Giubileo, il Papa consegna la bolla: “Diventiamo cantori di speranza”

In una San Pietro semivuota la lettura della bolla “Spes non confundit” durante i Vespri per la Solennità dell’Ascensione. Il Pontefice: “Tutto, dentro e fuori di noi, invoca speranza e va cercando, anche senza saperlo, la vicinanza di Dio”

Città del Vaticano – In un mondo segnato da troppe disperazioni il cristiano deve diventare “cantore di speranza”. Questo il monito di Papa Francesco ai cattolici di tutto il mondo in vista del Giubileo. Le parole del Pontefice, infatti, arrivano nel giorno in cui consegna la Bolla d’indizione dell’anno Santo (che per antica tradizione viene data nel giorno dell’Ascensione, ndr).

Il rito si svolge sotto il portico della basilica vaticana, davanti la Porta Santa, addobbata a festa per l’occasione. Con la presentazione della Bolla il Papa indice ufficialmente il Giubileo Ordinario 2025. E, come impone il rito, il documento non solo viene letto ma anche consegnato simbolicamente a tutta la Chiesa. Una copia, infatti, viene data ai quattro arcipretri delle basiliche papali dove si trovano le Porte Sante; una copia viene poi data a mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, incaricato della preparazione e celebrazione del Giubileo, al cardinal Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, in rappresentanza di tutti i Vescovi dell’Asia, a mons. Fortunatus Nwachukwu, Segretario del Dicastero per l‘Evangelizzazione, in rappresentanza di tutti i Vescovi dell’Africa e al cardinal Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, in rappresentanza di tutti i Vescovi delle Chiese d’oriente.

Una copia viene data anche al cardinal Robert Francis Prevost, Prefetto del Dicastero per i Vescovi, in rappresentanza di tutti gli altri Vescovi di competenza e a mons. Leonardo Sapienza, Reggente della Prefettura della Casa Pontificia, Decano del Collegio dei Protonotari Apostolico, che ne legge alcuni passi significativi della Bolla, come le date: la Porta Santa di San Pietro sarà aperta dal Pontefice il 24 dicembre. La domenica successiva, 29 dicembre 2024, sarà aperta la Porta Santa della Cattedrale di Roma, ovvero San Giovanni in Laterano, che il 9 novembre di quest’anno celebrerà i 1700 anni della dedicazione. A seguire, il 1° gennaio 2025, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, verrà aperta la Porta Santa della basilica papale di Santa Maria Maggiore. Infine, domenica 5 gennaio sarà aperta la Porta Santa della basilica di San Paolo fuori le Mura. Queste ultime tre Porte Sante saranno chiuse entro domenica 28 dicembre dello stesso anno.

Nel documento, Francesco stabilisce inoltre che domenica 29 dicembre 2024, in tutte le cattedrali e concattedrali del pianeta, i Vescovi diocesani celebrino la santa Eucaristia come solenne apertura dell’Anno giubilare, secondo un rituale che verrà predisposto ad hoc.

Come da tradizione, ai Governi chiede che durante il Giubileo “si assumano iniziative che restituiscano speranza”, come “forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi. Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”.

Terminata la lettura, la processione fa il suo solenne ingresso nella basilica vaticana, semivuota. Molte le sedie rimaste vuote. Il Pontefice, in sedia a rotelle, opta per il corridoio laterale, “fuggendo” dalle macchine fotografiche dei presenti. Giunto davanti al baldacchino del Bernini, ancora in restauro, veste un piviale cucito per l’occasione e donato al Santo Padre da Bergamo. Inizia così la preghiera dei Vespri nella solennità dell’Ascensione.

Nella breve omelia, Papa Bergoglio a più riprese richiama il tema del Giubileo, ovvero la speranza. “Non si tratta di semplice ottimismo umano – sottolinea Francesco – o di un’effimera aspettativa legata a qualche sicurezza terrena, no, è una realtà già compiuta in Gesù e che ogni giorno è donata anche a noi, fino a quando saremo una cosa sola nell’abbraccio del suo amore”.

Da qui l’invito a diventare “cantori di speranza” “con i gesti, con le parole, con le scelte di ogni giorno, con la pazienza di seminare un po’ di bellezza e di gentilezza ovunque ci troviamo”. Di speranza, infatti, tuona il Papa, “abbiamo bisogno. Ne ha bisogno la società in cui viviamo, spesso immersa nel solo presente e incapace di guardare al futuro; ne ha bisogno la nostra epoca, che a volte si trascina stancamente nel grigiore dell’individualismo e del ‘tirare a campare’; ne ha bisogno il creato, gravemente ferito e deturpato dagli egoismi umani; ne hanno bisogno i popoli e le nazioni, che si affacciano al domani carichi di inquietudini e di paure, mentre le ingiustizie si protraggono con arroganza, i poveri vengono scartati, le guerre seminano morte, gli ultimi restano ancora in fondo alla lista e il sogno di un mondo fraterno rischia di apparire come un miraggio”.

Non solo: ne hanno bisogno anche “i giovani, spesso disorientati ma desiderosi di vivere in pienezza; ne hanno bisogno gli anziani, che la cultura dell’efficienza e dello scarto non sa più rispettare e ascoltare; ne hanno bisogno gli ammalati e tutti coloro che sono piagati nel corpo e nello spirito, che possono ricevere sollievo attraverso la nostra vicinanza e la nostra cura”.

Ma di speranza ne “ha bisogno” anche “la Chiesa, perché quando sperimenta il peso della fatica e della fragilità, non dimentichi mai di essere la Sposa di Cristo, amata di un amore eterno e fedele, chiamata a custodire la luce del Vangelo, inviata a trasmettere a tutti il fuoco che Gesù ha portato e acceso nel
mondo una volta per sempre”. Di speranza, conclude il Santo Padre, “ha bisogno ciascuno di noi. Tutto, dentro e fuori di noi, invoca speranza e va cercando, anche senza saperlo, la vicinanza di Dio”. (foto © Vatican Media)

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