Venezia, il Papa agli artisti della Biennale: “Immaginate città in cui nessuno è estraneo”

Francesco visita il padiglione della Santa Sede per la Biennale e ricorda Frida Khalo, Corita Kent e Louise Bourgeois: “Mi auguro con tutto il cuore che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana”

Venezia – “Il mondo ha bisogno di voi”. Con queste parole Papa Francesco si è rivolto agli artisti che partecipano alla Biennale di Venezia. Un evento al quale partecipa anche la Santa Sede, con un padiglione allestito, su ispirazione del Pontefice argentino, nel carcere femminile della Giudecca. Ed è proprio in quel padiglione che il Santo Padre incontra circa una trentina di artisti che prendono parte all’edizione 2024.

Una visita “storica”, come l’ha definita il cardinal José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione e Commissario del Padiglione della Santa Sede, realizzato nella chiesa della Maddalena. Per Tolentino, infatti, la visita di Bergoglio inaugura “una nuova era nei rapporti della Chiesa con il mondo delle arti”: “È vero, come ricordava il San Paolo VI, alla fine del Concilio Vaticano II, che ‘da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza’ con gli artisti, che hanno contribuito a costruire e decorare i templi cristiani, hanno arricchito di bellezza la liturgia e aiutato a tradurre in esperienza umana e rendere sensibile il messaggio divino. Ma non dobbiamo dimenticare che nella storia del rapporto della Chiesa con le arti ci sono state anche ambiguità e dure tensioni, al punto che per decenni si è parlato di un persistente ‘divorzio’, causato anche dalla difficoltà della Chiesa di comprendere e accettare l’autonomia dell’arte, che giustamente non accetta di fare da semplice cassa di risonanza di parole altrui”.

“La sua visita, Santo Padre, rende evidente la volontà di mettere in atto uno stile nuovo, in cui le convergenze plurali siano intessute nella libertà e la porzione di cammino autentico che possiamo fare insieme sia più apprezzata dell’affermazione ossessiva del potere”, l’omaggio del cardinale: “Questo padiglione ne è la testimonianza. Non abbiamo cercato gli artisti più comodi. Non abbiamo voluto costruire una trincea o isolarci in una visione. Al contrario, l’invito è che tutti vedano con i propri occhi. In questo senso, abbiamo scelto di essere inquilini e vicini, piuttosto che padroni di casa”.

“Ho molto desiderato venire alla Biennale d’Arte di Venezia per contraccambiare una visita, com’è buona abitudine tra amici. Nel giugno scorso, infatti, ho avuto la gioia di accogliere un folto gruppo di artisti nella Cappella Sistina. Ora sono io a venire ‘a casa vostra’ per incontrarvi personalmente, per sentirmi ancora più vicino a voi e, in questo modo, ringraziarvi di quello che siete e che fate”.

“Vi confesso che accanto a voi non mi sento un estraneo: mi sento a casa. E penso che in realtà questo valga per ogni essere umano, perché, a tutti gli effetti, l’arte riveste lo statuto di ‘città rifugio’, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi”, aggiunge il Santo Padre, ricordando che “le città rifugio sono un’istituzione biblica”, menzionate già nel Deuteronomio (cfr Dt 4,41), con l’obiettivo di “prevenire lo spargimento di sangue innocente e a moderare il cieco desiderio di vendetta, per garantire la tutela dei diritti umani e cercare forme di riconciliazione”.

Sarebbe importante se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”.

Dietro a queste piaghe sociali di oggi, spiega Francesco, “c’è sempre il rifiuto dell’altro. C’è l’egoismo che ci fa funzionare come isole solitarie invece che come arcipelaghi collaborativi. Vi imploro, amici artisti, immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo ‘stranieri ovunque’, stiamo proponendo ‘fratelli ovunque’”.

Il titolo del padiglione in cui si trova il Santo Padre è “Con i miei occhi”. Uno sguardo che è quello di Cristo, uno sguardo di “amore che non giudica, ma sa essere vicino e incoraggiare. E direi che l’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo. Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre”. Da qui l’appello urgente a saper “distinguere chiaramente l’arte dal mercato. Certo, il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che ‘vampirizzi’ la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi”.

Infine, il pensiero del Papa va alle donne: ricorda quindi artiste come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois. Il suo auspicio è “che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana”. (foto © Vatican Media)

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