustizia Yariv Levin ed è sostenuta dai partiti della destra nazionalista laica, come il Likud di Netanyahu e dai partiti ultraortodossi. Netanyahu, attualmente sotto processo per corruzione e altri reati, ritiene che le accuse contro di lui siano politicamente motivate, mentre gli ultraortodossi accusano la Corte di limitare le loro libertà religiose.

La Corte suprema ha un ruolo importante nella vita politica di Israele, poiché il paese non ha una costituzione scritta. Difatti, la Corte suprema si basa sul principio della “ragionevolezza” e su leggi fondamentali per valutare la “incostituzionalità” delle norme. Di conseguenza, qualsiasi legge o provvedimento amministrativo approvato dal governo o dal parlamento può essere annullato dall’Alta corte.

Il parlamento è unicamerale e il presidente di Israele ha pochi poteri rispetto ad altri sistemi parlamentari. Perciò, soprattutto a partire dagli anni Novanta, la Corte suprema israeliana ha assunto il ruolo di principale contrappeso al potere esecutivo, con una serie di sentenze che le hanno dato il potere di abolire qualunque legge approvata dalla Knesset, il parlamento israeliano. La Corte suprema ha un potere molto ampio di revisione della legislazione, che si estende ai provvedimenti amministrativi del governo e degli altri enti sulla base della cosiddetta “clausola di ragionevolezza”. Se i giudici della Corte suprema ritengono che un provvedimento amministrativo sia “irragionevole”, lo possono abolire senza che il parlamento possa fare niente per intervenire.

La proposta del governo di Benjamin Netanyahu per riformare il sistema giudiziario israeliano, che mira a ridurre i poteri della Corte suprema, ha suscitato una serie di proteste in tutto il paese. Secondo i manifestanti, la riforma, che trasferisce parte del controllo alla Corte suprema al governo, rappresenta un pericolo per la democrazia del paese, poiché priva il potere giudiziario di un contrappeso importante. Il governo, d’altra parte, sostiene che la riforma sia necessaria per bilanciare il potere del governo e per rimediare all’eccessivo potere giudiziario degli ultimi decenni, che ha permesso alla Corte suprema di intervenire in diversi ambiti.

La proposta di riforma in questione limiterebbe i poteri della Corte suprema e darebbe al governo il potere di intervenire in modo più diretto e incontrollato nel sistema giudiziario del paese. Questa situazione potrebbe mettere a rischio la democrazia israeliana e il principio di separazione dei poteri, che costituiscono i pilastri fondamentali delle istituzioni democratiche. Tuttavia, nonostante le proteste, il governo sembra deciso a portare avanti la riforma, che potrebbe avere conseguenze significative sulla giustizia e la politica israeliana per molti anni a venire.

La riforma spiegata in breve

La proposta di riforma del sistema giudiziario prevede due importanti cambiamenti.

Attualmente in Israele ogni legge può essere annullata dalla Corte Suprema, la più alta istanza giudiziaria in Israele con sede a Gerusalemme. Quest’organo giudiziario è composto da 15 giudici nominati da una commissione di 9 membri: 3 della medesima corte, 2 avvocati, 4 politici scelti dal governo (2 ministri, 2 parlamentari).

Il primo concerne la selezione dei 15 giudici. Questi, attualmente, sono nominati da una commissione di 9 membri così composta: 3 membri della medesima corte, 2 avvocati e 4 politici scelti dal governo (di cui 2 ministri e 2 parlamentari). La proposta prevede di aumentare da 9 a 11 i membri di questa commissione e di portare a 8 i membri di nomina politica. Ciò significherebbe che il governo avrebbe il controllo totale delle nomine dei giudici della Corte suprema e delle corti inferiori.

Il secondo riguarda il potere della Corte suprema di abolire le leggi approvate dal parlamento. Attualmente, la Corte suprema valuta se una legge sia ragionevole e coerente con le Leggi fondamentali. La proposta del governo prevede di eliminare la “clausola di ragionevolezza” e lasciare alla Corte suprema il compito di esaminare solo se una legge è aderente ai princìpi delle Leggi fondamentali. Inoltre, il parlamento avrebbe il potere di annullare le decisioni della Corte suprema con un voto a maggioranza semplice, se la Corte decide di annullare una legge approvata dal parlamento.

Opinioni sulla riforma

La riforma del sistema giudiziario del governo Netanyahu è stata oggetto di controversie non solo da parte dell’opposizione politica, ma anche da parte della maggioranza degli esperti legali, i quali temono che la legge possa rappresentare un potenziale pericolo per la democrazia. Anche il presidente di Israele, Isaac Herzog, ha espresso gravi preoccupazioni per l’impatto negativo che la riforma potrebbe avere sulle fondamenta democratiche dello stato, e ha chiesto una pausa nei lavori parlamentari per una più ampia discussione all’interno della società.

Nonostante le richieste del presidente, le forze politiche al governo hanno ignorato le preoccupazioni sollevate e hanno proseguito con il percorso legislativo della riforma. La maggioranza delle forze politiche in Israele concorda sul fatto che attualmente esiste uno squilibrio di poteri che favorisce il sistema giudiziario, tuttavia, secondo i critici, la soluzione proposta dal governo finirebbe per creare un nuovo squilibrio potenzialmente più pericoloso.

Infatti, se la riforma venisse approvata nello stato attuale, si passerebbe da un sistema in cui la Corte suprema ha troppi poteri a uno in cui la maggioranza al governo sarebbe decisamente dominante, senza nessun limite o contrappeso. Ciò significa che, una volta approvata una legge, non ci sarebbe alcun organo superiore in grado di sorvegliarne l’operato e di correggere eventuali errori o storture, come invece avviene in maggior parte dei sistemi democratici.

Attendiamo di vedere quali saranno i frutti dei colloqui tra governo ed opposizioni in questi mesi, difatti il primo ministro israeliano, Netanyahu, ha accettato di sospendere la riforma giudiziaria fino alla sessione estiva della Knesset. Il confronto con l’opposizione inizierà a partire dal 2 aprile di quest’anno.