Debito estero: dal Papa tre “vie” per superare questo “strumento di controllo” e giungere alla pace

Nel messaggio per la 58ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1 gennaio 2025, il Pontefice chiede un cambio di passo, “culturale e strutturale”, ai governi di tutto il pianeta

Città del Vaticano – Tre azioni possibili per superare questo “strumento di controllo” delle nazioni che è il debito estero e avviare così un “cammino di speranza” verso la tanto agognata pace. Nel messaggio che Papa Francesco pubblica oggi per la 58ma Giornata Mondiale della Pace, che la Chiesa celebra ogni anno il 1 gennaio, il Pontefice chiede un cambio di passo, “culturale e strutturale”, ai governi del pianeta.

Non sarebbe sufficiente “qualche episodico atto di filantropia” per ottenere “un cambiamento duraturo”, sottolinea il Papa nel messaggio – suddiviso in quattro parti, articolato in 15 punti e tradotto anche in lingua russa – per ascoltare seriamente “il grido dell’umanità” lacerata dalla violenza. E in questo senso, propizio è l’Anno Santo.

Il Pontefice, citando San Basilio di Cesarea (Homilia de avaritia, 7: PG 31, 275) fa notare come oggi, “nel villaggio globale interconnesso, il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri”.

Secondo il Vescovo di Roma, “il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati”.

A ciò, prosegue, si aggiunge “che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati”. Entrambe, debito ecologico e debito estero, “sono due facce di una stessa medaglia, di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito”.

Da qui l’appello, già lanciato con la Bolla “Spes non confundit”, rivolto alla comunità internazionale “a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia”.

Ma come si ottiene quel cambiamento “culturale, strutturale” e “duraturo” che il Papa auspica in questo documento? La base di partenza è comprendere “una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri”. Non solo. Il Pontefice suggerisce “tre azioni” per “ridare dignità alla vita di intere popolazioni affinché si superi la crisi del debito e tutti possano ritornare a riconoscersi debitori perdonati”. In primis fa suo l’appello lanciato da Giovanni Paolo II in occasione del grande Giubileo del 2000, ovvero quello “di pensare a una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni”.

Però, avverte il Papa, “perché non si tratti di un atto isolato di beneficenza, che rischia poi di innescare nuovamente un circolo vizioso di finanziamento-debito, occorre, nello stesso tempo, lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

La seconda azione consiste in “un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale. Senza speranza nella vita, infatti, è difficile che sorga nel cuore dei più giovani il desiderio di generare altre vite”. In quest’ottica, il “gesto concreto” che chiede di attuare Papa Francesco è “l’eliminazione della pena di morte in tutte le Nazioni”, un provvedimento, come scritto in “Spes non confundit”, che “annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento”.

La terza via è un appello che si rifà a quelli di Paolo VI e Benedetto XVI, ovvero quello di utilizzare “almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.

“Dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari. Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace”, il monito del Vescovo di Roma, che nella parte finale del messaggio ricorda come la vera pace è quella che “viene donata da Dio a un cuore disarmato”, ovvero “un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo” ma “che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo”.

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