Francesco in Asia e Oceania. Tagle: “In Oriente un piccolo gregge che può far scuola all’Occidente”

Il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione – Sezione per la prima evangelizzazione, spiega i motivi del Viaggio Apostolico più lungo del pontificato di Bergoglio: “Non è un show, non lo fa per battere record: è un atto di obbedienza alla missione”

Città del Vaticano – Papa Francesco si appresta a compiere quello che in molti hanno già definito il viaggio apostolico del record: quattro nazioni in due continenti per un totale di quasi quarantamila chilometri percorsi. L’aereo papale decollerà dall’aeroporto di Fiumicino il 2 settembre ma, come fa notare il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione – Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari, quell’aereo sarebbe dovuto decollare già quattro anni fa: “Ricordo che questo viaggio in Asia e Oceania era in programma già nel 2020 – racconta il porporato intervistato dall’Agenzia Fides -. Quando arrivai a Roma c’era già questo progetto. Gli inviti da parte delle autorità civili e religiose di Indonesia, Papua Nuova Guinea Timor Leste e Singapore arrivarono cinque anni fa”. Poi la pandemia di Covid-19 ha bloccato tutto.

“Mi ha molto sorpreso che il Santo Padre abbia ripreso in mano questo progetto, che per me è molto significativo – continua il Pro-Prefetto –. Il Pontefice compie questo viaggio con zelo missionario per mostrare la vicinanza sua e della Chiesa universale alle periferie esistenziali. Non solo del mondo ma anche della cristianità. E questa è una manifestazione del suo amore paterno verso tutta la Chiesa che egli rappresenta”.

Per il cardinal Tagle, quello che si appresta a compiere il Papa “è un atto di umiltà, non uno show per mettersi in mostra. Questi lunghi viaggi (dodici giorni, ndr.) sono pesanti per una persona anziana a cui viene chiesto di abbracciare anche la fatica. Questo non è per me segno di orgoglio ma, ripeto, di umiltà al Signore che ci chiama e chiede obbedienza alla missione. Credo che proprio qui risieda lo spirito di questo viaggio”.

Dire che Papa Francesco preferisca l’Asia all’Europa, però, sottolinea il porporato, “è un’interpretazione errata. Non è assolutamente vero che il Pontefice preferisce un continente a un altro o disprezzi alcune parti del pianeta. Questa è una falsa interpretazione dei viaggi papali”.

“Prima di tutto – spiega Tagle – pochi giorni dopo che rientrerà dall’Asia visiterà il nord Europa (Lussemburgo e Belgio dal 26 al 29 settembre, ndr). Mi sembra di capire che il Papa compia questi viaggi non solo per incoraggiare i cattolici ma per far sentire il suo sostegno a tutti, anche ai non cristiani Non dimentichiamo che due terzi della popolazione mondiale vive in Asia e la stragrande maggioranza è gente povera”. Ed è proprio “fra i poveri, dove ci sono guerre e persecuzioni, che si trovano i numeri di alti di battesimi. Dove c’è povertà c’è una maggiore attrazione verso la persona Cristo”.

Ma i motivi di questo “viaggio dei record” non sono solo religiosi: “Il Papa – fa notare il cardinale – ha ricevuto l’invito anche dalle autorità civili, dei Capi di Stato. I governi di questi Paesi vogliono la presenza del Santo Padre per motivi umani perché la sua figura è simbolo di dialogo, di fratellanza, di cura del creato. È evidente che non c’è nessun pregiudizio rispetto a una parte o l’altra del pianeta”.

Nella sua esperienza di pastore, il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione ricorda i suoi viaggi negli Stati che saranno toccati anche dal Pontefice: “L’Asia – racconta – è un mondo composto da diversi mondi e per me, come asiatico, questi viaggi aprono la mente e il cuore a un vasto orizzonte non solo dell’esperienza umana ma anche aiuta a conoscere le tante espressioni del cristianesimo”.

“Qui infatti – continua il cardinale – il Vangelo si incarna in modi che per me sono sorprendenti. Io personalmente, ma tutti, possiamo imparare tanto dalla saggezza e della creatività dello Spirito Santo. Visitando questi popoli si conosce e si comprende l’aspetto umano e l’aspetto evangelico. Il mio auspicio per questo viaggio è che non solo il Papa, ma anche i giornalisti e tutto il seguito possano fare esperienza di questa creatività dello Spirito Santo”.

Una creatività che alimenta una forte fede nonostante “i cattolici in questi Paesi siano una minoranza. In Europa la Chiesa gode di uno stato culturale, civile, sociale e di rispetto che qui anche esiste ma non ai nostri livelli. Per questo spero – continua il cardinal Tagle – che il viaggio papale apra l’orizzonte e anche la Chiesa occidentale riscopra l’esperienza di essere e vivere come un piccolo gregge”. Il calo delle vocazioni e il sempre minor numero di credenti in Occidente “deve spingerci a tornare a vivere come quella prima comunità degli Apostoli. E la Chiesa piccola che vive in Oriente può farci da scuola”.

“L’esperienza degli Apostoli, che erano appena dodici persone, si ripete in questi paesi dell’Asia. In Nepal – ricorda il Pro-Prefetto di Propaganda Fidei –, per esempio, ho incontrato un parroco. La sua parrocchia aveva un territorio grande quasi come un terzo dell’Italia. Sapete quanti parrocchiani aveva? Solo cinque dispersi su questo grande territorio. Eppure la loro fede era forte”.

All’Agenzia Fides il cardinale racconta poi che tipo di comunità troverà Papa Francesco nei singoli Stati, a partire dell’Indonesia, prima tappa di questo lungo viaggio, e che vanta il titolo di più grande Stato-arcipelago del mondo: “In Indonesia c’è un’enorme diversità culturale e linguistica ma anche di stati civili e finanziari. È anche il Paese del mondo col maggior numero di abitanti di religione musulmana. E qui sta il grande dono dello Spirito Santo alla comunità cattolica indonesiana, la comunione. Una comunione che non nega la diversità”.

“In Indonesia – continua Tagle – la presenza del Papa spero porti nuovo impulso alla fratellanza fra i seguaci delle varie religioni, specialmente con l’Islam che qui è moderato e aperto a tutti. Basti pensare che il terreno dove sorge l’Università cattolica è dono del primo Presidente. Un messaggio forte per dire che nel popolo indonesiano tutti sono accettati come fratelli e sorelle”. “Ricordo – continua il cardinale – quando partecipai alla Giornata dei Giovani Asiatici –. Dato il basso numero di credenti c’erano giovani musulmani come volontari. La Conferenza Episcopale mi diede due assistenti, entrambi musulmani che hanno assolto i loro compiti con grande riverenza alla Chiesa. Spero che questo viaggia papale sia anche occasione per conoscere questa fratellanza. È un equilibrio fragile, ma il popolo indonesiano sa resistere”.

Anche la Papua Nuova Guinea è “un Paese multiculturale, con varie tribù che ogni tanto vanno in conflitto fra di loro. Ma è un Paese – sottolinea Tagle – dove la diversità può essere una ricchezza. Se sospendiamo i nostri preconcetti nelle culture tribali troviamo valori umani vicini agli ideali cristiani. In Papua Nuova Guinea ci sono posti dove la natura è incontaminata. L’anno scorso sono stato lì per la consacrazione di una nuova Cattedrale. Ho chiesto al Vescovo l’acqua in bottiglia e lui mi dice: ‘No possiamo bere l’acqua del fiume, è potabile’. Sorprendete! Grazie alla loro saggezza tribale sono riusciti a conservare l’armonia con la natura e possono bere direttamente dal fiume. Una cosa che noi nei cosiddetti Paesi sviluppati non abbiamo più. Al contrario inquiniamo e siamo costretti a comprare l’acqua. Loro no”. La Chiesa della Papua Nuova Guinea “è una Chiesa giovane ma ha già offerto un martire, Peter ToRot, che era anche catechista alla Chiesa universale. L’auspicio per questa visita – prosegue il cardinale – è che questa testimonianza di fede aiuti i credenti non solo nel martirio del sangue ma anche e soprattutto nella vita quotidiana”.

Altra pagina sarà la terza tappa del viaggio, Timor Leste, uno dei più giovani del mondo: “La guerra per l’indipendenza con l’Indonesia è stata brutta – sottolinea il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione -. Per me è significativo che il Papa tocchi l’Indonesia e poi Timor Leste. Due Paesi che hanno una storia di lotte e che ora sono riconciliati, in pace. Una pace fragile ma grazie allo sforzo di entrambi è duratura. Il paese è piccolo ma quasi il 95 per cento della popolazione è cattolica”.

E il rapporto tra la Chiesa locale e il governo “è molto buono. Il governo locale – prosegue il cardinale – sostiene anche i servizi educativi della Chiesa. E mi sembra che proprio la Chiesa sia stata uno dei punti di riferimento per la popolazione durante guerra. La gente di Timor Leste dichiara che la loro fede in Cristo è stata una delle forze, probabilmente la forza più forte, nella ricerca per l’indipendenza”.

Nell’ultima parte del viaggio, Francesco visiterà Singapore, uno tra i Paesi più ricchi del mondo dove tutto è al top: “Qui ogni cosa è una meraviglia – racconta Tagle –. Vedere un popolo che ha raggiunto questo alto livello di professionalità e disciplina in pochi anni e con risorse limite, tutto è importato, fa riflettere”.
“Possiedono tecnologie molto avanzate sul riciclo dell’acqua, agricoltura senza terra, livelli alti di educazione. Il governo qui è noto anche per una legge che garantisce a tutte le religioni lo stesso rispetto. L’offesa alla religione è un crimine che viene punito con severità. C’è però bisogno di equilibrio: la gente vuole vivere sicura, e a Singapore si sente sicura, anche i turisti. Ma occorre fare attenzione per evitare che le legge distrugga quei valori che dice di proteggere”. Il Papa, aggiunge Tagle, “appoggerà questa fratellanza tra le religioni e chiederà equilibrio tra disciplina e veri valori”.

Nel concludere il dialogo con l’Agenzia Fides, il cardinale offre un chiarimento su missionari e l’idea distorta che in Occidente sussiste di loro durante l’epoca coloniale: “Dobbiamo leggere la storia con calma e nei propri contesti. Adesso c’è questa tendenza e questa tentazione di leggere la storia, specialmente la storia delle missioni, con gli occhi d’oggi e di imporre ai missionari vissuti secoli fa le nostre visioni. Prima di tutto i missionari sono un dono per la Chiesa. Obbediscono a Cristo stesso che ha detto di andare fino ai confini della terra”.

“Molti sono partiti per condividere e annunciare il Vangelo. Nel corso degli anni – fa notare il porporato – è capitato che alcuni leader delle nazioni abbiano portato i missionari in diversi posti durante le colonizzazioni ma credo nel mio cuore che quei missionari siano andati lì per evangelizzare e non per essere manipolati e usati dai colonizzatori. E ci sono le prove di questo: preti, missionari, religiosi, hanno agito contro le regole del proprio governo e sono stati martirizzati. Non è giusto dare un giudizio globale e dire che tutti i missionari sono agenti di Stato. È sufficiente leggere la storia”.

E dal sangue di questi martiri oggi continuano a fiorire cattolici: “Due anni fa venne pubblicato uno studio sulla libertà religiosa. In quei Paesi dove ci sono persecuzioni il numero di battesimi è aumentato. Dove c’è la possibilità reale del martirio la fede si propaga. E anche chi non è credente si domanda: ‘Ma da dove arriva tutta questa forza, questa capacità di offrire la vita? È il Vangelo in atto – conclude Tagle –. Il nostro scopo, anche di questo Dicastero, è aiutare le Chiese locali, non imporre un forma mentis o una cultura diversa dalla loro”.

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