Veglia penitenziale, il Papa: “Non possiamo risolvere i conflitti alimentando violenza”
Nella basilica vaticana il Pontefice presiede una veglia penitenziale alla vigilia del Sinodo. E mentre l’Iran bombarda Israele, Francesco prega per la pace: “Di fronte al male e alla sofferenza innocente domandiamo: dove sei Signore? Ma la domanda dobbiamo rivolgerla a noi”
Città del Vaticano – Per fare la pace “ci vuole coraggio”. E ci vuole coraggio anche “per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza”. Papa Francesco riunisce nella sua voce quella di tutta la Chiesa e ai piedi del Crocifisso di San Damiano, posto per l’occasione al centro dell’altare coperto dal baldacchino del Bernini, torna a invocare il dono della pace assieme ai padri sinodali che da domani, e fino al 27 ottobre, celebreranno la XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi.
Una celebrazione, come riporta l’Agenzia Fides, che prende il via dopo due giorni di ritiro mentre il mondo, in particolar modo il Medio Oriente, continua ad essere sconvolto da violenze e conflitti.
Quella terza guerra mondiale a pezzi che più volte il Pontefice ha denunciato, chiedendo che le armi tacciano una volta per tutte in ogni angolo del globo, si fa oggi più rumorosa in Libano, nelle ultime ore devastato da una pioggia senza fine di bombe e missili, così come Israele, attaccato da centinaia di missili iraniani. Armi esplosive che non distruggono “solo edifici e strade” ma anche “i legami più intimi che ci ancorano ai nostri ricordi, alle nostre radici e alle nostre relazioni”, come racconta suor Deema.
La religiosa fa parte della comunità monastica di al-Khalil (l’amico di Dio) fondata nel 1991 nel monastero siro-cattolico di San Mosè l’Abissino da padre Paolo Dall’Oglio. Tra i marmi antichi della basilica vaticana, la voce di suor Deema, a tratti interrotta dall’emozione, racconta di come in Siria la guerra abbia portato ad una crescente disumanizzazione dell’altro fino ad arrivare al punto di giustificarne l’uccisione: “Un mio amico cristiano un giorno mi ha detto: sai, non ho paura della morte di per sé, ma ho paura di morire ucciso da un mio amico musulmano”. Frasi che rievocano alla mente immagini simili a quelle delle ultime settimane che ci giungono dal Libano e non solo.
“Di fronte al male e alla sofferenza innocente domandiamo: dove sei Signore?”, dice Papa Francesco nella breve riflessione che segue l’atto penitenziale. “Ma la domanda – sottolinea – dobbiamo rivolgerla a noi, e interrogarci sulle responsabilità che abbiamo quando non riusciamo a fermare il male con il bene”.
“Non possiamo pretendere di risolvere i conflitti – conclude – alimentando violenza che diventa sempre più efferata, riscattarci provocando dolore, salvarci con la morte dell’altro. Come possiamo inseguire una felicità pagata con il prezzo dell’infelicità dei fratelli e delle sorelle? E questo è per tutti, laiche laici, consacrate, consacrati per tutti”.
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