Roma, viaggio nei luoghi della Passione: San Pietro in Vaticano 4/5

Nei giganteschi pilastri che sorreggono la cupola sono custodite alcune delle reliquie più importanti per la cristianità. E ogni anno, in Quaresima, vengono mostrate ai fedeli

Città del Vaticano – Siamo giunti alla penultima tappa del nostro itinerario quaresimale sulle tracce delle reliquie della Passione di Cristo conservate nell’Urbe. Partiti dal Laterano (leggi qui), siamo poi giunti alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme (leggi qui). Quindi dall’Esquilino siamo scesi nella valle del Tevere per raggiungere il Colosseo (leggi qui). Da qui, percorrendo quella che una volta era la via papale, si raggiunge il centro della cristianità: la basilica di San Pietro in Vaticano. Il grande abbraccio del colonnato avvolge pellegrini e turisti che a migliaia, ogni giorno, si recano in questo luogo per ammirarne le bellezze.

L’occhio, è inevitabile, fin da lontano si posa su quello che è uno dei più grandi capolavori dell’ingegneria umana: il cupolone. Ben 14mila tonnellate di struttura sorrette da quattro pilastri talmente imponenti che secondo gli studiosi in ognuno di essi potrebbe essere contenuta la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane. Il loro assetto definitivo fu realizzato sotto la guida di Gian Lorenzo Bernini.

Le nicchie a livello del pavimento ospitano le imponenti statue in marmo di Santa Veronica (pilastro sud-ovest), Sant’Elena (nord-ovest), Sant’Andrea (sud-est) e San Longino (nord-est), quest’ultima eseguita dallo stesso Bernini. Sopra le nicchie, attraverso scale elicoidali, si accede a quattro logge, dove, su un fondo di finte nuvole, emergono complessivamente otto delle dodici colonne tortili provenienti dall’antica basilica costantiniana. Ed è proprio in questi pilastri che sono custodite alcune tra le reliquie più importanti della cristianità.

Del resto è facile intuirlo grazie alle statue e agli elementi decorativi che li contraddistinguono. Si tratta del velo della Veronica, con impresso il “Volto Santo”, è un frammento della lancia di Longino, ovvero la lancia che trafisse il costato di Cristo durante la crocifissione.

Il velo della Veronica

Prima di continuare è necessaria una precisazione: il velo della Veronica non è quello offerto a Gesù, per asciugarsi il sudore e detergere il suo sangue lungo la via del Calvario, dalla pia donna di tale nome. Infatti questo popolare episodio della “Via Crucis” non si trova in nessuno dei Vangeli ed è derivato da una leggenda abbastanza recente. Il nome “Veronica”, invece, pare derivi dall’accostamento dell’aggettivo latino “vera” al sostantivo greco “icona”, per indicare la “vera immagine” di Gesù tra quelle considerate non dipinte da mano d’uomo.

Secondo la leggenda, un giorno l’imperatore romano Tiberio fu colpito da una grave malattia. Avendo saputo che nella lontana Palestina operava un eccezionale guaritore di nome Gesù, ordinò al suo messo Volusiano di andare a cercarlo a Gerusalemme. Ma la stagione invernale ritardò la partenza di Volusiano, che giunse in Palestina quando Gesù era stato crocifisso. Volusiano, però, non volle tornare a mani vuote perché temeva l’ira dell’imperatore. Si mise quindi alla ricerca dei seguaci di Gesù per ottenere da loro almeno una reliquia del maestro. Trovò una donna, chiamata appunto Veronica, che ammise di aver conosciuto Gesù e gli raccontò una storia prodigiosa. Anni prima, quando era andato a predicare in una località lontana, le era venuta una grande nostalgia del Signore. Perciò aveva comprato un panno bianco per portarlo ad un pittore affinché questi, sulla base delle sue indicazioni, gliene facesse un ritratto. Ma proprio il giorno in cui era uscita di casa per andare dal pittore, aveva incontrato per strada Gesù, di ritorno dal suo viaggio. Egli, saputo il desiderio della donna, le aveva chiesto il panno e, sfregatolo sul suo viso, glielo aveva restituito con impressi i propri lineamenti.

Volusiano chiese a Veronica quel ritratto ed ella acconsentì a portarlo di persona a Tiberio. L’imperatore, alla sola vista del telo, guarì all’istante. Da quel momento in poi l’insigne reliquia rimase a Roma per essere poi venerata nella basilica vaticana. Sotto il telo compare questa scritta in latino: Vera Effigies Sacri Vultus Domini Nostri Jesu Christi Que Romae in Sacrosancta Basilica S. Petri in Vaticano Religiosissime Asservatur et Colitur.

Con la costruzione della nuova basilica vaticana, un posto speciale a questa reliquia venne dedicato in uno dei pilastri. Nella parte alte venne costruita una piccola cappellina, delimitata da un cancello. Un balconcino si affaccia sulla grande navata centrale.

Ogni anno, a ridosso della Domenica delle Palme, quel balconcino viene addobbato a festa. Dopo una processione e le orazioni di rito, i cancelli della cappellina si aprono e il velo viene mostrato ai fedeli da tre canonici. L’ostensione si conclude con la benedizione fatta con la reliquia. Quindi lascia il balconcino e viene riposta dietro il cancello.

Del velo, tuttavia, vi sono pochissime ispezioni nei tempi moderni e non ci sono fotografie dettagliate. L’ispezione più dettagliata registrata nel XX secolo avvenne nel 1907 quando lo storico dell’arte gesuita Joseph Wilpert fu autorizzato a rimuovere due lastre di vetro per ispezionare l’immagine. Egli commentò che vide solo ‘un pezzo quadrato di stoffa leggermente colorata, alquanto scolorita dall’età, che porta due deboli macchie marrone-ruggine, unite l’una all’altra.

La lancia di Longino

Nell’altro pilastro, decorato con la scultura marmorea realizzata da Bernini, vi è (o meglio vi era: le reliquie della lancia e della croce sono state riunite nella cappella del velo lasciando “vuote” le altre due celle) custodita la parte metallica della lancia di Longino. Nell’Urbe, questa importante reliquia, sulla quale molti scrittori hanno romanzato, si tratterebbe di un regalo del sultano Bayazid II a Innocenzo VIII.

Il sultano donò al Pontefice solo la parte metallica. Da Costantinopoli viaggiò via mare nell’Adriatico. Raggiunto il porto di Ancona, la lancia sbarcò in Italia nel 1492, come testimoniano gli scritti del tempo. Nel capoluogo marchigiano si riunirono vescovi e fedeli per venerare la reliquia, che fu quindi esposta pubblicamente. Tuttavia, nel caos generale, la punta della lancia si ruppe e oggi quel frammento è custodito nel Museo Diocesano di Ancona in un reliquiario preziosissimo, ricoperto d’oro e lapislazzuli.

Nel percorso da Ancona a Roma, la lancia fu portata sempre in processione solenne. Nell’Urbe arrivò il 31 maggio. Il Papa benedì i romani con la reliquia e poi la depositò nella chiesa di Santa Maria del Popolo. Oltre un secolo dopo fu spostata nella nuova basilica vaticana, in uno dei quattro pilastri che sorreggono la cupola. Come per molte altre reliquie, è difficile accertarne l’originalità. Dagli studi è merso però che si tratta di una punta di lancia del I secolo dopo Cristo, del tutto compatibile con le armi usate dai romani in quell’epoca.

Come accade col velo della Veronica, la reliquia viene esposta ai fedeli una volta l’anno, la prima domenica di Quaresima. Il balconcino viene addobbato e dopo una processione nella basilica il cancelleto si apre e tre canonici benedicono la folla con il reliquiario.

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