Il Papa: “Venezia, terra che fa fratelli”

Francesco celebra messa in piazza San Marco davanti a oltre 10mila fedeli: “Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune”

Venezia – “Abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune. Venezia, terra che fa fratelli”.

Dopo aver visitato il carcere femminile della Giudecca (leggi qui), il padiglione della Santa Sede per la Biennale (leggi qui) e aver incontrato i giovani veneti (leggi qui), Papa Francesco celebra messa in una piazza San Marco baciata da un pallido sole e gremita da oltre diecimila persone. Il Pontefice nella maestosa piazza arriva in barca. Sulla laguna, i gondolieri alzano i remi in segno di saluto al passaggio del motoscafo papale. A bordo della mini papamobile elettrica si concede un bagno di folla prima di vestire i paramenti sacri. Dispensa sorrisi, carezze e benedizioni, Non mancano i baci ai neonati. In prima fila i sacerdoti e i sindaci delle quindici diocesi del Triveneto e le più alte cariche, civili e militari, del capoluogo.

Come accade da un po’ di tempo a questa parte, Francesco presiede la celebrazione ma all’altare, per la consacrazione, c’è il Patriarca di Venezia, mons. Moraglia.

Nell’omelia, il Santo Padre, nel commentare il brano odierno del Vangelo, si sofferma sulle parole che Cristo pronunciò durante l’Ultima Cena, spiegando: “Solo chi rimane unito a Gesù porta frutto”. Prima di morire, infatti, Gesù consegna agli apostoli, “insieme con l’Eucaristia, alcune parole-chiave. Una di esse è proprio questa: ‘rimanete'”, ovvero “mantenete vivo il legame con me, restate uniti a me come i tralci alla vite”.

Sullo sfondo dell’immagine usata da Gesù, il pensiero del Papa va alla lunga storia che lega Venezia al lavoro delle vigne e alla produzione del vino, alla cura di tanti viticoltori e ai numerosi vigneti sorti nelle isole della Laguna e nei giardini tra le calli della città: “Dentro questa memoria, non è difficile cogliere il messaggio della parabola della vite e dei tralci: la fede in Gesù, il legame con Lui non imprigiona la nostra libertà ma, al contrario, ci apre ad accogliere la linfa dell’amore di Dio, il quale moltiplica la nostra gioia, si prende cura di noi con la premura di un bravo vignaiolo e fa nascere germogli anche quando il terreno della nostra vita diventa arido”. Ma la metafora che usa Cristo, sottolinea il Papa, “può essere letta anche pensando a questa città costruita sulle acque, e riconosciuta per questa sua unicità come uno dei luoghi più suggestivi al mondo”.

Venezia è un tutt’uno con le acque su cui sorge, e senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere.

E la vita del cristiano si può paragonare a quella di Venezia: “Anche noi, immersi da sempre nelle sorgenti dell’amore di Dio, siamo stati rigenerati nel Battesimo, siamo rinati a vita nuova dall’acqua e dallo Spirito Santo e inseriti in Cristo come i tralci nella vite. In noi scorre la linfa di questo amore, senza il quale diventiamo rami secchi, che non portano frutto”. Cita poi il suo predecessore, il beato Giovanni Paolo I, che quando era Patriarca di Venezia, disse: “Gesù è venuto a portare agli uomini la vita eterna […]». E continuava: «Quella vita sta in lui e da lui passa ai suoi discepoli, come la linfa sale dal tronco ai tralci della vite. Essa è un’acqua fresca, che egli dà, una fonte sempre zampillante”.

“Questo è ciò che conta: rimanere nel Signore, dimorare in Lui”, rimarca il Papa, ribadendo che il frutto che nasce da questo legame non è “un frutto qualsiasi! Il frutto dei tralci in cui scorre la linfa è l’uva, e dall’uva proviene il vino, che è un segno messianico per eccellenza. Gesù, infatti, il Messia inviato dal Padre, porta il vino dell’amore di Dio nel cuore dell’uomo e lo riempie di gioia, lo riempie di speranza”.

Continuando il paragone tra la vita del cristiano e Venezia, Francesco aggiunge: “Se oggi guardiamo a questa città, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano: i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”. Parole, queste ultime, accolte con un lungo applauso da parte dei fedeli presenti.

Da qui l’appello alla città ad essere “una terra che fa fratelli”: “Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: non dimentichiamo il patrimonio umano, la grande umanità nostra, quella che ha preso Dio per camminare con noi”.

Da San Marco la preghiera per la pace

Terminata la messa, da piazza San Marco, il Papa, come ogni domenica, prega per la pace invocando col Regina Caeli, “l’intercessione della Vergine Maria per le tante situazioni di sofferenza nel mondo”. Il pensiero di Bergoglio va quindi ad Haiti, dove è in vigore lo stato di emergenza e la popolazione è disperata per il collasso del sistema sanitario, la scarsità di cibo e le violenze che spingono alla fuga: “Affidiamo al Signore i lavori e le decisioni del nuovo Consiglio Presidenziale di Transizione, insediatosi giovedì scorso a Port-au-Prince, affinché, con il rinnovato sostegno della Comunità internazionale, possa condurre il Paese a raggiungere la pace e la stabilità di cui tanto ha bisogno”.

Lo sguardo del Pontefice va poi alle popolazioni in guerra: “Penso alla martoriata Ucraina, alla Palestina e a Israele, ai Rohingya e a tante popolazioni che soffrono a causa di guerre e violenze. Il Dio della pace illumini i cuori perché cresca in tutti la volontà di dialogo e di riconciliazione”.

E, prima della benedizione, ringrazia i veneziani per l’accoglienza, scherzando con i presenti: “Vi porto con me nella preghiera; e anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché questo lavoro non è facile!”.

In sedia a rotelle il Papa lascia il palco con l’altare e, tra due ali di folla festanti che lo salutano sventolando le bandierine del Vaticano, raggiunge la Cattedrale di San Marco. In forma privata, accompagnato dal Patriarca di Venezia, sosta in preghiera davanti alla tomba dell’evangelista. Quindi, in barca, fa ritorno all’isola della Giudecca, dove decolla per far rientro a Santa Marta. (foto © Vatican Media)

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