Unità dei Cristiani, il Papa: “Mettere da parte le idee per ascoltare insieme Dio”
Il rito dei Vespri nella basilica di San Paolo fuori le mura interrotto dalle proteste degli animalisti. Il Pontefice ai leader delle altre confessioni cristiane: “Solo l’amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso ci unirà”
Roma – Mettere da parte le idee per ascoltare insieme la voce di Dio. E’ l’auspicio che Papa Francesco rivolge ai leader delle altre confessioni cristiane durante la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo apostolo. Il rito, svoltosi nella basilica di San Paolo fuori le mura, come avviene da 57 anni, conclude la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.
Il Pontefice, appena giunto in basilica, si ferma in preghiera davanti alla tomba dell’apostolo, situata sotto il ciborio realizzato nel 1285 da Arnolfo Di Cambio. Accanto al Santo Padre, sostano in preghiera anche il Justin Welby ̧ Arcivescovo di Canterbury, e il Metropolita Policarpo, in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico.
I canti e le preghiere scandiscono il rito, interrotto per alcuni istanti da due donne che, poco prima della proclamazione del Vangelo, sfruttando un momento di silenzio, hanno urlato mostrando delle t-shirt e dei manifesti con la scritta “Stop blessing corridas”, le foto della corrida col toro ucciso e il logo dell’associazione Peta, tra le più grandi associazioni di animalisti. Fondata da un’atea, la stessa associazione nel 2015 aveva nominato Papa Francesco persona dell’Anno per il suo impegno a favore della protezione degli animali e del creato. Le due donne sono state bloccate dagli uomini della sicurezza e fatte allontanare dalla basilica.
Per l’omelia, il Pontefice sceglie come fil rouge il tema di quest’anno della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani che si sta concludendo, ovvero “Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso”. E, commentando la parabola del “buon samaritano”, Papa Francesco mette subito in guardia da “una religiosità distorta, basata sul possesso anziché sul dono, dove Dio è il mezzo per ottenere ciò che voglio, non il fine da amare con tutto il cuore”.
Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto, avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, ci unirà.
“Tra di noi – ammonisce il Santo Padre – non dovremmo mai porci la domanda ‘chi è il mio prossimo?’. Perché ogni battezzato appartiene allo stesso Corpo di Cristo; e di più, perché ogni persona nel mondo è mio fratello o mia sorella, e tutti componiamo la ‘sinfonia dell’umanità’, di cui Cristo è primogenito e redentore”. Al contrario, sarebbe da porsi il quesito: “Io mi faccio prossimo? Io e poi la mia comunità, la mia Chiesa, la mia spiritualità, si fanno prossime? O restano barricate in difesa dei propri interessi, gelose della loro autonomia, rinchiuse nel calcolo dei propri vantaggi, intavolando rapporti con gli altri solo per ricavarne qualcosa? Se così fosse, non si tratterebbe solo di sbagli strategici, ma di infedeltà al Vangelo”.
Francesco invita quindi a guardare a San Paolo, l’apostolo delle genti, un uomo che “non cambia vita sulla base dei suoi obiettivi, non diventa migliore perché realizza i suoi progetti. La sua conversione nasce da un capovolgimento esistenziale, dove il primato non appartiene più alla sua bravura di fronte alla Legge, ma alla docilità nei riguardi di Dio, in una totale apertura a ciò che Lui vuole. Se Lui è il tesoro, il nostro programma ecclesiale non può che consistere nel fare la sua volontà, nell’andare incontro ai suoi desideri”.
Poi ammonisce: “Tutti gli sforzi verso la piena unità sono chiamati a mettere da parte la centralità delle nostre idee per cercare la voce del Signore e lasciare iniziativa e spazio a Lui”. “Questa è la via: camminare insieme e servire insieme, mettendo la preghiera al primo posto. Infatti, quando i cristiani maturano nel servizio di Dio e del prossimo, crescono anche nella comprensione reciproca”, aggiunge il Papa.
Cosa fare allora? La risposta è nella preghiera: “Pregare per l’unità è il primo compito del nostro cammino. Ed è un compito santo, perché è stare in comunione con il Signore, che per l’unità ha anzitutto pregato il Padre”. Da qui l’invito a pregare anche per la pace, “specialmente in Ucraina e in Terra Santa. Un pensiero accorato va anche all’amato popolo del Burkina Faso, in particolare alle comunità che lì hanno preparato il materiale per la Settimana di Preghiera per l’Unità: possa l’amore al prossimo prendere il posto della violenza che affligge il loro Paese”.
Prima delle benedizione, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, con un piccolo discorso in lingua inglese e a braccio, affida a Dio e a Maria il cammino verso l’unità. Quindi, il Papa e l’arcivescovo anglicano conferiscono il mandato ai vescovi della Chiesa cattolica e di quella anglicana, membri della Commissione internazionale per l’Unità e la Missione, perché insieme possano testimoniare l’unità voluta da Dio nelle rispettive regioni. Prima di lasciare la basilica, Francesco percorre la navata centrale salutando e benedicendo la folla presente. (foto © Vatican Media)
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