Bombe in Terra Santa, il dolore del Papa: “Questa non è guerra, è terrorismo”
In Vaticano il Pontefice ha incontrato due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti come ostaggi in Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti prigionieri in Israele: “Soffrono tanto, ho sentito come soffrono ambedue”
Città del Vaticano – In Israele e Palestina “siamo andati oltre le guerre, questo non è guerreggiare, questo è terrorismo”. Nel giorno in cui si annuncia una tregua in Terra Santa (che inizierà domani alle ore 10, nel mentre l’esercito israeliano prosegue le operazioni a Gaza), Papa Francesco, al termine dell’Udienza generale (leggi qui), condanna le brutale violenza che si continua a perpetrare nei luoghi in cui visse Gesù.
Il Santo Padre chiede a tutti di “perseverare nella preghiera per quanti soffrono a causa delle guerre in tante parti del mondo, specialmente per le care popolazioni dell’Ucraina, la martoriata Ucraina, e di Israele e della Palestina”. E, come annunciato nei giorni scorsi, riferisce pubblicamente di aver “ricevuto due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti come ostaggi in Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti prigionieri in Israele. Loro soffrono tanto e ho sentito come soffrono ambedue”.
Poi tuona: “Le guerre fanno questo, ma qui siamo andati oltre le guerre, questo non è guerreggiare, questo è terrorismo. Per favore, andiamo avanti per la pace, pregate per la pace, pregate tanto per la pace. Che il Signore metta mano lì, che il Signore ci aiuti a risolvere i problemi e non andare avanti con le passioni che alla fine uccidono tutti. Preghiamo per il popolo palestinese, preghiamo per il popolo israeliano, perché venga la pace”.
Il Papa riceve israeliani e palestinesi
L’incontro con le due delegazioni è avvenuto prima dell’Udienza generale. Gli israeliani sono stati ricevuti dal Pontefice in uno dei salotti di Casa Santa Marta. I palestinesi, invece, nell’Auletta attigua alla Sala Nervi. Entrambi i colloquio si sono svolti in lingua inglese.
“Nell’incontro che abbiamo avuto con il Papa questa mattina, ognuno di noi ha raccontato quello che ha passato. Ognuno aveva storie diverse, ma tutte andavano a finire allo stesso modo: le persone a Gaza stanno morendo”, racconta uno dei palestinesi ai media vaticani.
“È stato un incontro per quanto breve molto intenso, nel quale il Santo Padre ha mostrato un atteggiamento molto partecipato e compassionevole nei nostri confronti. Il Papa ha ripetuto anche a noi l’auspicio che cessi presto il rumore delle armi. Questa assurda e terribile situazione iniziata il 7 ottobre ha prodotto troppe vittime innocenti. Avremmo voluto avere più tempo con lui, ma abbiamo sentito tutto il suo supporto e amore”, racconta sempre ai media vaticani una mamma israeliana il cui figlio è stato rapito da Hamas.
“Papa Francesco – continua – non è solo il leader spirituale di due miliardi di cristiani, ma anche un’indiscussa autorità morale in tutto il mondo. È molto ascoltato anche nel mondo musulmano, e questo è per noi particolarmente importante. E la sua voce influenza i potenti della Terra perché anch’essi siano consapevoli che oggi la priorità è liberare tutti gli ostaggi. Se oggi vengono liberati i primi 50, non dobbiamo scordare che ne rimangono comunque ben 190 nelle mani dei rapitori. E soprattutto spero che la Croce Rossa sia presto autorizzata a visitare gli ostaggi; penso a mio figlio ferito ad un braccio ma anche a tutti gli altri. Voglio anche ringraziare voi media vaticani per come state seguendo la nostra sofferenza: spero che possiate presto intervistare anche mio figlio finalmente liberato”.
Con questi incontri, di carattere esclusivamente umanitario, precisano dalla Santa Sede, Papa Francesco vuole manifestare la sua vicinanza spirituale alle sofferenze di ciascuno, perché, come già affermato durante l’Angelus di qualche domenica fa, “ogni essere umano, che sia cristiano, ebreo, musulmano, di qualsiasi popolo e religione, ogni essere umano è sacro, è prezioso agli occhi di Dio e ha diritto a vivere in pace”. In un’altra nota, il Vaticano precisa poi che il Papa non ha mai usato la parola “genocidio” durante gli incontri con le due delegazioni.
La tregua in Terra Santa
Secondo quanto annunciato dal Ministero degli Esteri del Qatar, che ha svolto un ruolo chiave nella mediazione tra Israele e Hamas, la pausa “umanitaria” nei combattimenti durerà quattro giorni, con la possibilità di essere prolungata più a lungo. Il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha ringraziato “i partner che hanno contribuito affinché fosse raggiunto l’accordo sulla pausa umanitaria a Gaza, in particolare gli Stati Uniti e l’Egitto”. L’auspicio, si legge in un messaggio diffuso su X, è che porti a “un accordo globale e sostenibile che ponga fine alla guerra e allo spargimento di sangue e che porti a colloqui seri per un processo di pace globale e giusto nel rispetto delle risoluzioni con legittimità internazionale”.
Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha accolto con favore l’accordo umanitario mediato dall’estero tra i suoi rivali islamici di Hamas e Israele nella Striscia di Gaza, e ha chiesto soluzioni più ampie al conflitto. L’amministrazione di Abbas, con sede in Cisgiordania, “apprezza lo sforzo di mediazione qatariota-egiziano”, vuole una tregua prolungata con Israele e “l’attuazione di una soluzione politica basata sulla legittimità internazionale”, si legge in un post sui social.
Dal Libano fanno sapere che il cessate il fuoco a Gaza, concordato con Hamas, dovrebbe applicarsi anche al confine settentrionale. Secondo il rapporto, l’esercito libanese è coinvolto in colloqui con Hezbollah nel tentativo di porre fine agli attacchi sul territorio libanese. Nelle informazioni ufficiali, infatti, si legge che la tregua di Gaza “si applicherà al sud del Libano, e Hezbollah vi aderirà a condizione che vi aderisca anche Israele”.
L’accordo sulla liberazione degli ostaggi
Oltre alla tregua umanitaria, si è raggiunto anche un accordo sul rilascio degli ostaggi: centocinquanta prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane saranno rilasciati. I prigionieri sono donne e bambini, si legge nel comunicato ufficiale. Hamas ha poi confermato l’accordo e rilascerà 50 ostaggi, tra cui donne e bambini, detenuti a Gaza dal 7 ottobre. Ha inoltre affermato che l’accordo prevede l’ingresso di centinaia di camion che trasportano aiuti umanitari, medicinali forniture e carburante a tutte le parti di Gaza. Il ministero della Giustizia israeliano ha quindi pubblicato l’elenco dei 300 prigionieri palestinesi candidati al rilascio nell’ambito dell’accordo sugli ostaggi approvato dal governo di Tel Aviv.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il membro del gabinetto di sicurezza Benny Gantz sono stati autorizzati a decidere ogni volta sull’identità dei prigionieri da rilasciare. Sono stati inoltre autorizzati a determinare la data finale del cessate il fuoco – in vista della possibilità che Hamas rilasci altri ostaggi – a condizione che la durata totale non superi i dieci giorni.
Intanto la Jihad islamica palestinese ha dichiarato su Telegram che nell’accordo raggiunto fra Israele e Hamas non saranno liberati ‘prigionieri non civili israeliani’, precisando che i soldati israeliani non saranno rilasciati finché “tutti i nostri prigionieri non saranno liberati dalle prigioni nemiche. Sottolineiamo il nostro continuo confronto con l’aggressore, a tutti i livelli politici e sul campo, al fine di contrastare tutti gli obiettivi di questa aggressione”. (foto © Vatican Media)
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