Guerra in Terra Santa: nuovo scontro diplomatico Vaticano-Israele
Il Segretario di Stato: “Reazione sproporzionata, 30mila morti sono una carneficina”. L’ira dell’ambasciata d’Israele presso la Santa Sede: “Da Parolin dichiarazioni deplorevoli”
Città del Vaticano – Dopo la Rai, l’ira d’Israele si abbatte nuovamente sul Vaticano. In un comunicato stampa. l’ambascia d’Israele presso la Santa Sede replica con forti toni alle dichiarazioni del Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che nel commentare la situazione a Gaza, aveva fatto notare come la risposta di difesa d’Israele all’attacco di Hamas sia stato “sproporzionato”. Il porporato ha poi definito una “carneficina” i 30mila morti nella striscia. Ma per l’ambasciata d’Israele, le parole del cardinale sono “deplorevoli”: “Giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di tutte le circostanze e i dati rilevanti porta inevitabilmente a conclusioni errate”.
Lo sdegno per la carneficina a Gaza…
Ma cosa ha detto di preciso Parolin per finire nel mirino di Israele? Le parole del Segretario di Stato arrivano a margine del tradizionale incontro bilaterale Santa Sede-Italia a Palazzo Borromeo per l’anniversario della firma dei Patti Lateranensi. Il porporato, interpellato dai cronisti, commenta riferendo quanto detto nel colloquio a porte chiuse con la delegazione italiana sulla situazione nella striscia di Gaza: “Con il Presidente della Repubblica e anche con il ministro degli Esteri si è fatta una panoramica un po’ su tutti gli scenari di crisi che attualmente sconvolgono il mondo e c’è una coincidenza di preoccupazioni da parte dell’Italia e della Santa Sede. Molto più difficile trovare soluzioni a queste problematiche, però si sta tentando di dare un contributo che possa essere positivo e avviare percorsi di pace”.
Anche il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha parlato di una reazione sproporzionata da parte d’Israele. Una posizione non solo della Santa Sede, dunque. Come ha detto Parolin, “è una voce generale, non si può continuare così”.
Di certo “bisogna trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina”, aggiunge il porporato, che chiarisce: “La Santa Sede l’ha detto fin dall’inizio: da una parte, una condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre, e qui lo ribadisco; una condanna netta e senza riserve di ogni tipo di antisemitismo, e qui lo ribadisco. Ma nello stesso tempo anche una richiesta perché il diritto alla difesa di Israele che è stato invocato per giustificare questa operazione sia proporzionato e certamente con 30 mila morti non lo è”.
E se una soluzione al conflitto in Terra Santa sembra al momento lontana, Parolin cita un gigante della patristica: “Bisogna non perdere la speranza. Diceva Sant’Agostino che la speranza poggia sullo sdegno e sul coraggio, credo che tutti siamo sdegnati per quanto sta succedendo, per questa carneficina ma dobbiamo avere il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza perché, se perdiamo la speranza, incrociamo le braccia. Invece bisogna lottare fino in fondo e cercare di dare fin dove possibile il nostro apporto, il nostro contributo”.
…accende lo scontro diplomatico
All’indomani delle parole del porporato ecco il comunicato dell’ambasciata, guidata da Raphael Schutz (che nei mesi scorsi ricevette proprio in ambasciata il cardinal Parolin in polo a maniche corte), definisce come una “dichiarazione deplorevole” quanto affermato dal Segretario di Stato. “Giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di TUTTE le circostanze e i dati rilevanti porta inevitabilmente a conclusioni errate”, si legge in un comunicato stampa.
Secondo Israele, tra “le circostanze e i dati rilevanti”, che Parolin avrebbe dovuto considerare, per l’ambasciata c’è il fatto che “Gaza è stata trasformata da Hamas nella più grande base terroristica mai vista. Non c’è quasi nessuna infrastruttura civile che non sia stata utilizzata da Hamas per i suoi piani criminali, inclusi ospedali, scuole, luoghi di culto e molti altri”.
“Gran parte del ‘progetto’ di Hamas, vale a dire la costruzione di questa infrastruttura terroristica senza precedenti, è stato attivamente sostenuto dalla popolazione civile locale. I civili di Gaza – sostiene ancora l’ambasciata – hanno anche partecipato attivamente all’invasione non provocata del 7 ottobre nel territorio israeliano, uccidendo, violentando e prendendo civili in ostaggio. Tutti questi atti sono definiti crimini di guerra”. Le operazioni militari dell’Idf, si legge ancora nella nota, “si svolgono nel pieno rispetto del diritto internazionale”.
“Secondo i dati disponibili, per ogni militante di Hamas ucciso hanno perso la vita tre civili. Tutte le vittime civili sono da piangere, ma nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze Nato o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista. Quindi, la percentuale dell’Idf nel tentativo di evitare la morte dei civili è circa 3 volte superiore, nonostante il campo di battaglia a Gaza sia molto più complicato, come già detto”, continua il comunicato.
Non solo: secondo l’ambasciata israeliana presso la Santa Sede “qualsiasi osservatore obiettivo non può non giungere alla conclusione che la responsabilità della morte e della distruzione a Gaza sia di Hamas e solo di Hamas. Questo viene dimenticato troppo spesso e troppo facilmente. Non è sufficiente condannare il massacro genocida del 7 ottobre e poi puntare il dito contro Israele riferendosi al suo diritto all’esistenza e all’autodifesa solo come un semplice atto dovuto e non considerare il quadro generale”.
Nel frattempo, in un editoriale pubblicato sulla prima pagina dell’Osservatore Romano, si legge che “per la Santa Sede la scelta di campo è sempre quella per le vittime. E dunque per gli israeliani massacrati in casa nei kibbutz mentre si accingevano a celebrare il giorno della Simchat Torah, per gli ostaggi strappati alle loro famiglie, come per i civili innocenti – un terzo dei quali bambini – uccisi dai bombardamenti a Gaza. Nessuno può definire quanto sta accadendo nella Striscia un ‘danno collaterale’ della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina”.
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