Abusi nella Chiesa e preti pedofili in Italia: i numeri
La Cei pubblica il report sugli abusi in Italia: nel 2022 registrati 54 casi, 35 dei quali su minori. Il cardinal Zuppi: “La Chiesa non insabbia, la prescrizione per noi non esiste”
Roma – “Appena” 54 casi di abusi, di cui 35 su minori. Metà delle molestie o violenze avviene nei locali delle parrocchie ma non mancano altri luoghi considerati “sicuri”, dalla scuola al campeggio parrocchiale, dall’evento diocesano alla riunione del movimento o dell’associazione. Questa la fotografia che emerge dall’ultimo report della Conferenza Episcopale Italiana per l’anno 2022.
Presentato ad Assisi al termine dell’Assemblea generale straordinaria dei vescovi italiani, riuniti nella cittadina umbra per discutere – anche e soprattutto della nuova Ratio per i seminari -, il report parla di 54 vittime e 32 abusatori. Numeri, è bene precisarlo, che si riferiscono a casi presunti, segnalati lo scorso anno ma che fanno riferimento soprattutto al passato perché, come rimarcato anche dallo stesso cardinal Zuppi. spesso ci vuole tempo per elaborare quanto si è vissuto per arrivare alla denuncia. Anche per questo durante la tre giorni di Assemblea, i vescovi hanno ascoltato la video-testimonianza di una delle presunte vittime.
Vittime e carnefici
Come anticipato, i casi di abusi (non solo sessuali) segnalati nel 2022 risultano 32. Di questi, il 56,8% fa riferimento a casi del passato e il 43,8% a casi attuali. Secondo il report della Cei, i casi del passato prevalgono nelle Diocesi del Centro Italia, mentre quelli attuali riferiti al 2022 prevalgono nelle Diocesi del Nord (55%).
Stando al report, “prendendo in considerazione la modalità del presunto abuso, emerge che la maggior parte delle segnalazioni fa riferimento a casi reali (29 in valore assoluto, pari al 90,6%), molto meno a casi relativi ad episodi via web (3 casi pari al 9,4%). Dall’analisi del luogo in cui è avvenuto il presunto abuso reale, emerge che nella maggior parte dei casi si tratta della parrocchia (17 su 29, pari al 58,6%).
Analizzando i casi segnalati per tipologia di abuso, si nota la prevalenza di “comportamenti e linguaggi inappropriati (offese, ricatti affettivi e psico-logici, molestie verbali, manipolazioni psicologiche, comportamenti seduttivi, dipendenze affettive, …)”, pari a 20 casi in totale su 74. Il numero di vittime di presunti abusi nel 2022 è risultato pari a 54. La loro età all’epoca dei fatti si concentra nella fascia 15-18 anni (25 su 54). Il secondo gruppo rappresentato tra le vittime è quello composto da chi ha più di 18 anni (19 su 54). In prevalenza le vittime sono femmine (44) rispetto ai maschi (10).
Il report della Cei ricostruisce anche l’identikit dell’abusatore: si tratta di soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni, in oltre la metà dei casi, con una media di 43 anni. Si tratta per la quasi totalità di maschi (31 su 32), chierici per un terzo, religiosi per un terzo e laici (37%). Con riferimento ai laici, il det- taglio relativo al servizio pastorale svolto indica che i presunti autori di reato, al momento della segnalazione, svolgevano i seguenti ruoli: educatore (5 casi), catechista (1 caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Per lo più celibi ma anche 2 sposati.
Denunce, accompagnamento, aiuto
Cosa ha fatto la Cei per le vittime? Prevale l’accompagnamento psicoterapeutico (10 casi) e, in seconda battuta, “la fornitura di informazioni e aggiornamento sull’iter della pratica (9 casi). È stata data la possibilità di incontrare” il Vescovo di turno o “ancora un percorso di accompagnamento spirituale. Altre opzioni sono la consulenza ai genitori, l’incontro con il vicario episcopale, il supporto nell’incontro con le autorità civili e il supporto al sacerdote dell’oratorio”.
Sono anche attivate azioni di accompagnamento agli autori dei presunti reati di abuso, a partire da percorsi di “accompagnamento psicoterapeutico” (6 casi), il deferimento al superiore religioso provinciale (2 casi), la consulenza ai genitori (1 caso), oltre a momenti di ascolto e colloquio.
La Chiesa italiana, dunque, continua sulla via della tolleranza zero, come indicato da Papa Francesco e, prima ancora, da Ratzinger, e della trasparenza sugli abusi con rilevazioni interne, senza ricorrere però a commissioni esterne e indipendenti, come invece hanno scelto altre conferenze episcopali in Europa e nel mondo. Per il presidente della Cei, Matteo Zuppi, sono stati fatti importanti passi in avanti: secondo il vescovo di Bologna, infatti, “è difficile oggi parlare di coperture, è difficile che oggi uno insabbi. Ci può essere, ed è quasi un pericolo maggiore, una valutazione non oggettiva. Oggi ci sono tanti meccanismi” per fare emergere i casi di abusi come le linee guida e l’attenzione della Santa Sede”.
“Se devo parlare della mia categoria – aggiunge Zuppi riferendosi ai vescovi italiani – il rischio vero è quasi il contrario, che per prudenza possiamo avviare dei procedimenti giuridici anche soltanto per una verifica”. E poi c’è una Chiesa che ascolta tutti, senza porre limiti di tempo: “La prescrizione, nella Chiesa, non c’è. Chiunque, anche a distanza di anni, viene ascoltato. Facciamo sempre un procedimento interno. In molti casi non c’è il rimando al penale per la scadenza dei termini. Ma per noi no, non c’è scadenza”.
E, se da una parte la Chiesa italiana compie passi in avanti per provare a sanare una ferita che continua a sanguinare, in Italia si contano ancora 40 diocesi nelle quali non sono stati attivati centri di ascolto o di assistenza per le vittime di abusi.
Per iscriverti al nostro canale Telegram con solo le notizie di Papa & Vaticano, clicca su questo link