I vescovi Caldei: “Due popoli due Stati: la soluzione per la pace in Terra Santa”

Sulle possibili soluzioni per la Terra Santa, i vescovi caldei sposano la linea che più volte ha espresso anche Papa Francesco, ovvero quella dei due popoli in due Stati “confinanti che vivano in pace, sicurezza, stabilità e fiducia reciproca”

Baghdad – Due popoli, due Stati. I vescovi Caldei, riuniti a Baghdad per l’annuale Sinodo della Chiesa caldea, guardano con preoccupazione ai tanti conflitti che lacerano il Medio Oriente, attenzionando soprattutto la situazione in Terra Santa.

I presuli, si legge in un comunicato diffuso al termine dell’assemblea, svoltasi dal 15 al 19 luglio presso la sede patriarcale di Al-Mansour, prima di iniziare i lavori, hanno inviato una lettera al Pontefice, “chiedendo la sua benedizione paterna e le sue preghiere affinché le discussioni del Sinodo siano fruttuose per il benessere della Chiesa e del Paese”.

Diversi i temi affrontanti. Ogni riunione, come riporta l’Agenzia Fides, si è svolta “in un clima di familiarità, democrazia e fratellanza, che ha permesso loro di mettere in luce alcuni aspetti” sulla vita delle comunità cristiane che vivono in Medio Oriente, a partire dalla guerra in Terra Santa e dalle sue conseguenze sull’intera regione

I vescovi del Sinodo caldeo, oltre a esprimere “la loro profonda preoccupazione”, “condannano la violenza sotto tutte le forme”. Quindi l’invito, rivolto alla Comunità Internazionale affinché si adoperi seriamente “a proteggere e affermare sempre la pace”, così da “porre fine immediatamente alla guerra”. Sulle possibili soluzioni, i vescovi caldei sposano la linea che più volte ha espresso anche Papa Francesco, ovvero quella dei due popoli in due Stati “confinanti che vivano in pace, sicurezza, stabilità e fiducia reciproca”.

Lo sguardo dei presuli è andato poi al popolo cristiano che vive nella regione, un popolo che “ha sofferto molto negli ultimi due decenni a causa della privazione dei propri diritti, dell’emarginazione, dell’esclusione” sociale e per il sequestro “di beni e proprietà”. Soprusi “che hanno costretto molti cristiani a emigrare in cerca di un ambiente migliore”.

I vescovi invitano pertanto “il nostro stimato governo a essere equo nel trattamento della comunità cristiana, dando loro fiducia e rafforzando la cooperazione, a livello nazionale, beneficiando delle competenze di tutti per sviluppare questo Paese”. Non solo: dal Sinodo arriva anche la richiesta, sempre indirizzata al governo, di “rispettare pienamente i loro diritti come cittadini, con pari rappresentanza e occupazione”.

Da qui anche una riflessione sul futuro dei cristiani in Oriente. Riguardo a questo tema, i il Sinodo caldeo rinnova “l’appello del Patriarca Sako all’unità e alla solidarietà. La nostra fede e la nostra terra sono i pilastri che ci accomunano”. Esprimendo poi “la nostra fraterna simpatia ai vescovi dei Paesi vicini”, i Padri sinodali caldei sono convinti “che la Chiesa ha bisogno di una nuova visione del futuro tanto quanto abbiamo bisogno di coraggiosi passi pratici per stabilizzare i cristiani nella loro terra, preservando la loro identità e migliorando il loro ruolo e la loro presenza nella società”.

“L’unità – rimarcano – è la nostra forza e salvezza. Nonostante le ferite, continuiamo ad amare i nostri paesi e i nostri cittadini, e vorremmo collaborare con loro nel diffondere una cultura di convivenza, nel rispetto delle differenze degli altri consolidando la speranza verso una società giusta e civile”.

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